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Tecnologia

Perché molti religiosi praticanti credono di essere porno-dipendenti?

Molte persone super religiose credono che basti vedere un solo porno per diventarne immediatamente dipendenti.
Immagine: teofilo/Flickr
Immagine: teofilo/Flickr

Non è difficile pensare ad esempi di abuso della parola "dipendenza" nei discorsi di tutti i giorni (frasi come "questa canzone è come una droga, ne sono dipendente", "penso di avere sviluppato una dipendenza dalla Nutella", "Ia mia dipendenza da questo videogame mi sta sfuggendo di mano" e simili…) ma nella maggior parte dei casi sappiamo che non viene utilizzata letteralmente. Esiste un confine netto tra l'apprezzare intensamente un qualcosa ed esserne effettivamente dipendenti: quando usiamo in maniera colloquiale l'espressione dipendenza lo facciamo perché siamo consapevoli di non avere valicato quel confine.

Immaginate però come si vive essendo convinti di avere sviluppato una dipendenza non provata scientificamente o che almeno non rientra nei canoni del modello di dipendenza generalmente accettati dalla medicina. Sarebbe un po' come avvertire tutti i sintomi dell'influenza, credendo di essersela buscata, per poi sentirsi dire che l'influenza non esiste.

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Un recente studio condotto dallo psicologo Joshua Grubbs, della Case Western Reserve University in Ohio, ha dimostrato che le persone che si proclamano credenti e praticanti hanno più alte probabilità di ritenere di avere sviluppato una dipendenza dai siti porno—nonostante in alcuni casi estremi alcuni di questi soggetti abbiano semplicemente visto un solo porno in tutta la loro vita. Grubbs ha frequentato da studente una università molto conservatrice e dopo aver osservato l'angoscia da cui venivano colti i suoi colleghi dopo la visione di filmati porno, ha pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato in loro, così da allora si è interessato al rapporto tra forti convinzioni morali e percezione della dipendenza dalla pornografia.

L'attenzione di Grubbs è stata catturata anche da un altro aspetto: oltre la metà dei 1.200 libri sulla dipendenza dalla pornografia disponibili su Amazon vengono catalogati sotto la sezione religione/spiritualità, molti raccolgono testimonianze di lotte personali contro questo problema. In un precedente articolo, abbiamo parlato con una persona autoproclamatasi dipendente dal porno la quale ha dichiarato che molti dei contenuti trovati online che lo hanno aiutato a guarire dalla sua dipendenza erano di matrice "cristiana", incluso il suo software NetNanny.

La ricerca, intitolata "Transgression as Addiction: Religiosity and Moral Disapproval as Predictors of Perceived Addiction to Pornography" consiste in tre studi in cui è stato chiesto ai partecipanti di descrivere le loro pratiche religiose e abitudini on-line. All'interno dei questionari atti a valutare la percezione della dipendenza, per essere sicuri di riferirsi tutti allo stesso genere di attività, guardare porno su Internet viene definito come "visualizzare online video o immagini sessualmente espliciti" (ad essere onesti, non credo che il porno sia qualcosa di diverso da questo, ma forse non sono così aggiornato in materia). Grubbs è rimasto molto sorpreso nello scoprire che "la quantità di video visionati non incide sulla convinzione di avere sviluppato una dipendenza quanto le credenze personali."

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In concomitanza con il lavoro di Grubbs è uscito anche un articolo di rassegna firmato da David Ley, psicologo clinico e direttore di un vasto programma di assistenza riguardante la psicologia comportamentale. Pubblicato sulla rivista Current Sexual Health Reports, l'articolo discute il "modello di dipendenza dalla pornografia."

Ley sostiene che non esistano prove scientifiche tali da poter valutare il porno come una reale dipendenza e include molti dati a sostegno della sua tesi. In realtà solo il 37 percento degli articoli di ricerca sui comportamenti sessuali, definisce o descrive il porno come una dipendenza e solo 13 articoli su 49 (il 27 percento) contengono dati significativi a riguardo. Ad esempio, nel 2013, è stato pubblicato uno solo studio sul tema. La rassegna mette in luce anche il numero esiguo di prove sperimentali, le imprecisioni metodologiche di molti lavori in circolazione e la mancanza di studi specifici che possano portare ad affermare l'esistenza di questo disturbo. Non c'è da da meravigliarsi, quindi, che la "dipendenza dalla pornografia" non sia stata inclusa nella lista del recente Diagnostic and Statistical Manual.

Tutto questo non per suggerire che le persone preoccupate dalla loro relazione con il porno debbano smettere di porsi delle domande, ma solo che in questo caso dovremmo riconsiderare il termine "dipendenza" e cercare altri modi di studiare il problema.

Eppure, perché le persone religiose credono di soffrire di una dipendenza che tale non è? A quanto pare se i propri valori religiosi entrano in conflitto con i propri desideri sessuali si è più propensi a credere di essere dipendenti dalla pornografia, anche se, essendo quello di Grubbs uno dei primi studi nel suo genere, un giorno potremmo scoprire che c'è dell'altro.

I risultati del lavoro potrebbero aiutare terapeuti e pazienti a comprendere che la percezione della dipendenza è molto più influenzata da credenze e costumi personali rispetto a dati concreti. In primo luogo, etichettando un comportamento qualsiasi come "dipendenza" ci si focalizza solo sugli aspetti negativi trascurando eventuali effetti positivi associati ad esso. Nel caso della pornografia, i benefici comprendono la diminuzione dei reati sessuali: il porno fornisce uno sbocco legale per comportamenti sessuali o pulsioni illecite.

Ley ha inoltre affermato che guardare porno aumenta il piacere nelle relazioni a lungo termine contribuendo ad una migliore qualità della vita. Non sono sicuro di come sia riuscito a quantificare questi dati ma non sono qui per giudicarlo, perciò non mi resta altro che augurarvi buona visione!