Cose che ti fanno pensare. Foto via
Questi status, immagini e altri contenuti tristi condivisibili sono tutti sintomi di una nuova retorica della paranoia, un grande discorso disilluso che continua a fare proseliti. Si trovano ovunque sulla vostra bacheca di Facebook e sulle vostre timeline di Twitter e Instagram, seminati come post-it, e sono brutti, stupidi, isterici, incredibilmente banali—eppure ne sono incredibilmente affascinato.Non ricordo la prima volta che mi sono fatto coinvolgere da questo fenomeno. Forse è stato in un momento in cui non sapevo che fare e scorrevo compulsivamente tra i profili dei miei vecchi compagni di classe; oppure è capitato quando mi sono ritrovato a guardare su Facebook le pagine dedicate ai protagonisti degli ultimi casi di cronaca nera. O forse è che sono semplicemente ovunque, ed è inevitabile ritrovarseli davanti se si passano anche solo dieci minuti al giorno sui social.Questa forma di negatività condivisa è un fenomeno a cui ancora non è stato dato un nome. Non è un format usato dai grandi gruppi editoriali online. Non viene monetizzato. Ma è comunque qualcosa di pervasivo e immediatamente riconoscibile, e molte delle immagini di questa epidemia hanno in comune solo una cosa: sono citazioni prive di attribuzione, perle di saggezza che non vengono da nessun posto, motti che nessuno ha mai fatto suoi.Questi messaggi sembrano avere una diffusione e una pervasività che trascende quella di qualsiasi altro contenuto virale sponsorizzato. Puoi spendere centinaia di migliaia di euro per avere come testimonial del tuo prodotto atleti di fama mondiale o musicisti famosi, ma un'immagine con scritto "Tutti sanno come amare, ma pochi sanno come amare la stessa persona per sempre" può raggiungere il doppio del risultato, e senza i noiosi scambi di mail e le riunioni per decidere la strategia comunicativa.
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