Update fotografico dal caos egiziano

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Update fotografico dal caos egiziano

Nelle ultime 144 ore, hanno fatto la loro ricomparsa in Egitto bombe molotov, proiettili di gomma, bastoni, pietre e lacrimogeni.

Nelle ultime 144 ore, hanno fatto la loro ricomparsa in Egitto bombe molotov, proiettili di gomma, bastoni, pietre e lacrimogeni—soprattutto lacrimogeni, prodotti decenni fa in Italia, Stati Uniti e Cina e lanciati senza sosta dalla polizia nel tentativo di allontanare i manifestati dalle piazze e dagli edifici governativi. È questo lo scenario che si presenta a chi percorre Downtown Cairo, tra via Mohamed Mahmoud e Piazza Tahrir, dove sono state scattate queste foto.

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A più di otto mesi dalla caduta di Mubarak e qualche giorno prima del 28 novembre, data fissata per le elezioni, i manifestanti chiedono libertà. “Il popolo vuole la caduta del Consiglio della vergogna,” “Noi non ce ne andiamo. È lui che deve andarsene,” cantano infuriati riferendosi al feldmaresciallo Mohamed Hussein Tantawi, capo del Consiglio Supremo delle Forze Armate al governo dallo scorso febbraio.

In Egitto, in maniera estremamente più evidente che in Tunisia e Libia, la rivoluzione non è infatti riuscita a sbarazzarsi dei vecchi poteri, riciclati in un comando miliare che potrebbe compromettere le elezioni e il futuro stesso del Paese. Perché al di là di Fratelli Musulmani, attivisti e crisi economica, è difficile concentrarsi sulla politica quando 30 morti, 800 feriti e centinaia di nuovi arresti suggeriscono una seconda ondata di rivoluzione.