Oracular Spectacular degli MGMT prometteva un futuro che non è mai arrivato

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Musica

Oracular Spectacular degli MGMT prometteva un futuro che non è mai arrivato

A dieci anni dall'uscita, il debutto degli MGMT continua a essere un inno all'euforia e all'abbandono.
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

L'anno 2007 è stato, in molti sensi, allo stesso tempo il tramonto di uno stile di vita e l'alba di un altro. Nelle nazioni più ricche del mondo, era il caos. Le celebrità andarono fuori di testa in massa e negli Stati Uniti scoppiò la bolla dei mutui, scatenando la peggior crisi finanziaria dalla Grande Depressione. E poi: la Apple mise in commercio il primo iPhone, Twitter cominciò a prendere effettivamente il volo dopo il suo lancio risalente all'anno prima, e Facebook usurpò il trono dei social network a Myspace. Era l'inizio del mio futuro e, fuori campo, si sentiva suonare Oracular Spectacular degli MGMT.

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Gli MGMT erano parte di un vero nuovo movimento musicale, una fusione tra alt-rock e synth-pop che cominciava a infiltrarsi nel mainstream. Pubblicato nello stesso anno di Neon Bible degli Arcade Fire, del debutto degli Yeasayer All Hour Cymbals e di Myths of the Near Future dei Klaxons, Oracular Spectacular combina un astratto, euforico senso di nostalgia per cose che non erano proprio successe con pensieri e sentimenti reali sulla gioventù, l'umanità e, di base, l'esistenza dello spaziotempo. Non era necessario essere appassionati di musica per essere stimolati o commossi—era pop, ma con un'anima.

È quasi ironico che Oracular Spectacular sia uscito quasi contemporaneamente all'iPhone, perché il suo successo è derivato in parte dal rappresentare una specie di caricatura del futuro. I suoi molti riferimenti al prog degli anni Settanta e alla psichedelia fanno suonare l'album come una versione vintage e sci-fi del futuro. La musica si muove su un filo sottile tra l'effettivo "futurismo" (o forse basterebbe dire "novità") e una versione retro e anacronistica del futurismo: quest'ultima rappresentata dalla chitarra elettrica, e la prima dal synth. Questo sapore retro ti faceva sentire come se tu stesso fossi il futuro, la stessa sensazione di quando si legge 1984 o si guarda Ritorno al Futuro. Ma il futuro in cui ti trovi non è un distopico, pieno di metallo e cemento—è caldo ed effervescente come una jacuzzi, e ti fa sentire bene.

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È d'aiuto, naturalmente, il fatto che sia uscito quando ero una teenager. Oracular Spectacular è senza dubbio legato a un'espressione di giovinezza particolarmente significativa per chi è entrato nella pubertà nel periodo dei limoni e delle droghe semi-leggere e della confusione più intensa con Skins. Fotografava il sentimento di una generazione di persone che si chiedevano, allo stesso tempo ottimiste e terrorizzate, quale fosse il loro posto in un futuro incerto. L'intero album incorpora quell'ostentazione di euforia e libertà e depressione e restrizione che viene dalla transizione da infanzia a età adulta.

La fase Skins non era quella fase Skins che si può diagnosticare a ogni teenager di oggi, quella della bottiglia di vino divisa in sei prima della festa d'istituto. Questa era il vero periodo di Skins, la prima stagione uscì proprio quell'anno, e l'intera scuola pensava di essere esattamente così o ne era gelosa. Non c'era Instagram, non c'era l'appropriazione culturale—c'erano solo le latte di birra al parco e i bong costruiti con le bottiglie da due litri di Coca, e leggins, leggins dappertutto. O magari c'erano solo i tuoi debiti formativi e una paralizzante consapevolezza del passare del tempo.

In ogni caso, "Kids" era un inno culturale che ti faceva sentire come se fossi a Bristol a ingollare paste con Chris anche se invece eri sul divano di casa dei tuoi a fare i compiti. Quel giro "duh duh duh duh duuh duh-duh duh, duh duuuuh, duuuuuuuuuuh" veniva cantato a squarciagola a ogni festa—una chiamata alle armi come non ne avevamo mai sentite (almeno da "Chelsea Dagger" di un anno prima). Era deliziosamente immaturo, come un bambino delle elementari che gioca con una tastiera giocattolo non del tutto a tempo con lo djembe dell'esausto professore. Con il suo beat incessante, la melodia di synth ripetitiva e aggressiva e i suoi riff, "Kids" ci ha dato la forza di attraversare l'adolescenza aggiungendo un pizzico di ribellione a ogni situazione, dove le urla da parco giochi in sottofondo simboleggiavano le nostre emozioni, e la canzone stessa era un continuo grido di esaltazione e frustrazione.

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Ma non era soltanto "Kids" a comunicare con i sentimenti dei medio-millennial. La gioventù è il tema di tutto il disco—sprizza da ogni angolo musicale, da ogni verso, tanto da far sembrare il prodotto finito una enorme macchia di colori fluorescenti su un foglio di carta bianco. "Kids" fu il terzo e ultimo singolo, nonché il pezzo più famoso, e catturava perfettamente l'essenza giovanile e gioiosa, per quanto intensamente nostalgica, dell'album, diventando uno dei ritornelli fondamentali dei Duemila. Ma non è la traccia più interessante o meglio costruita di Oracular Spectacular. Il resto brilla e sprizza energia allo stesso modo: "Time To Pretend", forse la canzone più potente dell'album, è un racconto sarcastico delle fantasie di gloria dei giovani naïf—"Mi trasferirò a Parigi, mi farò di eroina e mi scoperò le star / Tu ti occupi dell'isola, della cocaina e delle auto eleganti"; "The Youth" è più riservata e malinconica; "4th Dimensional Transition" è intrippante e stimolante; mentre "Electric Feel" ha un tempo trattenuto e una melodia quasi esitante che ti tira dentro con la sua sicurezza, poi ti sputa fuori con irruenza. È una vera bomba che spinge la traiettoria dell'album perfettamente in direzione di "Kids", con la sua coda di synth psichedelici ancora più intensa.

Un tipo di produzione liscia, pulita e senza spigoli si è infiltrata nell'industria musicale da qualche anno a questa parte, più o meno allo stesso ritmo del trucco rosa-neutro alla Kardashian. Se vogliamo portare avanti questa analogia (e a quanto pare vogliamo), Oracular Spectacular nel 2017 è attuale come il lucidalabbra. La produzione suona leggermente lanosa se messa a confronto con le note profonde e riverberate di J Hus o la pienezza strumentale di Mura Masa. Le band psych di oggi sembrano approcciare la materia da una prospettiva più eccentrica, con un sound deliberatamente caotico (tipo i Lemon Twigs, due fratelli letteralmente ossessionati dagli anni Sessanta e Settanta). E forse anche il sentimento di Oracular Spectacular è un po' invecchiato: la sconsideratezza ritratta da Skins non è più idealizzata, il che ha aperto la strada a un drammatico picco di ansia e di attenzione al benessere. Ma l'album degli MGMT—catartico, emotivo, seppur piuttosto ruvido—è arrivato in un momento troppo significativo per essere archiviato.

Per quanto Oracular Spectacular sia senza dubbio un prodotto del suo tempo, fa parte di un'epoca di fusione tra electro pop e alt rock che ha aperto la strada a molte cose: Empire of The Sun, Miike Snow, The Naked and Famous, CHVRCHES, tanto per fare qualche nome. Il fatto che nessuno di questi abbia ereditato l'esplosivo senso di euforia di questo album è una delle grandi occasioni mancate dell'indie moderno. Il suono degli MGMT e dei loro contemporanei si è trasformato in roba tipo Temper Trap, per dio.

Oracular Spectacular è tra i dischi che ascoltavo tardi la notte, a ripetizione, in alcuni dei mesi più formativi della mia vita. Più o meno nello stesso periodo mi sparavo For Emma, Forever Ago di Bon Iver, Speak For Yourself di Imogen Heap e Grace di Jeff Buckley. È stato un periodo sensibile ed emotivamente carico. Ma l'electro allegra di Oracular Spectacular non andava in contrasto con questi album più esplicitamente intimi. Anzi, li completava alla perfezione. Rappresentava uno sguardo verso il futuro e allo stesso tempo un cenno nostalgico verso il passato. "Kids" ci ricordava di restare selvaggi, ed è una lezione che non dimentichiamo neanche oggi. Il disco ha rappresentato la mia giovinezza durante la mia giovinezza, quindi continuerà per sempre a toccare me e la mia generazione. Ma è un album che avrà sempre il potere di rappresentare un altro tempo, o addirittura un'altra dimensione. È un disco che parla di lasciarsi andare e di permettere a se stessi di immergersi completamente in un'esperienza—che si tratti di oggi, di dieci anni fa, della tua giovinezza o del futuro.

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