FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

L'esistenzialismo di Ruggeri

Una guida al periodo più oscuro e più bello di Enrico Ruggeri, quello di "Presente"

“Era la fine del '77. avevo dentro una rabbia pronta a esplodere,ridevo in faccia alle ingiustizie e non avevo paura di nulla. Non dormivo mai. In 3 cose su 4 non sono cambiato. Quando posso oggi dormo.”
Enrico Ruggeri , 3 luglio 2014

Un personaggio come Ruggeri non ha bisogno di presentazioni, ma di un’attenta analisi probabilmente si, dato che non tutti ne afferrano in pieno la caratura: questo perché, dal punto di vista artistico, è sempre stato una specie di anguilla. Partito nel 1977/78 coi Decibel, uno dei primi gruppi punk milanesi, quando era ancora un ventunenne col culo girato, il nostro frontman si teneva lontano anni luce dalla politicizzazione del movimento dell’epoca, tendendo anzi alla provocazione: stuzzica i pruriti dell’ortodossia, tanto da essere bollato come destrorso, cosa che in fondo era accaduta a tutti, dai Sex Pistols ai Germs. Dopo il primo album, esempio di punk rock ignorantissimo, Ruggeri e i Decibel si evolvono passando a un post punk elettronico che mescola Sparks, Ultravox e beat italiano, acquisendo una popolarità tale da sfiorare gli isterismi femminili più tipici delle boy band. Poi la difficile carriera solista, il vero grande successo e tutto ciò che esso comporta: dopo essere stato anche geniale autore per altre ugole: da Diana Est (mito di molti fans della Nu disco) a Fiorella Mannoia (ispirazione di molti Amici di Maria De Filippi), è lentamente caduto nelle grinfie della discografia ufficiale, duettando con improbabili partner (pensiamo a Morandi e Tozzi, con quell’inno al vuoto democristiano chiamato “Si Può Dare Di Più”), e facendo poi—negli anni Novanta—il verso ai Queen di Innuendo, per concludere con la conduzione di orrendi e sub/mediocri programmi Mediaset tipo Mistero.

Pubblicità

Involontariamente, il nostro si è visto un boomerang tornargli in faccia: l’esposizione mediatica come conduttore gli ha alienato molte simpatie giovanili che al famoso cantante sovrapponevano ormai la sua nuova emanazione, fino quasi a cancellare il Ruggeri musicista e quello, meno noto, scrittore, entrambi evidentemente in crisi. Il motivo non è certo la qualità delle sue ultime produzioni, anche se, per risalire la china di un mondo musicale oramai cambiato, è stato necessario piegare il suono alla massa. Ecco allora che la voce, più scarica del solito e quasi perplessa, è registrata di molto sopra alla base, con suoni dozzinali che sembrano demotape di sale di incisioni anni Novanta. Ecco una promozione educata, priva di brividi, che addirittura mette i comici Ale e Franz nei video dell’ultimo singolo "In Un Paese Normale" tratto da Frankenstein 2.0, da pochi mesi nei negozi: un rifacimento in chiave elettronica del concept album datato 2013. Purtroppo, oramai, le sonorità lo avvicinano ai buffoni di quell'X-Factor di cui è stato anche giudice e, già da questa scelta, sembra che Enrico non sappia da che parte della barricata buttarsi, fermo restando che la classe non è acqua e le sue canzoni e il suo linguaggio, nudi e crudi, rimangono molto efficaci. D’altronde non è la prima volta che il nostro deve combattere contro delle crisi artistiche, a questo proposito Italian Folgorati riavvolge il nastro del tempo fino a un disco sottovalutatissimo, ma che in realtà è stato un importante spartiacque nella carriera di Ruggeri: Presente, anno 1984.

Pubblicità

Prima di iniziare facciamo una premessa: l’avventura coi Decibel finisce nel 1981 in una serie di strascichi legali con gli ex compagni, tanto che il primo disco da solista, Champagne Molotov, verrà ritirato quasi subito dal mercato e per due anni il nostro non potrà registrare nuovi album né esibirsi dal vivo. Una pesante spada di Damocle, calcolando che l’opera prima è un mischione intelligente e spiazzante di dub, pop alla XTC, streetpunk/oi, e new wave alla Stranglers, il tutto ovviamente compresso nella dimensione della canzone italiana. Enrico, però, non si perderà d’animo, e dopo due anni passati ad assemblare brani e personaggi italo disco per campare (vedi Jock Hattle e Den Harrow, creature sue e dell'altro ex-Decibel Roberto Turatti) riuscirà a tornare in pista nel 1983 con Polvere che è il suo disco migliore di sempre, un capolavoro di o la va o la spacca in formato musicale con tanto di title track dedicata al padre, all’epoca affetto da disturbi mentalie scomparso un paio di anni dopo. Insomma, al ragazzo non viene regalato nulla, cosa che si sente nei solchi del disco, permeati di una forte voglia di rivalsa e, allo stesso tempo, di totale disadattamento. A questo punto fortuna vuole che venga "scoperto" come autore da Ivano Fossati, che affida la sua splendida "Il mare d’inverno" a Loredana Bertè, ottenendo un buon successo e portando, logicamente, i discografici a cercare di sfruttare questo momento positivo. Enrico scrive "Nuovo Swing", con l’idea di cambiare stile e gettarsi nel jazz, forse influenzato dagli ex punkettoni che la buttavano sul cool jazz (vedi gli Style Council) e dalla canzone d’autore sghemba alla Paolo Conte, e decide di inciderla con la creme de la creme dei jazzisti milanesi, salvo poi cancellare tutto per sbaglio. Eccolo allora ricominciare da zero e sostituire tutti i musicisti coinvolti con i membri degli Champagne Molotov (la sua backing band): il risultato è un pezzo elettroacustico fra Sergio Caputo e i Matt Bianco, straniante nel suo incedere e dotato di un testo che non lascia dubbi sulla spietata critica della vita laccata oro degli anni Ottanta, dello show-biz che tritura tutto senza che se ne abbia coscienza. Aprirà Presente, titolo ambiguo che potrebbe ricordare vecchi motti di destra ma che, tranquilli, è solo un termine sintetico mutuato proprio dal testo di “Nuovo Swing” per fotografare il momento di passaggio, come un fermo immagine che non va da nessuna parte.

Pubblicità

Ruggeri non ha un album pronto, ma la casa discografica vuole sfruttare comunque il personaggio a dovere. Il nostro allora, forte della recente partecipazione a Sanremo, pensa a un greatest hits: strada però non percorribile a causa delle beghe legali sui diritti delle canzoni dei Decibel. L’unica cosa da fare è dividere il disco in due facciate, una in studio e una dal vivo. O meglio, un finto dal vivo, uno show per pochi invitati nello studio di registrazione per poter recuperare un minimo di paternità sulle vecchie canzoni. Detta così sembra un’idea del cazzo, ma la resa sonora sarà un punto di svolta: la facciata live infatti è quasi bootleg oriented, non certo perfetta. Quasi un suo Paris Au Printemps o addirittura un suo Concert, roba proto lo-fi. Ad ogni modo dopo "Nuovo Swing” parte un altro pezzo inedito: "La Donna Vera". Qui, per la prima volta, dopo testi abbastanza misogini come "Competitiva" e "Col Dito… Col Dito…”, Ruggeri fa autocritica spietata, come se volesse schiacciare la sua parte sciovinista sotto le scarpe: "Ma una donna così merita tanto, non può vivere con mezzo uomo accanto". Strano a dirsi ma questa drammatica traccia di new wave/glam metal italiano sarà il papà della leggerezza pop di "Quello Che Le Donne Non Dicono". I casi della vita…

Subito dopo c’è il primo di una serie di devastanti remix: parliamo di "Qualcosa", pezzo precedentemente edito su Polvere, vestito in modo minaccioso, più dark ed elettronico che mai e accelerato di molto. Una canzone sull’illusione dell’amore, esternata con un cinismo fuori misura e una follia lucida paragonabile forse ai testi di Ian Curtis (non a caso Ruggeri, in quegli anni, era seguitissimo dai giri dark), una versione da tastarsi il polso per sentire se vi scorre ancora sangue, attualissima.

Pubblicità

Si prosegue con un pezzo all’epoca considerato minore: era il Lato B del singolo di "Polvere", ma rivela una potenza da hit sicura in questa nuova vernice , riuscendo ad unire l’elettronica più space all’italo disco che il nostro bazzicava ormai da tempo e, ovviamente, al punk. "Non Cercare Il Sole" è un manifesto del nuovo Ruggeri, che proprio sul punto di cadere si tira in piedi da solo per la giacca. I testi parlano chiarissimo: "Se sei in mezzo ai tanti è meglio fare passi avanti, lo sai / e nella notte fai a botte; impara solo dai guai." Non è più tempo di farsi tirare per l’anello al naso e la sperimentazione individuale è l’unica strada percorribile, alla faccia di tutto e tutti.

La traccia cinque è il capolavoro massimo del periodo ‘84: “Il Mare D’Inverno” è un brano immortale, e in questo caso l’interpretazione della Bertè sembra quasi superflua. Laddove lei sottolinea gli aspetti più aggressivi del testo, Enrico trasforma tutto in un sommesso parlare con se stesso, desolato, con un pianoforte che scala immaginarie dune in stile romantico, venti sintetizzati e ovviamente, gelo totale da tutte le parti. Insomma non c’è assolutamente speranza, dove la Bertè sembra reagire Ruggeri invece si arrende. E forse fa bene.

Finito il primo lato ci si sente estraniati: non si capisce cosa abbiamo sentito fino ad ora, e le cose nel Lato B sono ancora più destabilizzanti. Campeggia subito una cover di Modugno, “Vecchio Frack”: anche qui la canzone non è delle più allegre, si parla di suicidio e di disagio. È un pezzo francamente allucinante, ed Enrico l’arrangia e interpreta per quello che è: un classico senza tempo. La fascia di elettronica e la mozza rendendola incompleta, come una marcia funebre vaporwave, e ci fa presagire le sue prossime mosse d’autore, ovvero unire la tradizione melodica con la new wave fino al dissolvimento di entrambe.

Pubblicità

In un certo senso tutto ciò era evidente già nel secondo periodo dei Decibel. La versione live di “Vivo Da Re” arriva a ricordarcelo, cantata con emozione malcelata, come se finalmente Enrico si sentisse liberato dal giogo della legge che lo perseguitava. Una versione muscolare, ma allo stesso tempo meno sfacciata dell’originale, in cui il nostro sembra soffrire come un cane e probabilmente è così. Poi parte "Contessa": una voce tagliente che sembra Marlene Dietrich al maschile, come se avesse fumato o bevuto troppo, e un arrangiamento più brechtiano del solito, il pezzo casca a pezzi e aleggia lo spettro della Factory sui suoni di batteria e sulle secche pugnalate di chitarra del fido Luigi Schiavone (ex Kaos Rock, chitarrista di punta del punk milanese e autore delle musiche di gran parte del repertorio di Ruggeri), qui più minimale del solito. Addirittura talvolta sembra Billy Duffy dei Cult in vacanza-premio sulla Luna. Il pezzo seguente è "Señorita", ripreso dal primo album solista, splendido e drammatico pezzo sui fallimentari sogni di successo di una ragazza, che poi è Ruggeri stesso in un transfert negativo pericolosissimo. La versione è massiccia, con stop&go e un trasporto assolutamente sparato, sintetico come le fantasie ad occhi aperti della protagonista.

Giungiamo a "Il Rock N Roll" di "Polvere". Qui Enrico sembra sfinito, ma il pezzo è l’invettiva definitiva contro la macchina del music business. Anafranil, birra, synth, alienazione, ragazze che lo abbandonano, discografici che lo scaricano, in poche parole la sfiga del rock'n'roll. L’apoteosi finale viene però con "Polvere", la presa a male definitiva, una versione live sentitissima per una canzone che meriterebbe premi da qui all’eternità, un attacco di dolore, malessere, impotenza, trasformazione mostruosa: Enrico sembra quasi piangere. IIn pochi minuti c’è tutta la vita, il ritratto di un uomo in crisi con quella “polvere” che allude probabilmente ad una botta acchittata sul tavolo per cercare di riprendersi artificialmente. Arriva addirittura una citazione importante: "Frigging In The Rigging" nella versione dei Sex Pistols, cantata a cappella nel finale come commovente saluto di Enrico al suo passato punk, per entrare nel presente del cantautore moderno e sofisticato di Tutto Scorre, forse il suo ultimo grande disco.

Presente dunque la sfangherà: da accozzaglia di pezzi compilati in due minuti a un documento importante di vita vissuta gettata in faccia agli ascoltatori, anni interi di fatica omogeneizzati in due bizzarre facciate. Un ascolto non semplice, certo, ma da questo momento il pubblico si affezionerà alle stranezze di Enrico come se fossero la norma. Adesso è un po’ diverso, la norma che si impone scende dall’alto e Ruggeri deve farci ancora una volta i conti, come nel 1977. Considerato il seguito e il rispetto che avrebbe negli ambienti underground ci si chiede per quale motivo si ostini a cercare di rientrare in classifica… Fregatene Enri', torna da noi, tanto lo sai che "Stan cercando qualcosa/che vorresti anche tu/han trovato una scusa/per prenderti il cuore/e non renderlo più."

Segui Demented su Twitter — @DementedThement