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reportage

Turismo totalitario a Phnom Penh

Abbiamo passato una giornata insieme a una parlamentare ribelle cambogiana impegnata a distribuire contanti ai manifestanti rimasti feriti durante le proteste nelle fabbriche tessili dello scorso dicembre.

Vista da un tuk-tuk: un'orda di poliziotti poco prima dell'attacco del 3 gennaio che ha portato all'uccisione di diversi civili. 

Io e la mia ragazza siamo appena tornati da una vacanza in Cambogia, dove il turismo è cresciuto a dismisura dopo le prime e uniche elezioni sancite dalle Nazioni Unite nel 1993. Ora c’è abbastanza stabilità da spingere orde impazzite di backpacker e fanatici di feste in barca e Xanax a pascolare negli antichi templi di Siem Reap, andare completamente fuori di testa alle feste in spiaggia di Sihanoukville e comprare accendini di soldati morti al negozi dei souvenir vicino ai campi di sterminio di Phnom Penh.

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Durante il nostro soggiorno è scoppiato l’inferno. Come è stato riportato da VICE, le proteste pacifiche degli operai che lavorano nelle fabbriche tessili di Phnom Penh si sono trasformate in un bagno di sangue quando i militari hanno aperto il fuoco contro la folla con i loro AK-47, uccidendo cinque persone e ferendone molte altre. Il giorno dopo, il Primo Ministro Hun Sen—uno dei pochi rimasti dal regime di Pol Pot degli Khmer Rossi—ha emanato una legge d’emergenza che bandisce ogni forma di manifestazione pubblica. Molti vedono le continue proteste dell’opposizione guidata dal Partito di Salvezza Nazionale Cambogiano (CNRP) come un nuovo e crescente fervore anti-autoritario, con il quale le persone sperano in un capovolgimento della dittatura di Hun Sen e nell’espulsione, una volta per tutte, della dittatura degli Khmer Rossi.

Sosta fuori dei quartieri generali del  CNRP.

Per questo, ho deciso di rintracciare alcune delle figure più di rilievo del CNRP per provar a far luce su quello che sta succedendo in Cambogia. La prima tappa era il quartier generale del CNRP, che a prima vista mi è sembrato un po’ uno showroom di arredi per il bagno su qualche statale di provincia. Siamo entrati in compagnia di alcuni stagisti che coordinano il diario della leggendaria Mu Sochua, Membro del Parlamento, nominata al premio Nobel per la pace.

Mu Sochua e i suoi collaboratori del CNRP distribuiscono contanti agli operai feriti durante le manifestazioni nelle fabbriche tessili.

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Dopo aver aspettato per un paio ore, ci hanno detto di andare all’"Ospedale Russo", dove Sochua stava visitando i sostenitori dell’opposizione feriti durante le proteste alla fabbrica. In pratica Sochua stava vagando per i reparti dell’ospedale per distribuire piccole mazzette di dollari a vari pazienti. All’inizio la cosa è stata un po’ scioccante. Quando ne abbiamo parlato, lei mi ha spiegato che “A volte in questo paese è l’unico modo per assicurarsi che i soldi arrivino davvero alla gente."

L'atmosfera nella stanza si è fatta calda. A un certo punto, una donna di mezza età si è buttata ai piedi di Sochua piangendo e attaccandosi alle sue caviglie, finché Sochua chiaramente imbarazzata per il gesto si è liberata dalla presa. Mentre prendeva una banconota da uno dei suoi compagni, Sochua ha spiegato che conosceva già quella donna. L'aveva incontrata durante le manifestazioni pacifiche al Parco della Libertà avvenute nelle settimane prima dello sciopero dei lavoratori della fabbrica.

Mentre ci spostavamo, la conversazione era tornata sul Parco della Libertà, luogo simbolico di libertà d'espressione diventato negli ultimi mesi l’epicentro del crescente movimento di protesta. Sochua ci ha avvisati di non farci notare troppo se volevamo evitare dei controlli molto ravvicinati. Quando le ho chiesto se potesse farci da guida è scoppiata a ridere, dicendo che non aveva la possibilità di essere vista in giro da quelle parti. Due dei suoi giovani stagisti però si sono offerti di accompagnarci a quella che è oramai una desolata distesa di pietra.

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Il Parco della Libertà era alquanto strano. A parte una caserma di polizia improvvisata in un angolo, per il resto la grande piazza era estremamente vuota, a parte un gruppo varipinto di uomini e ragazzi che giocavano a pallavolo. Gli autisti insistevano nel dire che la partita era parte di uno stratagemma del governo per mostrare che c’erano anche altre attività nel parco, che era diventato ormai uno spazio tetro e abbandonato a causa del divieto di protesta del CPP. Dicevano che la maggior parte degli uomini presenti erano in combutta con la polizia e sempre allerta in caso di movimenti strani. Chissà se è vero. A me sembrava solo che stessero giocando a pallavolo. Ma il fatto che una cosa semplice come questa sia messa in discussione fa capire il clima che si è instaurato a Phnom Penh.

Dopo il Parco della Libertà siamo andati a bere qualcosa al bar del Club dei Corrispondenti Esteri. Mu Sochua ci ha raggiunto, dopo esser rimasta imbottigliata nel traffico, con un taxi e senza accompagantore—cosa abbastanza strana visti tutti gli attentati documentati verso i suoi colleghi.

Seduti intorno a un tavolo poco illuminato e con un bicchiere di limonata ad accompagnarci, abbiamo discusso dei vari e confusi livelli interni alla polizia cambogiana . “Ci sono le migliaia di guardie del corpo del Primo Ministro, il Battaglione 70. Poi c’è la Brigata 911, i paracadutisti. Poi la polizia militare; e tra la polizia militare trovi anche molti tipi di gruppi di polizia. Sotto di loro c’è quella che chiamiamo polizia civile. Sono civili ma stanno dalla parte della polizia, alcuni di loro sono magari addestrati dalla polizia–addestrati fino a un certo livello, altri sono solo delinquenti organizzati in gruppi dalla polizia e il CPP.”

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Poi è passata alle controverse “Blackhead”, praticamente una milizia del governo formata da gang, chiamata così perché i membri indossano degli elmetti neri. “Sono abituati a sopprimere, ma anche a far apparire manifestazioni pacifiche più volente di quelle che sono, a istigare eventi che portano all’intervento violento della polizia. Molte persone che aderiscono alle proteste sono donne e monaci, che meditano. Le gang arrivano a quasi fine giornata e iniziano a sparare a donne e monaci. Poi poco dopo appare la polizia.”

Un poliziotto si riposa al Parco della Libertà 

Sochua non aveva dubbi su come il CPP recrutasse i suoi scagnozzi. “Vengono pagati. Sono sicura che vengono pagati. Senza dubbio. Il governo non lo ammette ma non possono negarlo in alcun modo, quindi ignorano la cosa e basta. Non dicono niente. Questi delinquenti sono spesso tossicidipendenti reclutati dai centri di riabilitazione dal CPP."

“Poi c’è un altro gruppo, meglio conosciuto come 'Pagoda Boys'. Questi ragazzi vivono nelle pagode e quando vengono chiamati per reprimerci sanno esattamente cosa fare e da chi prendere ordini, vanno dritti nella mischia. Se ci sono monaci coinvolti nella protesta, picchiano solo i monaci, li ammazzano e non gliene frega niente. Con quelle tuniche è difficile correre, sai.”

Quando ho parlato su skype con Brad Adams, direttore per l'Asia di Human Rights Watch, mi ha confermato il fatto che reclutare banditi era parte fondamentale del sistema del CPP. “È un modo di mantenere l'ordine che fa paura ed è molto radicato” ha detto risollevando dal passato storie orrende delle proteste della fine degli anni Novanta, durante il periodo di dieci anni in cui ha lavorato per le Nazioni Unite in Cambogia.

Sochua sostiene che le radici della criminalità del CPP vadano ben oltre gli anni Novanta. “Questa mentalità deriva direttamente dagli Khmer Rossi e dal loro modo di comandare; addestravano diversi gruppi di civili e li istigavano contro la folla,” ha detto. “Useranno i bambini per spiare i loro genitori, per uccidere i loro genitori. Deve tenere a mente che Hun Sen stesso faceva parte degli Khmer Rossi, e quella mentalità e quel modo di comandare vivono ancora nel CPP. È cambiato per caso? No, lui non è cambiato.”

Per le persone come Sochua, l'unico obiettivo è cercare in qualche modo di allontanare la Cambogia dal suo passato sanguinario e dal suo presente totalitario.

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