Proviamo a porci due domande. La prima: "Cosa succederebbe se associassimo la musica alla psicanalisi?" La seconda: "Qual è la prima cosa che ci viene in mente, se pensiamo a uno stile di composizione in grado di evocare sensazioni di impasse cognitiva che ci trasmettono totale introspezione?" Messe assieme, queste due questioni sembrano un binomio bizzarro e pretenzioso di un non specificato sperimentalismo, dai metodi a metà tra musicologia e trasversali studi sulla psiche umana di dubbia entità. Allora perché mai provare interesse in una trovata del genere, se intimorisce solamente a trattarla come veritiera?
Se lo saranno chiesti anche Erik Satie e John Cage, quale potesse essere la risposta, quando hanno portato al mondo un'ulteriore prova che non esserci è ancora più rilevante dell' esserci troppo, anche sul versante sonoro.Continua a leggere su Noisey - Breve storia della musica che non ha bisogno di essere ascoltata
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