Oh!Dear Summer Fest, una festa punk dalla Sardegna con amore

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Oh!Dear Summer Fest, una festa punk dalla Sardegna con amore

Come sostenere la riforestazione di Porto Ferro pogando fra le dune.

Ore 8.30 del 24 Luglio. Sono infilato nella Fiat Punto 1999 del mio amico Flambo, ho dormito circa due ore in una scomodissima posizione da kamasutra in solitaria e me ne servirebbero almeno altre dieci per farmi passare la sbronza presa a fondi di bicchiere. Nel sedile di fianco c'è una mia amica che è al terzo coma e dietro se ne sta il mio amico in una sorta di raffazzonata camera da letto da hikikomori situata tra il portabagagli ed i sedili posteriori.

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Dicevo, sale questo caldo bastardo, roba da effetto serra e non posso fare altro che svegliarmi, bestemmiare e aprire la portiera. In quel preciso istante cade la prima pioggia su Porto Ferro. Due ore dopo avrebbe diluviato così tanto che l'intera area di Alghero si sarebbe allagata. L'acquazzone finirà dritto dritto sugli zaini abbandonati fuori dall'auto per farmi spazio e sulla borsa frigo scollata che avevamo utilizzato per spararci la birra per tutta la nottata del secondo giorno dell'Oh!Dear Summer Fest. E mi rendo conto che ho gli occhiali da buttare, a causa del pogo di qualche ora prima, e bestemmio. Noi quattrocchi dovremmo al massimo permetterci la prima fila dei concerti mathrock.

Flambo, ovvero il proprietario della Fiat Punto. Ed alla sinistra un'indiana d'America in Erasmus.

Un attimo. Facciamo un passo indietro di qualche giorno. Quando ho detto a Tea Campus che mi sarei occupato di scrivere un pezzo dedicato al suo festival mi ha fatto una semplice e istintiva richiesta: "non scrivere le solite robe trite e ritrite su quanto sia selvaggia e diversa la Sardegna". Ci proverò, Tea, ma sarà dura.

Prima di partire per la Sardegna forse è il caso di mettere un grosso Mi Piace su Noisey Italia:

Noisey Italia

C'è questa ragazza che ha suonato il basso per qualche anno in un gruppo punk in quella che Flavio Soriga definisce come "la nostra piccola cadente Buenos Aires", Sassari. Poi è andata a Bologna a fare l'università ma un po' come tutti i suoi compaesani si è sempre portata appresso un po' di saudade. Dopo la laurea, però, invece di tornare indietro si è spinta fino a Glasgow, Scozia. Ed è stato da quelle parti che ha avuto la brillante idea di sfogare la nostalgia canaglia e fare tanto alla sua terra fondando la Oh!Dear Records, un'etichetta senza confini geografici ma con una grande anima sarda. Organizza in collaborazione con la Cooperativa Sociale Piccoli Passi ed il progetto CortecceSonore un piccolo ma intenso festival per presentare una compilation della sua etichetta discografica. La scusa è la compilation, ma c'è ben altro: "Il ricavato della vendita della compilation viene utilizzato per la riforestazione dell'area retrodunale di Porto Ferro", spiega. "E mi piaceva l'idea di riunire dei giovani artisti sardi. Due di questi sono Roberto Canu e Andrea Marcias, che hanno creato due stili diversi per la copertina, e Lia Palomba che si è occupata delle grafiche".

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La prima data è a Porto Torres, cittadina marina e turistica dai colori caldi e nella quale TUTTI sono tatuati: consiglieri comunali, bariste, nonni, professori liceali, neonati, ecc. Pareva di stare in una sorta di crossover tra i Malavoglia di Verga ed il MITACON. La struttura è quella del Pangea, che è un centro sociale ben al di fuori del colorato e turistico centro, ma alle soglie del quartiere popolare Satellite. Il leitmotiv ambientalista che ha mosso Tea è andato da subito naturalmente a braccetto con le regole tribali e comunitarie del Pangea.

Quando sono arrivato da quelle parti il sole non era ancora tramontato ed ho avuto il tempo di fare un po' di amicizia con gli indigeni e scoprire qualcosa di più sul posto. Una delle stanze dell'ex-Bocciodromo è ora una piccola cucina, che ho avuto la (s)fortuna di beccare in pieno regime: una bomba di calore acqueo nella quale si aggira Marco Piras, che fa parte del Centro fin dai suoi albori: "A Porto Torres era impossibile suonare in città a causa delle ordinanze, così abbiamo cercato un nuovo spazio", racconta. "Siamo nati nel 2012, il primo centro sociale della Sardegna".

Marco racconta la sua epopea da Porto Torres, mentre la pasta si scuoce a palla.

Fuori dalla cucina vi è una saletta nella quale si cantano cori dagli echi partigiani e un arzillo anziano decide di prendere in ostaggio Lia, la mia fotografa. Becco Francesco Curreli de Il Mare di Ross che mi racconta delle origini della band e della sua fondazione. Non posso fare a meno di chiedergli da dove provenga il nome del gruppo e mi confessa la sua passione per i documentari. Mi è davvero difficile immaginare quel bel ragazzo punk passare le giornate su History Channel piuttosto che starsene in uno skate park a far innamorare sedicenni, anche se avrei dovuto capire fin da subito dalla sua t-shirt dei Joy Division che era meglio evitare gli stereotipi.

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Faccio la conoscenza di Michele, il chitarrista. Mi parla della sua esperienza nell'etichetta Screamore. "Siamo in cinque: io, Enzo degli Amesua, Francesco e Sanan dei Niebo e Marco di Folgore. Produciamo tante band che vengono da fuori, anche fuori dall'Italia. Non ha senso rimanere chiusi nel proprio giro, si perdono tante cose belle".

Michele(Il Mare di Ross), Marco (Amesua) e Francesco (Mare di Ross) si godono il pre-concerto, mentre l'autore si copre il viso per questioni di privacy.

È ora di cena in sala e riesco ad interrompere anche il relax di Marco Spano, il chitarrista degli olbiensi Amesua. Loro sono la band più attesa della serata: il terzo album, Ritratto, l'ho ascoltato numerose volte con il cuore in lacrime. Testi pazzeschi e dei ritornelli che ti fanno venire voglia di abbracciare il primo sconosciuto al tuo fianco e redimerti.

Più in là ho avuto la fortuna enorme di conoscere Enzo di Ciaccio, un fenomeno delle cavalcate delle linee di basso. Ringrazio quella parte del mio cervellino che mi ha permesso di premere record sul registratore vocale del cellulare: ero al quinto mirto e non mi sarei ricordato granché del piacevole dialogo avuto con lui. Mi conferma il cambio di stile nella voce (che ho nettamente preferito) tra i primi due album ed il terzo: "Siamo arrivati con calma a questo nuovo stile vocale. Non abbiamo perso le urla, ovviamente, ma ora cerchiamo di modulare di più. Il disco ha avuto una gestazione di due anni e mezzo. L'uomo sulla copertina è mio padre, abbiamo deciso di omaggiarlo così. Lui era quello che da ragazzini ci portava ai concerti."

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A causa di una disabilità Enzo è costretto su una sedie a rotelle, ma questo non lo ha fermato. È bastato moddare al punto giusto la pedaliera in modo da renderla facilmente utilizzabile da seduto e con le mani. Mi parla di una canzone, "Carol", dedicata proprio alla sua sedia: "Ci ero affezionato. Mi ha accompagnato per tutta l'adolescenza, fino ai 24 anni. E per me è stato un po' come abbandonare un'amica. Tutti i posti che ho visitato, ecco, l'ho fatto in sua compagnia".

I Byproduct aprono le danze con un boato. Tutti sull'attenti.

Sotto il palco trovo Michele dei Mare di Ross che mi dichiara il suo amore per una ragazza nelle vicinanze. Mi prega di fare da messaggero erotico ma sono la persona meno adatta per vestire i panni di Cupido e credo, in questo preciso istante, di sentirmi in colpa. Ehi, tu con la camicetta beige e le Vans ai piedi, che forse ti chiami Lydia, se mi stai leggendo contatta Michele. E se fate un figlio chiamatelo Diego.

Gli OxC sono giovani e pronti a spaccare il mondo, e il cantante se ne esce con un messaggio piuttosto chiaro: "Abbracciarsi e stringere amicizia alla fine di ogni concerto hardcore".

Nell'ex-bocciodromo, in questa surreale atmosfera ingabbiata tra gli anni novanta, esce fuori la bomba della serata: Blu è tra il pubblico. È a Porto Torres per dipingere un murale proprio al quartiere Satellite e pernotta in una cascina nel boschetto lì affianco al Pangea. Flambo, il mio amico, assume i caretteri di uno screanzato detective a là Vizio di Forma e decide di trovare finalmente un viso all'artista senza volto. Supposizioni su chi fosse tra la folla attraverseranno la nottata e troveranno soluzione solamente la giornata successiva.

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La verità è che vorrei parlarvi del concerto degli Amesua ma ero talmente sbronzo che ho passato metà buona del set a provarci con questa principessa alta 1,85 mezza sarda e mezza inglese. Ma tanto per cambiare ho fallito, sarà anche un po' a causa della mia altezza decisamente inferiore ai suoi standard, e no, non ho scusanti o belle storie da raccontare.

Faccio in tempo per arrivare sotto il palco e godermi "Anni Luce", "Polvere", ma soprattutto la conclusiva "Les Petites Cubes", che scatena il coro collettivo e i pianti a suon di "Non è la tempesta che ora vedi impazzare".

Il Mare di Ross in tutto lo splendore fisico di Francesco Curreli.

La penultima band sono i Vilma, che avrebbero risuonato anche il secondo giorno e per ora evito di scriverne per non essere ridondante.

Le atmosfere hardcore e punk vengono spezzate dall'entrata in scena del fiero sound metal dei When Ashes Are Rising. Durante il loro set scende la pioggia ed i meno coraggiosi come me si rifugiano nell'ex-bocciodromo. Coppiette si abbracciano sedute sui vecchi spalti per il pubblico, l'aria si riempie di risate sguaiate al sapore di alcool ed erba e a me si schianta in testa la scenografia di "Smells Like Teen Spirit", ma senza il bidello. Sotto il palco resta qualche indomito metallaro, tra i quali anche Mario che il giorno dopo si ritroverà con un tipico marchio da collisione tra basso e headbanging.

Michele continua con i suoi gesti giovanilistici, mentre Enzo (Amesua) incita alla rivoluzione socialista.

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Per il secondo giorno dell' Oh!Dear Summer Fest le atmosfere vengono stravolte. Si va a Porto Ferro, golfo ad una trentina di chilometri da Sassari. Luogo di culto tra i surfisti locali, lì ha sede Il Baretto, che ha collaborato con Tea per il progetto ambientalista e DIY.

Ma prima, per completezza, chiudiamo la storia su Blu. Prima di prendere la via per il mare mi ritrovo di nuovo in un Pangea deserto e silenzioso. Ecco, è stato lì che l'ho visto. A malapena sono riuscito a sembrare una persona normale in quanto una leggera sensazione di "ohmiodio" mi attraversava le ossa. L'uomo che ha fatto tremare Bologna negli ultimi tempi ricordandoci la brutta fine che stiamo facendo aveva finalmente una forma. Questa è un'altra storia però, torniamo sulla strada.

Ci siamo fermati al Satellite, a fotografare il nuovissimo Blu.

Anche a Porto Ferro riesco ad arrivare fin troppo presto. Ho tutto il tempo di gustarmi il mare mosso e fare una passeggiata verso le vecchie torri di avvistamento vecchie di secoli. Le nubi si caricano e partono i primi scongiuri. Il Baretto è un locale che al tramonto ti illude e ti fa sentire lì ad un passo dall'immaginario di Dennis Wilson in di Pacific Ocean Blue. Giunge il tramonto e l'odore delle patatine fritte sostituisce quello della salsedine.

Non è un caso che ad aprire le danze, verso le dieci, quando l'intero locale è ancora pieno di habitué seduti ai tavoli, sia Beeside, progetto one man band di Federico Pazzona. Dopo un paio di pezzi le persone hanno abbandonato i loro hamburger, tra reverenza e incantamento. C'è tanta roba nella voce e la chitarra lancinante di Beeside: famiglia Buckley, i primissimi Radiohead di The Bends in primis, e senza dubbio Nick Drake, ma paragoni a parte, quelle di Federico sono canzoni tristi, di adolescenze eterne, una musica invernale.

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Il giorno in cui quei due bambini decisero di imparare a suonare la chitarra.

Beeside dà il meglio di sé, provocando ondate di malinconia tra le luci soffuse del Baretto, con la cover di Eyepennies degli Sparklehorse. Dal pianoforte della versione ufficiale alla chitarra elettrica della cover, non stento a credere che Mark Linkous l'avrebbe apprezzata fino in fondo.

I Sumolovers si impongono come i signori del garage e di stile della serata.

Tra le band che attendo con più ansia ci sono i Pussy Stomp, duo con Roberta Etzi alla chitarra e Mauro Vacca al basso. Entrambi sono bellissimi, li ammiro con un po' di vergogna, e di primo acchitto mi fanno venire in mente gli Handsome Family, con quella puzza d'America. Ma basta vederli suonare "Super Slut" per capire che siamo più dalle parti dei The Kills.

Tra una birretta e l'altra riesco a fare due chiacchiere con Andrea Marcias aka Waarp e anche componente del duo I Against Me assieme ad Andrea Achenza. Marcias mi spiega di come ha lavorato sulla copertina di una delle due cassette della compilation della Oh! Dear Records. Pazzo furioso, emula con una virtual machine Windows 95 per poter utilizzare delle vecchie librerie per Processing che gli sono utili a creare piccoli capolavori algoritmici. Andrea Achenza è invece uno di quei ragazzi che potrebbe essere la naturale evoluzione di uno dei protagonisti di Stranger Things: è un sincero appassionato di retrogaming e tuttologo musicale, oltre che immune per oscuri motivi agli effetti collaterali da assunzione costante di erba.

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I due Andrea. Uno mi mostra il gameboy moddato, l'altro fuma.

Gli I Against Me concludono la line up con un favoloso disordine costituito ad 8 bit, bombardati dai visuals di Claudio Spanu.

Prima degli IAM hanno suonato i Vilma, che secondo me non sono solo un gioiello della musica locale ma una roba che dovrebbe girare anche sulla penisola. Ci sono pezzoni come "Levi" e "Calvino" che tirano fuori il meglio dell'emo-core italiano. Ovidio (chitarra) ha uno stile libero, fuori dagli schemi della teoria musicale istituzionale riesce a dare libero sfogo ad una creatività che deriva da anni di ascolto di nu-metal e post-rock. Olmo Curreli ha la presenza scenica della stessa razza di Jacopo Lietti (Fine Before You Came) ed una voce potente, e la loro musica è quella roba che ti fa pogare anche se ormai non hai più 25 anni. I loro testi esibiscono una poetica chiara, sferzante, capace di starsene tra l'alto ed il basso. Quando la band fa scattare "Nomi", che è una canzone furbissima, ne scaturisce fuori tutta la roba da brotherhood dell'emo-core degli ultimi dieci anni. E poi come si fa a non amare una band che ha scritto una canzone dedicata a Pat Morita? Si vede che sono il mio nuovo gruppo preferito, eh?

La Regione Sardegna ha trovato la sua nuova foto profilo su Facebook (Olmo - Vilma).

Era dai tempi degli Eyehategod che non mi veniva una voglia simile di buttarmi in mezzo alla mischia. Ai tempi nada perché mi sarei ritrovato come compagni di pogo l'intero cast di tutte le stagioni di Vikings, mentre con i Vilma me lo sono potuto permettere. E credo che sia stato proprio durante "Nomi" che porcalaputtanamiseria mi sono caduti gli occhiali.

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I Vilma senza il cantante, da qualche parte a fare stage diving.

Poi è il turno degli I Against Me, che fanno scatenare, non si sa come, una piccola e stanchissima post-Vilma folla.

E dopo di loro è il tempo del dj-set dei NKT_New Kids in Town e Waarp, che terrà svegli i sopravvissuti del Baretto fino alle cinque di mattina.

Il capitano della nave, in un vistoso stato di sobrietà.

Quello che succede dopo, nelle ultime ore di buio, è la solita storia di abbracci alcolici e costanti pisciate nei bagni chimici. Figure di amanti e amici si rifugiano tra le dune per diventare ombre e la bellezza terrificante del golfo per una volta se ne sta in secondo piano.

Tea, non so come andrà a finire con la questione ambientalista, ma per quanto mi riguarda sei riuscita a farmi riprovare i 20 anni. Se poi sia una cosa giusta o sbagliata, ecco, è da vedere.