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'The Terror' è la serie tv più spaventosa che puoi vedere oggi

Una serie che racconta di due navi bloccate nel ghiaccio che alla fine scompaiono nel nulla fa paura di suo, e il fatto che sia un horror è solo un di più.
Tutte le immagini via AMC.

Nel 1845 la spedizione di John Franklin—partita a bordo della Erebus e della Terror, le due navi migliori della marina britannica (e quindi del mondo) per esplorare l'artico canadese alla ricerca del famoso passaggio a Nordovest—è scomparsa nel nulla. È una delle mie storie preferite e l'ho letta in tutte le salse: sotto forma di saggio ne I ragazzi di Barrow di Fergus Fleming, ad esempio, e sotto forma di romanzo storico/reportage di viaggio in The Rifles di William T. Vollmann (che consiglio vivamente).

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Non avevo mai considerato la possibilità di risentire la stessa storia sotto forma di horror alla John Carpenter, che è poi il modo in cui la racconta The Terror, mini-serie in 10 episodi di AMC [distribuita qui su Amazon Prime] prodotta da Ridley Scott e tratta dal romanzo omonimo di Dan Simmons. Ma col senno di poi, vista la natura della storia in sé, è uno sviluppo perfettamente naturale.

Il motivo per cui la storia della spedizione di Franklin è così affascinante è che di essa non si è saputo niente per più di 170 anni. Oggi sappiamo com'è andata, sia sulla base di interviste con eschimesi condotte nell'Ottocento da una delle tante spedizioni mandate a cercarla sia sulla base delle autopsie sui resti ritrovati in tempi molto più recenti. A quanto pare Franklin e i suoi hanno beccato una combinazione davvero singolare di sfighe: una serie di estati molto rigide in cui il ghiaccio invernale che imprigionava le navi non si è sciolto, un errore nell'innovativo metodo con cui erano sigillate le provviste (che in teoria dovevano bastargli per anni) che ha causato nell'equipaggio un grave avvelenamento da piombo.

Alla fine i membri rimasti della spedizione hanno abbandonato le navi e cercato di raggiungere la civiltà attraversando a piedi le lande inospitali dell'artico canadese, ma sono morti tutti prima ancora di arrivarci—di freddo, di fame, di malattie come lo scorbuto, la polmonite e la tubercolosi, di avvelenamento o mangiandosi tra loro (alcune ossa degli scheletri ritrovati presentano tagli fatti con una lama e considerati segni di cannibalismo).

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Ma quando Simmons ha scritto il libro da cui è tratta The Terror tutto questo non si sapeva, o meglio non se ne aveva certezza. Il modo in cui la narrazione di The Terror ha deciso di riempire questo "buco" nella vicenda è l'aspetto a mio avviso più interessante e il motivo per cui la guardo, ed è lo stesso problema con cui si devono confrontare tutti quelli che decidono di raccontare quella storia.

Vollmann ad esempio aveva scelto di riempirlo andando a vivere quattro giorni in una stazione meteo abbandonata a pochi chilometri dal luogo del naufragio e raccontando come stava perdendo la sanità mentale. Simmons e la serie hanno invece optato per inserire un elemento soprannaturale—un demone eschimese che perseguita i marinai britannici e li uccide uno a uno.

È un elemento che non stona perché per sua natura la storia della spedizione di Franklin si presta abbastanza bene: se ne sa abbastanza per farne un contesto promettente in cui inserire un elemento orrorifico e abbastanza poco da avere la massima libertà su come svilupparlo. Insomma, ci si può fare un po' quel che si vuole—come Simmons ci ha messo il demone eschimese qualcun altro potrebbe riscrivere la storia mettendoci gli Illuminati o gli alieni.

Dall'altro lato, i pochi elementi fissi e di contesto che si hanno in mano sono abbastanza per rendere la storia credibile, "vera" e per farti venire voglia di leggerla/guardarla, e questo aspetto emerge molto bene in The Terror. Uno può pensare che una serie in dieci puntate ambientata su due navi bloccate nel ghiaccio dove in teoria non succede niente per anni possa risultare lenta o noiosa. Ma le piccole cose che accadono non solo contribuiscono a costruire il contesto in cui si inserirà l'elemento horror: fino a che questo non arriva sono proprio la storia e, azzardo, vederle è altrettanto interessante che vedere il demone eschimese. Seguire i piccoli imprevisti e le più minime esasperazioni dell'equipaggio ti porta a capire meglio lo stato mentale in cui dovevano trovarsi quelle persone bloccate in un mare di ghiaccio esteso per centinaia di chilometri.

Proprio per questo gli unici momenti della serie che mi hanno fatto strano sono quelli in cui il bilanciamento tra i due elementi—l'aspetto horror che si inserisce nei vuoti e la fedeltà minuziosa ai dettagli della storia vera—viene meno. Un esempio su tutti: [spoiler] la morte di John Franklin in una delle prime puntate mano del demone. È una concessione allo splatter che suona eccessiva e forzata, tanto che mi aspettavo di vederla giustificata come un incubo dello stesso Franklin. E invece no, me l'hanno mostrato davvero morire senza gambe trascinato in un buco nel ghiaccio.

Soprattutto me l'hanno mostrato—ed è quando vuole mostrare troppo che The Terror perde un po'. Questo perché non c'è alcun bisogno di farlo: l'aspetto terrificante della spedizione di Franklin è l'ambiente estremamente ostile in cui quelle persone si sono trovate a vivere per anni (e poi a morire). È un ambiente in cui gli esploratori muoiono ancora oggi (l'ultimo caso risale al 2015). La massa di ghiaccio sterminata dell'Artico è horror di per sé, senza bisogno di scie di sangue.

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