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magic movie park

La storia di questo multisala abbandonato riassume i problemi dell’Italia in un posto solo

Il Magic Movie Park di Muggiò doveva diventare un gigantesco multisala, e il secondo più grande bazar "Made in China" d'Europa. È stato invece teatro di storie che vanno dalla 'ndrangheta a miliardari cinesi in fuga dalla pena di morte.
Foto di Francesco Brembati

Panarea, Hawaii, Ischia, Formentera. Sono i nomi delle sale cinema del Magic Movie Park, il multiplex - con al proprio interno un mercato cinese all'ingrosso - abbandonato dal 2006.

Nell'idea originale il "maxi-bazar made in China" doveva diventare il secondo più vasto d'Europa. L'intera struttura avrebbe ospitato fino 3478 spettatori nelle 15 sale cinema e 200 commercianti del settore tessile, nel piano interrato.

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Ad oggi, il Magic Movie Park è invece una cittadella fantasma di 21.515 metri quadrati nel cuore della Brianza, fra i comuni di Muggiò e Nova Milanese, lungo la ex strada provinciale che costeggia il parco Grugnotorto Villoresi.

Per via dei saccheggi da parte dei ladri di rame, al suo ingresso sono accatastate montagne di rifiuti, lamiere del tetto e cancelli sfondati. Dentro i locali si ha la sensazione che sia esplosa una bomba: per terra si trovano centinaia di confezioni da pop corn mai utilizzate.

Le bobine in cellulosa dei film sono srotolate sui pavimenti, accanto a cadaveri di topi morti rinsecchiti e vecchi cataloghi per gli acquisti in doppia lingua, italiano e cinese. Persino gli amplificatori delle sale cinema sono stati portati via, in quello che il Corriere della Sera ha definito nel maggio scorso "un luna park per teppisti."

Quella del Magic Movie Park è una storia assurda fatta di omicidi, 'ndrangheta, milionari cinesi in fuga dalla pena di morte, prestanome, imprese edili e società di calcio che nascono e falliscono in pochi mesi.

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Il complesso è stato costruito fra il 2001 e il 2005, su dei vecchi terreni agricoli che fino al 1990 erano proprietà di Annamaria Casati—la nobildonna che negli anni Settanta ha venduto la villa di Arcore a Silvio Berlusconi.

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La società che lo ha costruito, la Tornado Gest srl, era gestita da Felice Vittorio Zaccaria - immobiliarista calabrese di Sesto San Giovanni - e da sua moglie. Verrà poi ceduta a personaggi particolarmente noti alle cronache lombarde come Saverio Lo Mastro, imprenditore edile in affari con il figlio dello stesso Zaccaria e sopratutto socio in affari di Rocco Cristello, capo locale dell'ndrangheta di Seregno freddato con 26 colpi di pistola la notte del 27 marzo 2008 a Verano, durante quella che verrà ricordata come "Faida dei boschi."

L'attrazione esercitata da questa struttura per i personaggi più improbabili, però, non si esaurisce con le personalità di origine italiana. È nel 2005, infatti, che entra in questa vicenda anche l'imprenditore cinese Song Zhicai. Tutto materiale incredibile per una storia da film, da romanzo del crimine.

Meglio noto come Hi Zhou in patria, Zhicai era un imprenditore cinese scappato nel 1995 dal proprio paese in direzione Italia con in mano delle valigie piene di yuan e un'identità nuova di zecca, dopo aver truffato i clienti dell'impresa che dirigeva—la Harbin Dadi Industrial Group.

Nel 1999 Pechino ne ha chiesto l'estradizione, ma l'Italia si vede costretta a rifiutare temendo una condanna a morte—secondo l'ordinamento italiano, infatti, il nostro paese non è autorizzato a estradare chi rischia la condanna capitale nel paese che ne richiede il rimpatrio.

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Alla fine, a chiusura di uno spettacolare cerchio, Song Zhicai si salverà dalla condanna emanata in patria grazie a un'interrogazione parlamentare firmata da 43 deputati e a una campagna stampa lanciata da Radio Radicale.

La cosa non lo salverà comunque dal carcere. Scontato qualche anno, una volta riottenuta la libertà Zhicai torna sul mercato "diversificando" – in un certo senso – i suoi investimenti.

Dapprima entra in affari con napoletani e altri connazionali, che stavano gestendo l'ormai fatiscente centro commerciale cinese dietro la stazione di Napoli Centrale, e un altro complesso di Roma. Ma non solo: quella stessa estate entra nell'azionariato della la Palmese, squadra di calcio di serie C2 sull'orlo di una crisi finanziaria, promettendo di risollevare le sorti del club.

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I giornali cominceranno a paragonarlo avventatamente a Roman Abramovich, il finanziere russo che ha reso grande il Chelsea. Ma alla fine fallirà rovinosamente, senza rimetterci nemmeno un soldo di tasca propria.

Anche l'avventura napoletana durerà poco: nel 2005 Zhicai molla i soci campani e decide di investire con i calabresi della Brianza. L'idea, così come successo in Campania e a Roma, è creare un Cina-mercato milanese, nel piano interrato di un grande edificio fuori dal centro. È a questo punto che la sagoma del Multisala di Muggiò, grande e incombente, comincia a stagliarsi da lontano. Ed è a questo punto che le diverse storie che vi si sono annidiate al suo interno si incontrano.

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Zaccaria, in quel momento, ha bisogno di denaro contante. E soprattutto di mostrare alla sua banca, la Unicredit Banca d'Impresa di Monza, un atto di compravendita del Magic Movie Park per poter ottenere un nuovo prestito da reinvestire in un altro multisala a Oggione.

Zhicai stacca un assegno da 2,1 milioni di euro di acconto ed entra in affari con Saverio Lo Mastro e Rocco Cristello. A quel punto non resta che riempire il mercato, convincendo alcuni negozianti cinesi di via Paolo Sarpi a spostarsi dal centro cittadini nella nuova costruzione: il prezzo per l'affitto di un locale da 30 metri quadrati sarà di 35.000 euro.

Il bazar cinese alla fine aprirà, ma durerà poco: Zhicai si "dimenticherà" di richiedere le autorizzazioni al Comune e di pagare quanto necessario e così, nel luglio del 2006, il Comune di Muggiò gli notifica una serie di ordinanze contro l'abusivismo e stacca la corrente elettrica al centro.

Dopo una settimana senza luce, i 170 commercianti cinesi del mall cinese si sentono truffati e assediano Song Zhicai per 24 ore dentro un bagno. Ne uscirà grazie a un'anonima telefonata che avvisa i Carabinieri di Desio. Ma i segni di quella rivolta sono visibili ancora oggi.

È la fine ingloriosa del faccendiere cinese, che finisce a processo assieme a tutti i soci delle operazioni finanziarie: Song Zhicai si salva dalle accuse di concorso in truffa e estorsione ai danni dei suoi connazionali, mentre per la Tornado Gest - dichiarata fallita nel 2008 con un buco da 57 milioni di euro - pagheranno i coniugi Zaccaria, che vengono condannati a cinque e quattro anni di reclusione. Saverio Lo Mastro e Stefano Firmano patteggeranno rispettivamente da quattro e tre anni di prigione per bancarotta fraudolenta.

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Vengono invece tutti assolti dall'accusa di aver usato il multiplex come una ''lavanderia'' di denaro sporco della 'ndrangheta: per il riciclaggio non ci sono le prove, mentre si attende la sentenza di Cassazione che dovrebbe arrivare entro la metà del 2016.

La storia del multisala-centro commerciale di Muggiò, però, non si esaurisce tra arresti, cinesi inferociti e patteggiamenti a vario titolo, come una gigantesca e assurda metafora sullo stato del paese: Magic Movie è il nome della società che si doveva occupare della distribuzione e della proiezione dei film tramite un'altra società controllata, la Arco Program, ed è riconducibile alla famiglia De Pedys—magnati della cinematografia nel nord Italia, già gestori di oltre 70 sale sparse fra Lombardia, Liguria e Piemonte.

La sede della società è ubicata in un palazzone pieno di studi legali sito in Corso Venezia 61, a Milano. Raggiunto da VICE News, il portinaio che lavora lì da 20 anni giura di non conoscere affatto questo nome, ma di ricordare invece le visite di Walter De Pedys, membro della famiglia e rappresentante legale: è lui che il 25 ottobre 2004 richiede agli uffici SIAE di Monza le dieci carte elettroniche di attivazione per le biglietterie del multiplex.

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Un anno più tardi, il 7 dicembre 2005, consegna tre di queste carte all'amministratrice unica della Magic Movie srl, Antonella Cavallo, all'epoca 21 enne, che risulta anche essere la domestica di Rocco Cristello—lo stesso boss della 'ndrangheta brianzola ucciso tre anni dopo, e in affari con chi stava costruendo il Magic Movie Park.

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Secondo quanto scritto in una denuncia visionata da VICE News, è sempre Walter De Pedys che si presenta al Comando dei Carabinieri di Muggiò, il 16 dicembre 2005, per dichiarare lo smarrimento delle altre sette tessere di attivazione, insieme ai libretti fiscali per i sistemi di emissione titoli di accesso. Nel maggio 2006, però, i De Pedys escono completamente dal Magic Movie Park, cedendo le quote della loro società.

Ad oggi, il Magic Movie Park è un eremo disabitato e grigio nel deserto brianzolo. Negli ultimi dieci anni è stato il "piatto grosso" di numerose aste, che sono andate però tutte regolarmente deserte.

Troppo alta la cifra di partenza: si è iniziato chiedendo 30 milioni di euro, inclusa l'area parcheggio che è vasta quasi 40.000 metri quadri, fino ad arrivare agli attuali 3 milioni, circa un ventesimo del valore originale.

Negli ultimi mesi, sulla scrivania del sindaco di Muggiò sono arrivati diversi progetti di riqualifica: si pensa di ricavarne un outlet, una cittadella dello sport, addirittura un campus universitario. Tutti con l'obbligo rigoroso di non espandere il cemento nel parco circostante, ma solo con la possibilità di alzare i piani.

Lavori di ristrutturazione che però potrebbero costare troppo, e scoraggiare chi dovrà fare i conti coi debiti mai estinti dalle vecchie società fallite, e coi fantasmi di una storia da film all'interno di un multisala che sta marcendo.


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Foto di Francesco Brembati