Musica

Questa canzone italiana aveva previsto il disagio del decennio appena concluso

La politica è impazzita, internet ci fa stare male, guadagniamo poco—ma se avessimo ascoltato "Nel 2000" di Pierangelo Bertoli l'avremmo saputo prima.
pierangelo bertoli
Pierangelo Bertoli, fotografia d'epoca

Dobbiamo veramente prendere sul serio le classifiche “del decennio” che vediamo circolare in giro? Voi sapete come la penso, ma mai mi sarei aspettato che stavolta avrebbero scomodato dieci anni interi invece dei soliti circoscritti deliri sul miglior disco dell’anno. A questo punto, poiché stiamo in ballo e pure in bolla, vi dico io qual è la canzone che riassume il decennio in tutto e per tutto.

Non è straniera, come potete intuire dal fatto che siamo su Italian Folgorati: è infatti italianissima, e non è stata nemmeno composta e pubblicata nel decennio succitato. E il suo autore è uno di quelli che nei radar della “modernità” è sempre stato fuori tiro. Stiamo parlando di “Nel 2000” di Pierangelo Bertoli.

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Italian Folgorati si è sempre concentrata nell’analisi di interi album di inediti, ma per questa volta è doverosa un’eccezione. Faremo zoom solo su questa traccia come se fosse un nostro regalo di Natale, una sorpresa inaspettata alla quale togliere il fiocco. Tra l’altro è proprio parlando di una mitica compilation di Natale che tirammo fuori per la prima volta il nome di Bertoli.

Pierangelo è sempre stato un cantautore incazzereccio. Comprensibile, dato che era costretto su una sedia a rotelle a causa di una poliomelite contratta da bambino.

Certo che la visione di Bertoli di Natale non è mica per famiglie o tendente alla presa a bene, anzi. L’incipit era “Quando è arrivato dicembre viene Natale / È l'anno vecchio è marcio e degradato / mi sembra a volte che sia giunto il giorno.” D’altronde Pierangelo è sempre stato un cantautore duro e puro, disincantato, comunista fino al midollo, socialmente impegnato, vicino alla sinistra extraparlamentare riottosa e sempre abbastanza incazzereccio. Comprensibile, dato che era inoltre costretto su una sedia a rotelle a causa di una poliomelite contratta da bambino.

Nato in una famiglia che non aveva neanche la radio, motivo per il quale dovette imparare i rudimenti della musica dall’esterno e da autodidatta, il cantautore di A muso duro è un esempio di forza, coraggio e coerenza, nonché a volte di autoironia. Un esempio è la sua esilarante comparsata con Elio e Le Storie Tese in “Giocatore mondiale” e il titolo di un suo disco, Sedia elettrica, che parla da solo.

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Bertoli è capace di scrivere testi affilati come una lama nella sua ferma denuncia realista, ma è anche autore di canzoni d’amore prive di fronzoli e piene di speranza. Non si può dire però, nonostante la popolarità raggiunta con brani quali “Pescatore" ed “Eppure soffia”, totem della canzone ecologica italiana, che a livello sonoro fosse un innovatore. Anzi, la sua musica ricalca delle orme country/folk rock dalle quali difficilmente si separa, e quando lo fa i risultati sono spesso discutibili, come nella qui citata “Italia d’oro”.

pierangelo bertoli

Bertoli era anche talent scout, e nella sua storia c’è questa macchia di aver diffuso e amplificato la musica di Ligabue. Luciano gli rende infatti oggi omaggio nei live con una versione di "Eppure soffia" superiore alle interpretazione dei suoi stessi brani. Fortunatamente Pierangelo, quando si fece scrivere pezzi da lui, scelse quelli che forse sono i più interessanti della produzione del Liga, ovvero “Figlio di un cane” e “Sogni di rock n’roll”, che però anche qui ricalcano sonorità rockeggianti a stelle e strisce abusate.

Molto prima però, nel 1984, esce un disco di Bertoli chiamato Dalla finestra. Non brilla per chissà quali novità, ad eccezione dell’utilizzo indiscriminato di una batteria elettronica Simmons a pad settata su un preset qualsiasi. Però contiene la perla: “Nel 2000” è infatti totalmente sintetica, con tanto di ossessiva bassline, tappeti sintetici e arpeggiatori sinuosi da fare invidia alle migliori cose di Roberto Colombo e compagnia bella.

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Siamo di fronte a una visione del futuro che, letta adesso, è una perfetta descrizione del decennio che sta per finire, come se improvvisamente Bertoli fosse entrato in una macchina del tempo e fosse tornato indietro a raccontarcelo. Non ci credete? Eccovi un analisi passo passo del testo.

Nel 2000 tante idee saranno diventate una parentesi
Superate dal progresso, annullate dal processo della sintesi
Nel 2000 cambieremo le cambiali che saranno spiritose e digitali

In effetti il tentativo di far sparire punti di vista sul mondo è oggi più che mai palese. Revisionismi, negazionismi, ridimensionamenti forzati dal “processo della sintesi” sono di inquietante attualità. Lo stesso vale per le “fatture digitali”, le “domiciliazioni bancarie” e tutte queste belle cose qui, presentate come un qualcosa di imprescindibile e volto a migliorare la vita di tutti, rese spiritose dalle propagande pubblicitarie anche se in realtà sono l’ennesima inculata—mi si perdoni il francesismo.

Il 2000 è il risultato di un innesto combinato già da adesso
È un curioso esperimento coronato da immancabile successo
È l'insieme di una scelta post-moderna
È un filosofo privato della lanterna

Nel suo viaggio back to the future il nostro Pierangelo si rende conto che negli anni Ottanta era già tutto predisposto per un’ascesa drammatica della tecnologia, anche se allora sembrava a misura d’uomo e all’acqua di rose. Mai sottovalutazione fu più perniciosa. La “scelta postmoderna” non è altro che internet come descritto da Edward Docx, il quale crea—per l’appunto—filosofi che parlano senza sapere di cosa, mischiando le carte come capita con certi rossobrunismi di casa nostra, o con quelli che vorrebbero essere progressisti ma cadono nel generalismo. La lanterna non la si usa più neanche per illuminare le case, figuriamoci un pensiero.

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Nel 2000 l'osservanza sarà il metro per vedere tutti uguali
Sia davanti alla famiglia che nel cuore delle leggi universali
Nel 2000 sarai stata inseminata da una roba radio-telecomandata

Siamo di fronte a quello che i media propagandano oggi: l’uguaglianza, non come accettazione delle diversità individuali ma come imposizione autoritaria e dittatoriale, per cui tutti devono obbedire ciecamente a uno status il quale non prende più in considerazione il caos e le variabili della vita. Tutto oggi avviene con una leggerezza quasi brutale. Anche nella procreazione non ci sono contraddizioni e controindicazioni, fare i figli è come ingoiare una caramella grazie ai prodigi della tecnica. Il Bertoli abortista di “Certi momenti” qui si scaglia contro i produttori in serie di “carne da cannone,” un po’ come Huxley ne Il mondo nuovo, individuando i rischi di una società che controlla tutto, anche le nascite e la loro psicologia.

Sei miliardi di persone come tante mignottone
Saran pronte ad accettare ogni ordine speciale
E saremo più leggeri, liberati dai pensieri
Incapaci di protesta, senza grilli per la testa

Bertoli torna da un pianeta oramai decimato per ovvi motivi—evidentemente prevede il futuro della crisi climatica, oggi di miliardi di persone ce ne sono sette—ma la questione non cambia. Tutti oggi sono pronti a prostituirsi per soldi e potere, che poi sono solo le briciole di quello che accade in cima alla piramide. Per farcela accettano di tutto nell’illusione di poter arrivare chissà dove, vivono in una condizione di leggerezza innaturale, che in effetti impedisce una vera protesta se non quella a breve termine e già calcolata dalle autorità. Per quello che meriteremmo, stiamo tutti lavorando gratis. E invece di mandare tutto all’aria siamo ben contenti di alzare lavatrici al cielo chiedendo la riapertura delle fabbriche che falliscono.

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Non più magri, non più grassi, niente alti, niente bassi
Tutti seri ed impettiti, sei miliardi di partiti
Luccicanti canne vuote di strumenti senza note
Sempre intenti a funzionare su uno schema razionale

Il tentativo di inculcare nella testa della gente dei modelli irraggiungibili porta oggi a un boom della chirurgia plastica e ad uniformare visi e corpi, sia anche solo con i filtri di Instagram e i selfie scattati dalle giuste posizioni. Miliardi di persone che se ne fottono degli altri per cui l’individualismo non è di stampo anarchista ma piuttosto becero capitalismo in cui la follia è da sopprimere perché la forma deve prevalere sul contenuto. Quello che predicano tutti i manager della terra, oggi.

Nel 2000 non si troverà opposizione
Nel 2000 avremo una unica opinione
Nel 2000 le risate saran solo programmate e generali
Con il giusto sovrapprezzo passeranno perversioni personali
Nel 2000 avremo un cambio di cultura e una genesi contraria alla natura

In effetti non ci sono opposizioni oggi se non quelle legate al virtuale, il che è tutto dire, e per virtuale vale anche l’opposizione di piazza senza basi solide. L’opinione è quella che viene divulgata dagli organi dell’informazione e assorbita come vera. L’umorismo è indotto, come quello di Striscia la Notizia, tanto che anche le peggio tamarrate di cattivo gusto, tramite meme, si condividono su Whatsapp per “far ridere”. E se paghi su internet puoi fare quello che vuoi, anche scoparti i bambini. Il cambio di cultura generale prevede che si possa fare a meno dell’Amazzonia, che si possa schiacciare gli esseri umani solo per il profitto personale che viene prima di qualsiasi discorso oggettivo sugli equilibri del mondo.

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Un computer di quartiere porterà direttamente dentro casa, sia la spesa giornaliera
Che i concetti elaborati dalla NASA
Nel 2000 sarà tutto uniformato, pertinente, freddo, asettico, mondato
Scaricate le tensioni, abbattute le emozioni, imbottiti di calmanti
Psicofarmaci ambulanti
Voleremo senza pesi verso esotici paesi
In un Eden straperfetto finché durerà l'affetto
Scivolando sul pianeta in un'estasi completa
Chi lontano, chi vicino, a seconda del quattrino
Nuova stirpe di guaudenti psico-pillol-dipendenti
Si godranno lo splendore di una stirpe superiore

Qui si descrive con precisione internet, Amazon, l’evaporare della scelta analogica e il passaggio al tutto e subito digitale. È una previsione e descrizione della generazione trap, tutta stories e sciroppi porpora tesa all’ottundimento? Come non pensare all’isolazionismo di oggi per cui è possibile andare in qualsiasi isola sperduta ed esotica “scivolando sul pianeta” solo con un click su Google Maps? E in effetti la differenza di classe oggi fa anche la capacità della dipendenza, del distacco dalle emozioni materiali, di una stirpe superiore che di queste emozioni può fare senza gettandosi nella droga dei dati online e nella droga reale. E intanto ovviamente i poveracci assumono la calce, spendendo quello che non hanno per paradisi artificiali. E poi il gran finale:

Nel 2000 tu mi parlerai in giapponese
Nel 2000 non avremo più pretese.

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Ovviamente a Bertoli non interessa il giapponese in sé quanto la moda del Giappone preso come esempio in contesto HD. Gli interessano l’immaginario futuribile e le potenzialità economico-avveniristiche di quel paese, lanciato verso una pericolosa accelerazione. Si riferisce al modello lavorativo che annulla l’individuo per un nazionalismo esasperato, all’esterofilia coatta per cui dell’Italia non si sa più nulla a livello di storia e cultura ma di un paese come il Giappone tutto. Perché in fondo chissenefrega, la distopia oramai è un valore, il disastro un orizzonte da augurarsi, l’annullamento di sé e delle proprie radici un fatto spontaneo. Prende, insomma, il testimone critico dei The Stalin di “Stop Jap”, e lo lancia nella nostra penisola.

La scrittura di Bertoli in questo brano è costruita come una moneta a due facce. Da una parte si sente la voce del moralista che se la prende col malcostume dei progressi tecnici lanciati a doppia velocità dal turbocapitalismo. Dall’altra non fa altro che redigere una descrizione accurata di un presente che è così e basta. Ognuno tragga le sue conclusioni e stia dalla parte che preferisce.

Non possiamo accusare Bertoli di essere stato un boomer, ma piuttosto di aver descritto da lontano una montagna ora a noi talmente vicina che non riusciamo a vederne i contorni. Comunque, decennio di merda o meno, è giunto il momento di salutarlo e di augurarci buone feste. Lo faremo con le parole dello stesso Pierangelo. Il vento soffia ancora, tutto sommato. Niente paura.

Auguri vecchi amici, buone feste.
Vi ho sempre amato molto e non lo dissi.
Vorrei vedere un mondo senza ladri,
Politicanti, preti e pregiudizi.

Cosi Natale è il tempo degli auguri
E l’anno vecchio va buttato via.
Speriamo che sarà la volta buona,
che avremo il più bell’anno che ci sia.”

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