Chi era davvero Mac Miller?

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Chi era davvero Mac Miller?

Mac Miller se n'è andato proprio quando sembrava aver imparato a stare a galla in mezzo al dolore, alle sue dipendenze e alle critiche che riceveva fin da quando era un ragazzino.

Sette anni fa un ragazzino di Pittsburgh mezzo ebreo tutto pelle e ossa si è trovato in cima alla classifica dei dischi più venduti degli Stati Uniti. Si era guadagnato quella posizione rappando, smascellando e sghignazzando strofe in cui si erano rivisti migliaia di liceali ubriachi troppo giovani per bere, gli stessi che avevano cominciato poi a riempire i suoi concerti. Sotto le sue parole, piacevoli beat mezzi pop. Si chiamava Malcolm McCormick. Era esuberante, edonista, laborioso, sicuro di sé, disordinato nello scrivere testi e completamente impreparato ad affrontare il futuro.

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La maggior parte di noi non ricorderà Mac Miller, che è morto sabato a 26 anni, per il suo album di debutto—anche se Blue Slide Park, uscito nel 2011, è stato il primo album pubblicato senza il supporto di un etichetta ad arrivare al numero uno delle classifiche americane dai tempi di Dogg Food di Tha Dogg Pound, nel 1995. I pezzi dei suoi primi mixtape e dei suoi primi album, tanto approssimativi quanto vivaci, non passavano per radio e non colpirono la stampa che ne scrisse all'epoca. Anche se furono quelli che gli crearono attorno un pubblico fedele, resteranno solo una nota a piè di pagina nel racconto della sua vita artistica.

Ci ricorderemo invece di lui come di un artigiano della parola, capace di scrivere testi brutalmente sinceri, un producer meticoloso, un musicista ossessionato dalla sua arte, un maestro dell'album in un'era in cui il rap stava diventando una forma d'arte episodica. Mentre molti artisti rispondono alle critiche attaccando, chiudendosi in loro stessi o continuando a ripetersi, Mac Miller sapeva imparare, e quindi crescere ed evolversi. Era diventato una persona magnetica all'interno della scena americana, un'improbabile stella che era riuscita a punzecchiare il mainstream partendo dai suoi molli confini, proprio come avevano fatto i suoi amici Odd Future e The Internet. Anche Jay-Z aveva riconosciuto il suo valore. Quando Mac diceva di voler emozionare la gente con la sua musica, lo diceva sul serio. Crescendo, e crescendo veloce, ci era riuscito. Il suo quinto album Swimming, uscito solo il mese scorso, non era ancora una piena realizzazione del suo potenziale. Era un lavoro profondo, introspettivo, dal tono confessionale, ma dai testi troppo tesi. Soprattutto, era uno straziante tentativo di affrontare gli effetti delle sue dipendenze. "Stavo annegando, ma ora sto nuotando / Verso la pace, in acque stressanti", cantava su "Come Back To Earth"—ma poi giocava con la sua stessa metafora, affermando che non era sempre facile restare a galla. Sembrava che Mac Miller stesse meglio, dopo anni passati a combattere la depressione sotto lo sguardo del pubblico e dei media. Stava lavorando su sé stesso. Uno dei pezzi si chiamava "Self-Care", "Prendermi cura di me". "Voglio essere capace di vivere belle giornate e brutte giornate", ha dichiarato a Vulture in un'intervista pubblicata giovedì.

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Swimming sembrava il coronamento di una carriera difficile. Dopo Blue Slide Park e il più psichedelico e sostanziale Macadelic, uscito nel 2012, Mac cominciò ad avere problemi con la fama e le droghe, demoralizzato da chi lo liquidava come un altro inutile rapper da fighetti. "Mac stava male per le recensioni negative", scrisse Complex nel 2013. "Non lo facevano incazzare, lo mandavano in caduta libera". Negli anni successivi Mac si sarebbe rimangiato in parte le sue parole ma le reazioni a quell'album, scritto a 19 anni, gli avevano chiaramente lasciato qualcosa dentro.

Quando uscì nel 2013, però, Watching Movies With the Sound Off fu una sorpresa sia per i suoi fan che per i critici. Mac parlava di crisi esistenziali, non sembrava interessato a bere durante il giorno e si era messo dietro un team di produttori che ignorava qualsiasi confine di genere: tra i nomi coinvolti c'erano Pharrell Williams, Clams Casino e Tyler, The Creator. Data la prima parte della sua carriera, nessuno si sarebbe aspettato che un giorno Mac sarebbe apparso su una traccia con Earl Sweatshirt a rappare di "geroglifici, pirotecnica, metafisica". Nessuno dei suoi detrattori si aspettava che un ragazzino che aveva fatto jackpot con le sue prime, semplici cose avesse il coraggio di ripartire da zero.

Ma aveva solo 21 anni, Mac, e stava ancora capendo chi era. Jordan Sargent, che aveva distrutto Blue Slide Park in una recensione per Pitchfork, scrisse un suo profilo per SPIN raccontando di un ragazzo più che volenteroso ad aprirsi e a parlare dei problemi che aveva solo cominciato ad affrontare: un uso malsano di narcotici, un tour che aveva venduto meno biglietti del previsto, un ego ferito. Mac era un artista che concepiva sé stesso a partire da questa capacità di aprirsi. Artisti in cerca di rispetto avrebbero potuto cercare una scorciatoia, scrivere un album più superficialmente "serio", o "cupo". Mac, invece, scelse di essere semplicemente il più onesto possibile.

Quell'onestà sarebbe diventata la sua firma. Su GO:OD AM, pubblicato nel 2015, Mac raccontò con uno sguardo spietato il suo rapporto con la fama, le dipendenze e tutte le forze esterne che stavano governando la sua vita. "Le droghe non sono la soluzione, è semplice", ci disse. "Non ti ci vuoi sposare. Preferisco dormire con la mia ragazza che con una busta". The Divine Feminine, pubblicato l'anno successivo, era un ambizioso tributo alla femminilità che sarebbe potuto facilmente rivelarsi un buco nell'acqua, e invece trasudava calore. Sembrava volersi reinventare sempre, anche mentre si stava riprendendo dalla depressione, dalle dipendenze o da un cuore spezzato, e portava i suoi fan assieme a lui senza mai nascondere tutto il dolore che provava.

Sembrava, in quel periodo, che Mac si stesse dando una regolata. Era come se avesse un piede nel passato e uno nel futuro. Il fatto che Swimming debba essere la fine del suo viaggio è incredibilmente crudele. Mac Miller sarebbe potuto essere molte altre cose. Avrebbe potuto sperimentare. Avrebbe potuto perfezionare la sua musica. Avrebbe affrontato nuovi ostacoli, trovando nuove prospettive per superarli. Forse, prima o poi, avrebbe davvero creduto di poter nuotare e restare a galla senza problemi.

E invece non è guarito, quel ragazzo sorridente che è arrivato in cima alle classifiche e ha creato un ambizioso e originale patrimonio musicale. La sua è musica che darà pace a milioni di persone, ora che se n'è andato. Ma non saranno i suoi dischi, per quanto belli, a definire la sua vita. Saranno la sua voglia di lavorare su sé stesso, i suoi disperati tentativi di essere onesto, la dedizione all'arte che metteva prima di ogni altra cosa. Questo articolo è comparso originariamente su Noisey US. Segui Noisey su Instagram e su Facebook.