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Il mondo perfetto di Matteo Renzi

Siamo andati al Teatro Dal Verme a sentire Matteo Renzi, per il suo ultimo "show" a Milano.

Foto di Toni Zugna.

È lunedì sera a Milano e fa freddo e c'è Renzi.

Quando arrivo al Teatro del Verme c'è già il famoso camper-simbolo della campagna per le Primarie del PD posteggiato al lato. Ci sono centinaia di persone in una fila che non si muove; alcuni, annoiati dall'attesa, preferiscono esplorare con le dita il camper. Ci sono numerosi agenti, in un numero superiore rispetto al normale controllo di sicurezza. "La gente ha forzato l'ingresso perché non li fanno più entrare," mi risponde un agente. "Ci hanno chiamato per calmarli." Ai lati dell'ingresso stanno montando dei maxi-schermi per chi rimarrà fuori. Renzi ha fatto sold out.

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Chi riesce a entrare viene accolto da una trincea di gioventù. Una tavolata di ragazzi che si avvicinano per chiederti offerte e congratularsi perché sei venuto. Una coppia di anziani è particolarmente impressionata. "Che bravi che sono questi giovani," dice la moglie. "Che bravo Renzi," risponde il marito.

Provi ad allontanarti, ma i volontari di Renzi sono ovunque. Ti vendono magliette della campagna, portachiavi, libri, cartoline. Ti inseguono con una tanica di benzina per raccogliere monetine "per fare il pieno al camper." Sono tutti più giovani e belli e in forma di te. Sono persone migliori. Se chiedi loro dov'è il bar ti offrono la loro acqua, se domandi dov'è il tuo posto ti prendono per mano e ti ci portano. Le ragazze di Renzi ti inoltrano le mail dei cuccioli in cerca di padrone e i ragazzi fanno canottaggio e preferiscono i preliminari al sesso. Sorridono, saltellano, cantano, applaudono. Sono l'ideale congiunzione politica fra una puntata di GLEE in cui cercano di sconfiggere l'omofobia attraverso la break dance e i Genius dell'Apple Store.

Dietro l'organizzazione di tutto l'evento, dell'intero movimento, c'è Giorgio Gori. Lo si vede trottare fremente sul palco, stringere la mano alle personalità in arrivo, scattare foto al pubblico dal suo iPhone. Quando si presenta qualche problema o dubbio tutti-Renzi incluso-si rivolgono immediatamente a lui. Gori, del resto, è sempre stato un uomo di estremo successo. È stato responsabile dei palinsesti di Mediaset e poi il direttore di Canale 5 per gran parte degli anni Novanta, ha fondato Magnolia-la più importante Casa di Produzione in Italia-e ha sposato la sorella Parodi che lasceresti passare avanti in caso di incendio. Vedi Gori e Renzi insieme dal vivo e capisci. Capisci il perché di tutto questo. Sono alti uguali, quasi la stessa età, stesso taglio di capelli, stessi bottoni slogati dalla camicia bianca. Emanano una particolare energia testosteronica e assertiva. Come se si fossero incontrati in un bar una sera, avessero scommesso su chi sarebbe riuscito a portarsi a letto la tipa più figa del locale e alla fine avessero optato per una cosa a tre perché hanno imparato a rispettarsi. La loro collaborazione ha avuto così tanto successo fino a questo momento perché non è una collaborazione. È una scusa per dimostrare all'altro chi è il più bravo.

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L'orario di inizio si avvicina e comincia l'entertainment. Dalle casse viene pompato "Right here, Right Now" di Fatboy Slim. Poco dopo entra Pisapia e il DJ passa "Il più grande spettacolo dopo il Big Bang" di Jovanotti. Un tizio calvo una decina di anni più vecchio di tutti gli altri comanda ai volontari di spostarsi o far sedere le persone attraverso il battito delle mani, come i piccioni nel ghetto di Los Angeles.

Le luci si abbassano e inizia, a un volume ancora più alto, il ritornello di "We Are Young" dei FUN, l'inno di Renzi-un ritornello che fa "Stanotte / Siamo giovani / facciamo qualcosa di indimenticabile / Possiamo splendere più del sole." Allora Matteo si toglie la giacca, si sbottona e tira su le maniche e comincia a parlare dopo un lungo applauso. "Voglio salutare Giuliano Pisapia, l'uomo che ha riconquistato Milano dopo anni bui e terribili," ma viene subito sovrastato da una ovazione per il Sindaco. Un vecchio più avanti alza entrambi i pollici dopo essersi allungato con fatica in piedi e urla "Giuliano sindaco di Milano!"

Ma Renzi sembra interessato a mostrarsi cambiato, ha assorbito tutte le critiche di questi mesi e per la più importante tappa del suo tour ha perfezionato al meglio il pitch. Lo slogan stesso, composto da lettere gigantesche sul palco, non è più "Matteo Renzi. Adesso!", ma è diventato "Cambiamo l'Italia. Adesso!". Addirittura il tormentone della "rottamazione" viene ridimensionato, almeno nella sua semantica. "Non è un termine di marketing studiato a tavolino," rivela. "Mi è venuto spontaneamente durante un'intervista a Repubblica." Ora dice di essere d'accordo nel non voler paragonare persone ad automobili, che non lo userà più, ma che il cambiamento nei ranghi del PD e degli altri partiti rimane comunque una priorità.

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Anche i numerosi inserti pop sono scomparsi dal monologo. Le battute di Crozza, i film di Checco Zalone, le gag di Zelig, i montaggi dell'Italia da Dolce Vita presenti nelle precedenti tappe non esistono più. L'unico sopravvissuto è un film di Cetto Laqualunque, una scena che serve a introdurre una tirata contro l'evasione fiscale e le responsabilità dei cittadini. E poco dopo arriva anche il momento per Renzi di prendersi la sua, di responsabilità. Giura fedeltà al PD in caso di sconfitta, parla di un tranquillo ritorno alla vita da Sindaco di Firenze, senza pretese ministeriali come accadde nei governi di sinistra passati. Canta dell'onore nel perdere con un aneddoto legato al suo amico Pep Guardiola, allenatore del Barça. Dopo aver perso l'anno scorso in una settimana Champions League e Liga Renzi scrisse un SMS a Guardiola che recitava: "Tutti si fanno sentire quando vinci, io ci sono quando perdi." Renzi racconta dell'immediata risposta di Pep, "Il nostro onore sarà ora mostrare dignità nella sconfitta." Ovazione.

Dopo esseri paragonato a uno dei più grandi allenatori di tutti i tempi Renzi passa al recente problema dei suoi rapporti con la finanza. "Sono un ragazzo di campagna che ha acceso un mutuo trentennale," dice. "Nella provincia di Firenze, non alle Cayman." Poi comincia una criptica difesa della "Finanza", senza distinguo. "Ma sapete cos'ha fatto veramente la finanza, di cos'è responsabile?" e si prepara subito per la rivelazione. "È stata responsabile per il Rinascimento, per il Risorgimento. Senza la finanza non sarebbe stato possibile nulla di questo." E non finisce così. "Le opere caritatevoli sono merito della finanza, il volontariato, le scuole pubbliche, le biblioteche pubbliche sono merito loro." Applauso, e problema delle cene segrete con i finanzieri con sede all'estero per non pagare le tasse in Italia risolto.

In più di due ore di monologo Berlusconi viene nominato solo una volta. Non per una qualche galanteria bipartisan, ma perché non è più necessario - è finita. Sul serio. E Renzi parla di lui solo perché non è disgustato dall'idea di ricevere voti dai suoi ex elettori. "La sinistra deve smetterla di avere la puzza sotto il naso," dice. "Se vuole vincere ancora delle elezioni."

Il monologo alla fine si conclude con poche proposte (servizio civile obbligatorio per tutti!), solo reazioni ad attacchi reali e percepiti. Una lunga e appassionata arringa difensiva a se stesso. L'idea di cambiamento di Renzi che si percepisce è una sola: in un mondo di Signore Fletcher, Matteo Renzi vuole fare Batman.

Segui Matteo su Twitter: @bknsty