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Musica

Sul comportamento dei media italiani in merito all' "arresto" di Noyz Narcos

Moralismo a palate, giustizialismo destrorso e tante altre cose a caso. Si è salvato qualcuno? No.

I media generalisti italiani non sanno ancora come comportarsi coi rapper. Non lo hanno ancora imparato bene quelli americani, figuriamoci come possiamo essere messi noi. L’Hip-Hop, o meglio, la diffusione di massa dell’hip-hop come genere musicale che ha una sua rilevanza diffusa a ivello pop, è ancora quasi del tutto una novità. In un certo senso, quindi, non potevamo aspettarci molto dal modo in cui i giornali italiani hanno riportato la notizia dell’ “arresto” di Noyz Narcos. I più hanno riportato i fatti nella solita maniera un po’ goffa, e in fondo ci sta anche, o quantomeno si tratta di qualcosa che può essere ignorato. Lo schifo, sinceramente, ci è un po’ salito alla lettura di chi ha provato ad andare un po’ più a fondo.

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C’è da dire che l’ANSA che girava ieri di prima mattina era piuttosto imprecisa e abbastanza fuorviante, e nel riportare la non del tutto vera notizia del fermo del rapper ci siamo cascati più o meno tutti, noi compresi. I più svelti hanno poi rettificato il contenuto, i più menefreghisti se ne sono—appunto—fottuti altamente. Nel frattempo c’era chi aveva provato a fornire una versione dei fatti più approfondita. Il problema è che questi stessi soggetti hanno dimenticato abbastanza in fretta che si stava parlando di un essere umano. Gli si è presentato davanti un mix di categorie a cui, appunto, i media più o meno scandalistici e reazionari di molti altri paesi sono già parecchio abituati, e a cui i nostri ancora un po’meno: “drogato”, “famoso” e “artista alternativo”. Se la combinazione delle prime due in questo paese si presenta abbastanza spesso, la terza è più rara, e fare tripletta da queste parti era riuscito quasi solo a Morgan. Intendiamo “alternativo”, ovviamente, in un senso squisitamente pop e comprensibile anche a Ernesto Assante. Certo, se avessero arrestato Donato Dozzy, probabilmente al Corriere della sera manco sarebbe arrivata la notizia.

Occhio: queste sono le categorie che appartengono ai media generalisti, non a chi vi scrive. La differenza con altri casi di questo tipo, comunque, è che forse il povero Noyz non è abbastanza pop né il fatto è abbastanza grave per potere portare gli stessi media a volerlo poi redimere tra qualche tempo come angelo caduto. No, per lui c’è solo la gogna, anzi una gognetta, perché patetica e piccola. L’hanno operata a partire anzitutto dai dispacci delle forze dell’ordine, perché, appunto, l’interesse che ha mosso questi articoli mi pare tutt’altro che giornalistico. Anche questo, però, non stupisce e nemmeno scandalizza: è legittimo raccontare i fatti in una maniera che appartiene alla propria mentalità e che coincide con la direzione etica che si vuole dare anche all’atto stesso di fare informazione.

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Non mi sono stupito per niente, infatti, quando ho visto che Repubblica, pur di corroborare la versione giustizialista del racconto, ci ha tenuto a specificare che i soldi ritrovati a casa der Noyz erano “divisi in mazzette”. Quanti soldi erano? Duecento euro. Due piotte. Divisi in mazzette. Da quanto, da 5 euro l’una? Dai, per cortesia… Sembra una presa per il culo e il mio inguaribile ottimismo mi fa sperare si tratti in fondo del trolling di un redattore. Ma insomma, è Repubblica, gli appartiene un giustizialismo abbastanza blando, passivo-aggressivo come quello di qualche giorno fa sul “rave” in Darsena. Diverso da quello del Fatto Quotidiano, insomma, che ospita un articolo di Alessandro Bartolini, che con dei toni tra il sarcastico e il gongolante entra nei dettagli della faccenda cercando di consegnare un ritratto del rapper come di una persona poco sveglia, un fattone che si è fatto beccare come uno scemo e poi ha preteso pure che gli agenti lo riconoscessero. Pare di sentire il rumore di un pat pat sulla testolina fatto dal giornalista a quello che lui percepisce come un povero drogatello romano che ancora perde tempo col rap. Lui invece è un giornalista.

In chiusura di articolo, Bartolini sembra anche essere un po’ dispiaciuto del fatto che il Noyz non abbia reagito all’arresto: “Nei suoi testi racconta storie di vita di strada e non nasconde il suo “odio” per ‘la chiesa, lo stato e la polizia’, come in ‘Ogni volta’. Ma quando gli agenti hanno bussato alla sua porta ‘ha avuto un atteggiamento molto collaborativo’.” Ecco, forse sta facendo dell’ironia sulla presunta distanza tra parola e prassi, o forse potremmo semplicemente chiamarlo bullismo: l’equivalente di una manganellata dietro il ginocchio da vice-sceriffo texano che ti dice “non fai più tanto lo stronzo adesso, eh?”.

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Quello che ha stupito tutti però, è il fatto che l’articolo più simile a quello di Bartolini, ovvero grondante lo stesso assurdo giustizialismo, lo abbia scritto Salvatore Garzillo su Rolling Stone. Una roba francamente un po’ disturbante: all’ironia del Fatto qua si sostituisce un certo sadismo, un godimento per il drogato finalmente accalappiato dalla polizia. Anche qui l’episodio del mancato riconoscimento (che Noyz, manco a dirlo, ha smentito del tutto), ma ci si insiste con molta più veemenza, quasi fino a farci ruotare attorno l’intera narrazione. Non contento chiude con qualcosa di assolutamente gratuito, fuori contesto e molto poco spiegabile: il dirigente del commissariato di Quarto Oggiaro che ha rilasciato ala stampa i dettagli dell’arresto, infatti, “solo poche ore prima aveva scoperto un cadavere in avanzato stato di decomposizione in uno stabile abbandonato a meno di due chilometri da lì.” Io mi so ancora grattando il capo. Che c’entra? In che modo questo argomento è da includere? Si vuole forse accomunare i due fatti per dire che il suddetto rapper vive nel peggio ghetto in mezzo agli assassini e quindi è certamente uno di loro? in tal caso, e anche nel caso che si stesse semplicemente aggiungendo in modo ironico qualche dettaglio pulp per colorire la faccenda, è davvero difficile non credere nella malafede di chi ha scritto e di chi ha pubblicato.

Ma la cosa più assurda è che questo è Rolling Stone… Dico, Rolling Stone. Per sua storia, il magazine esiste sopra e intorno alla mitologia rock&roll più spicciola, quella che comprende, mi duole rivlelarvelo, anche la "droga", e tanta anche. Non capisco bene su quale scala si basino i diversi pesi e misure applicati al caso di Emanuele Frasca, al quale ci manca poco che si auguri il carcere a vita. L’unica differenza sta nel fatto che parliamo di un caso presente e vicino, non storicizzato ed esistente in un territorio molto più vero di quel rimosso di semi-fiction che è, appunto, il mondo della narrativa ruock. Non stiamo raccontando della California degli anni Settanta, ma della Milano di questa settimana, forse tutto è bello finché non tocca la vita vera.

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Eppure parliamo di persone vere, tanto oggi quanto negli anni settanta, parliamo di un uomo, della sua vita e degli stracazzi suoi. Nello specifico parliamo anche di uno che anche nel proprio lavoro non si è mai fatto troppi problemi a non nascondere il “male” dietro a giustificazioni semplicistiche. Anche se, davvero, mi sento già ridicolo io ad avere scomodato termini del genere, dato che stiamo parlando di meno di mezz’etto d’erba. Tutto questo non ha, infatti, troppo valore a fronte del fatto che è stata data una ennesima dimostrazione di dove vadano a parare la cultura e linformazione di questo paese, su che fronti voglia battersi chi ci lavora e cosa voglia ottenere dal proprio lavoro. A trarne le conclusioni pare proprio, quindi, che su certe tematiche ci si debba aspettare le stesse posizioni da tutti. Tutti.

Per affermarle, quindi, si corre a buttare nel tritacarne quelli come Noyz, quelli che non sono nemmeno così famosi (o meglio, così sputtanati) da costringere lo scribacchino di turno a dire con ipocrisia—e facendo finta di saperne qualcosa—che “raccontano una generazione”, ma che presentano una serie di caratteristiche utili a quel moralismo da Democrazia Cristiana. Come facciamo, allora, ad aspettarci che il dibattito culturale in questo paese si faccia più vivace? A pensare che si possano mettere in discussione certi assunti culturali moralistici?

Viene da pensare che a informare questo atteggiamento sia soprattutto la paura, la necessità di restare dentro a un discorso sociale e lavorativo da cui si verrebbe altrimenti esclusi. Ma siamo davvero ancora a questi livelli? È ancora così alta la posta del ricatto? Evidentemente sì, se persino i “rocker” si sono fatti due ghignate da salotto alle spalle di un cantante che ha avuto a che dire con la legge. E niente scandali, niente tragedie: la carriera di Noyz non è stata rovinata da queste chiacchiere e non è (solo) grazie a questi articoli che Salvini vincerà le elezioni. Niente apocalissi, solo uno squallore unico al mondo.

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