Tecnologia

Jeff Bezos ha fatto una donazione per l'Australia, ed è una grandissima presa per il c*lo

Anziché lavarsi la coscienza con una misera donazione, il CEO di Amazon dovrebbe iniziare a pagare davvero le tasse.
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Immagine: Paul Morigi/Getty Images per Amazon 

Questa domenica, il CEO di Amazon Jeff Bezos ha annunciato che l'azienda donerà 1 milione di dollari australiani (circa 620.000 euro) ai gruppi di soccorritori che stanno lottando per spegnere le fiamme degli incendi in Australia e salvare gli animali.

Per mettere i numeri un attimo in prospettiva, va detto subito che Bezos ha un patrimonio di 104.000.000.000 (sì, miliardi) di euro; la cifra donata equivale dunque allo 0,00059 percento dei suoi averi. In altre parole, è come se qualcuno che ha 50.000 euro in banca donasse 29 centesimi. Ovviamente, non sono neanche i soldi personali di Bezos. Sono quelli di Amazon. La capitalizzazione di mercato attuale di Amazon è 840.000.000.000 di euro. 620.000 euro sono lo 0,000073 percento di 840 miliardi di euro, il che significa che la donazione all'Australia ha avuto lo stesso impatto sui guadagni di Amazon che per un persona con 50.000 euro in banca avrebbe una donazione da tre centesimi.

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Questo, per dire che la donazione di Amazon è un insulto bello e buono. È una donazione meschina e misera, da parte di un colosso tech che ha una delle pagelle più terrificanti per quanto riguarda ambiente e clima, ed è una frazione infinitesimale dei soldi che Amazon dovrebbe pagare in tasse, cosa che non ha però mai fatto grazie a una serie di brillanti mosse fiscali (nel 2018, Amazon ha pagato 20 milioni di dollari in tasse su 1 miliardo di guadagni fatti solo in Australia). Certo, quei 620.000 euro potranno essere usati dalle organizzazioni che stanno facendo tutto il possibile ora e che dovranno poi ricostruire gli habitat perduti quando le fiamme si placheranno, ma la donazione di Amazon non vive in un vacuum. E il contesto che la riguarda deve essere discusso.

Grazie a questa donazione, Amazon ha già ricevuto commenti positivi dalla stampa, per esempio sul sito di informazione più grosso del paese, e su siti come Yahoo! e Business Insider (Amazon ha scritto sul blog dell'azienda che "Il nostro cuore è con tutti gli australiani, le comunità del paese, le piante e gli animali colpiti dai devastanti incendi"). Nessuno di questi siti ha fatto riferimento al fatto che Amazon abbia la peggiore carbon footprint nel mondo delle industrie tech; o che abbia svariati affari in atto con compagnie petrolifere (compresa Woodside Petroleum, la più grossa compagnia petrolifera dell'Australia); o che questo stesso mese abbia usato proprio una pompa di benzina come elemento scenografico durante un evento; o che abbia minacciato di licenziare il gruppo di dipendenti che aveva fatto pressioni affinché l'azienda riducesse la propria impronta ambientale.

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E, ovviamente, nessuno di questi siti fa il minimo riferimento al fatto che forse Amazon dovrebbe, piuttosto, iniziare a pagare le tasse.

Molti conservatori sostengono che bisognerebbe regolamentare il meno possibile le grandi imprese e tenere basse le tasse, che bisognerebbe incoraggiare le persone (e le imprese) a fare un mucchio di soldi. Queste persone, una volta ricche, fonderanno opere caritatevoli o doneranno un parte dei loro soldi a opere caritatevoli già esistenti, che useranno quei fondi meglio di quanto farebbero i governi. Questa cosa non ha il minimo senso—soprattutto perché significa lasciare in mano a pochissimi la capacità di dare forma anche a quell'aspetto della società: invece, bisognerebbe tassare i ricchissimi e le imprese ricchissime, perché nessuno dovrebbe avere tutti i soldi che Bezos ha.

In pratica, ecco la morale: Amazon dona questi 620.000 euro alle organizzazioni che fanno primo soccorso in Australia. Il suo gesto filantropico viene lodato dalla stampa (e toglie un po' di soldi dalla dichiarazione dei redditi tassabili).

Amazon spera che nessuno citi il fatto che gli incendi in Australia sono legati al cambiamento climatico, e che tanto il nucleo fondante della sua impresa (cioè il consumo mastodontico di prodotti da parte delle persone) quanto quello meno noto di cloud computing stanno contribuendo direttamente al cambiamento climatico, anche senza contare i contratti stipulati con le compagnie che estraggono petrolio e gas dal suolo. Spera che nessuno parli del fatto che 620.000 euro sono una frazione infinitesimale delle tasse che Amazon dovrebbe pagare, ma non paga.

Ringraziamo Bezos per i suoi centesimi, mentre il mondo continua a bruciare.