Da 394 anni i palermitani portano in processione una finta santa come scusa per strafogarsi di street food
Foto di Umberto Santoro per Munchies Italia

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Cibo

Da 394 anni i palermitani portano in processione una finta santa come scusa per strafogarsi di street food

Il 14 luglio a Palermo tutto si ferma: c'è il festino di Santa Rosalia. Si mangia tutto il giorno qualunque cosa, ma la religione non c'entra nulla.

Le luminarie, la banda che suona, il Sindaco con la fascia tricolore, il carro di una santa portato in giro per la città. Fin qui niente di strano, Santa Rosalia è la patrona di Palermo e va festeggiata con tutti gli onori.

Ma anche all’occhio più distratto non può sfuggire un piccolo particolare: non si vede una tonaca bianca neanche a pagarla… preti, vescovi, suore e seminaristi sono assenti. L'incenso manco a parlarne, però a guardar bene tutto è avvolto da una grande nuvola di fumo profumato. Non si tratta però della preziosa resina mediorientale, ma del più prosaico fumo di stigghiole, cioè un budello di agnello inturciuniato [trad. avvolto] su un cipollotto e cotto alla brace.

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Il fumo delle stigghiole. Foto di Umberto Santoro

Il motivo per cui in una processione la chiesa è assente è perché quella del 14 luglio a Palermo è il Festino di Santa Rosalia, una festa totalmente pagana che si svolge in città da 394 anni e più precisamente da quando la Santuzza liberò Palermo dalla peste. La festa religiosa è invece relegata all’indomani e conta ben pochi fedeli in confronto alla marea umana che invade Palermo durante la notte del Festino.

La notte del 14 luglio viene portata in giro la statua di una statua il simulacro di un simulacro. È l’apoteosi di quel gioco di specchi informi e rimandi tra essere e apparire, tra quel che sembra e in realtà non è, che caratterizza tutta l’essenza dello spirito palermitano. Il carro della Santuzza cambia ogni anno e non ha niente a che vedere con la vara (l’urna sacra) d’argento massiccio che contiene le reliquie della Santa e che verrà portato in processione solo l’indomani.

Durante il Festino intorno alla finta statua della Santuzza è un susseguirsi di spettacoli aerei, installazioni acrobatiche, rappresentazioni drammaturgiche verticali, luminarie artistiche e un’intera città in festa. Il momento più atteso è quello dei grandiosi giochi d’artificio che in piena notte risplenderanno sul porto di Palermo. Una gigantesca festa di paese dove il vero protagonista è uno e uno solo: il cibo.

Il cibo diventa il collante sociale di tutto il rito, viene venduto in strada sotto qualsiasi forma (e in un regime di totale deregolamentation, è bene precisarlo) e l’ingegno dei palermitani porta a inventarsi qualsiasi cosa; ogni mezzo di fortuna può diventare per l’occasione uno strumento di locomozione per portare in giro il cibo o le bevande da vendere agli affamati acquirenti: carrelli della spesa, carretti di ogni misura, tavolini muniti di ruote.

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L’ingegno del venditore occasionale non ha fine.

Cosa si può comprare e mangiare durante il Festino? Praticamente qualsiasi cosa.

Ma cominciamo dalle basi: non sei un vero palermitano se per Santa Rosalia non mangi i Babbaluci. Dire che mangiare lumache ti fa impressione non è ammesso, questi graziosi esserini cornuti vengono conditi con aglio, prezzemolo, olio sale e pepe dopo essere stati bolliti vivi. Per mangiarli devi dare una botta di canino sul guscio sottile dell’animale e formare un piccolo buco, in questo modo creerai un vuoto d’aria e riuscirai a sucare meglio il babbalucio, (NB: devi riuscire a risucchiare l’animale dal suo guscio con la sola forza della tua aspirazione, chi non lo fa gode solo a metà.)

Babbaluci, ovvero le lumache

Se sei inesperto è ammesso il livello for dummies: puoi usare uno stuzzicadenti o rompere il guscio con una forchetta, ma in qualsiasi modo tu scelga di mangiari i babbaluci è lo scruscio [trad. Il rumore] che conta. Più forte risucchi il viscido animaletto più rumore farai, e più rumore fai più ci si diverte. Ecco spiegato il successo dei babbaluci: la sinfonia di sucate.

Troppo schizzinosi per le lumache? Allora potreste provare l’immancabile pane ca meusa, re dello street food palermitano: milza e polmone di vitello bolliti e passati nello strutto serviti in un panino morbido e rotondo ricoperto di sesamo, vi giuro che per forma ricordano quelli dei fast food, tanto che in molti sostengono che gli americani “ci hanno copiato il panino”. Nella versione gourmet si aggiunge caciocavallo o ricotta, una delizia che non conosce stagioni.

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Ma se la voglia di carboidrato vi attanaglia, si può andare a farsi cuariare [trad. riscaldare] un pezzo di sfincione.

Tutto il lungo mare che insiste nella zona dove verranno sparati i tanto attesi giochi di fuoco è pieno di carrettini strabordanti di questa pizza alta e soffice, estremamente oleosa che riscaldata al momento esala tutta la sua bontà. La nota inconfondibile? Un leggero sentore di acido (a tratti rancido) dato dalla cipolla abbondante e dal pomodoro mischiato alla muddica (che in italiano si chiama pangrattato). Solo dopo arriva l’origano fresco e il bruciacchiato sul fondo della vecchia teglia dove centinaia di altri sfincioni prima di lui sono stati cotti e hanno lasciato come corredo genetico una patina di unto e bruciato che rende perfetto quell’unico, splendido, individuo che state mangiando voi. Lo sfincione è un inno alla pancia dei poveri, che si sazia più di odori che di sostanza, è unto ma al tempo stesso leggero, lo sfincione è l’icona della vita di strada.

Ovviamente a Palermo siete sempre nel posto giusto se siete fan del fritto frittoloso. A santa Rosalia il fritto diventa divinità, a lui dovrete inchinarvi e lasciare il vostro fegato come ex voto, altrimenti la Santuzza non si sa come la prende. Pane e panelle, crocchè e rascatura solo per cominciare, verdure in pastella, pesciolini e arancine (rigorosamente femmine) a volontà.

Non passano inosservati i banchi del pesce, dove i rizzi [ricci di mare] vengono semplicemente aperti dalle manone di giganti maschi alfa di mezza età (donne e amici gay scordatevi Dolce e Gabbana che qua i rizzari e i purpari hanno tutti la panza e sono pelosi) mentre il polpo viene bollito in grandi quarare [pentoloni] e tagliato al momento, dopo si aggiunge una spruzzata di limone. Per riprendervi dallo shock dell’assenza dei modelli di Dolce e Gabbana che popolano le vostre fantasie erotiche su Palermo, mangiatevi i muccuna (mitili a chiocciola dalla polpa arancione che in italiano si ritrovano sul dizionario sotto il nome di murici. Ma quanto è spoetizzante a volte l’italiano standard?)

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Oh, al festino siamo vegan friendly mica vi diamo da mangiare solo cose splatter. Che ne dite di una bella pollanca? Trattasi di una pannocchia di mais bollito.

E non fate sta faccia… È inspiegabilmente buona e saporita e non provate a rifarla a casa che se non avete il pentolone con le ruote non viene così buona.

E poi abbiamo le angurie che spuntano ovunque, qui però le chiamiamo muluni. Gustosissime e rosse, vengono refrigerate nei modi più surreali: ghiaccio, e frigoriferi giganti grandi come pozzi nelle migliori delle ipotesi, ma giuro di aver visto anche enormi cocomeri galleggiare in iconiche bagnere (piccole cisterne) di plastica blu.

Però prima di arrivare al dolce e rigorosamente dopo la frutta dovete passare dal siminzaro, eroe incondizionato di tutta la festa.

Simbolo senza se e senza ma della devozione alla Santuzza e degli insaziabili stomaci dei palermitani, perché quando sei troppo pieno ma non vuoi fermare la mascella puoi prenderti una pausa sgranocchiando calia e simenza (ceci tostati e semi di zucca salati). I banchi del siminzaro sono in assoluto i più coreografici, anche se molti dei mucchietti di frutta secca sono finti, riproduzioni fedeli degli originali che stanno solo sulla prima fila. Geniale, no?

Ovviamente come ogni festa che si rispetti non possono mancare i banchi di caramelle gommose, mele candite e cioccolata, ma questa è solo una deviazione data dai logoranti consumi moderni. I tradizionalisti preferiscono concludere con cubaita (torrone caramellato di mandorle) e gelato di campagna (torrone di zucchero e colorante e qualche sparuta presenza di mandorle tostate e pistacchi).

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Ah, se nel frattempo i fuochi d’artificio non sono ancora iniziati e voi avete già finito il giro tocca ricominciare da capo. Che volete fare nell’attesa? Non mangiare? Pazzi siete.

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