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Tecnologia

La scienziata italo-americana della NASA che ha mandato il primo rover su Marte

"Sono contenta di non esser mai andata nello spazio, mi bastava pensare ai pianeti per andare in crisi."

Se controllare gli impegni in agenda non fa assolutamente parte della tua routine, ogni avviso di iCal è una potenziale minaccia per la tua pace interiore, specialmente se ti sta ricordando che l'indomani dovrai intervistare una scienziata che ha partecipato alle più celebri missioni di esplorazione spaziale della NASA.

Infatti, non appena ho realizzato la situazione, ho capito che mi serviva del Valium, poi mi sono fiondata a leggere articoli, memorizzare numeri, nozioni e date, nella speranza di azzeccare le domande giuste senza fare troppi scivoloni. Meno male che alle interviste non si usa la calcolatrice, altrimenti ci avrei incollato i bigliettini con le formule

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Inesorabile, il fatidico giorno arriva. Prima dell'intervista Loretta tiene un breve discorso in cui, con enfasi teatrale e stando alla larga dai tecnicismi, racconta le esperienze più memorabili della sua carriera, prima tra tutte la volta in cui scopre che "Urano fa le capriole".

Usando termini comprensibili anche da un pargolo delle scuole elementari, spiega che Urano è l'unico pianeta del Sistema Solare ad avere l'asse di rotazione quasi parallelo al piano orbitale e, ruotando su se stesso orizzontalmente, sembra fare le capriole. La scoperta risale al 1986, anno in cui la sonda Voyager 2 raggiunge e sorvola, per la prima ed unica volta nella storia, Urano e i suoi satelliti.

Loretta Falcone è una data scientist italo-americana, ha studiato negli Stati Uniti e ha partecipato alle missioni Galileo, Voyager 2 e Mars Pathfinder, per cui si è occupata di elaborare i modelli fisico matematici dei sistemi planetari.

Ai tempi le informazioni sui giganti gassosi del nostro Sistema Solare, fino ad all'ora inesplorati, erano poche e quando la Voyager 2 ha iniziato ad inviare i nuovi dati anche i modelli e le ipotesi più accreditate sono venute meno. Tutto da rifare. L'arduo compito di ridisegnare le mappe di mezzo Sistema Solare non è privo di effetti collaterali—psicologicamente parlando—e Loretta, che ama definirsi una scienziata molto sensibile, ogni tanto ha dei crolli emotivi.

"Il giorno in cui dovevo annunciare alla stampa le scoperte che avevamo fatto su Urano, ho avuto un attacco di panico e sono corsa via. Sono scappata a sedermi sotto al mio albero, a meditare. Quando i miei colleghi sono riusciti a trovarmi, ho spiegato loro che ero in crisi. La mia esperienza alla NASA è stata decisamente turbolenta a livello psicologico".

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Sinceramente non credo sia una mera questione di sensibilità. Se il tuo lavoro consiste nel decifrare le leggi dell'Universo, di tanto in tanto, un po' di inquietudine credo sia lecita.

La sonda Voyager 2 in prossimità di Urano. via NASA

Appena capisco che Loretta non è affatto lo Sheldon Cooper che temevo, l'ansia sfuma e affronto serena l'intervista. Insisto perché i miei colleghi, Tommaso e Valeria, partecipino alla chiacchierata così da contaminare la conversazione con i punti di vista di un umanista e di una femminista moderata, elevando l'intervista ad un vero e proprio simposio di eruditi.

Nel frattempo, Sofia, figliola di Loretta, disegna.

Magda Antoniazzi: Dal tuo Linkedin, perdona lo stalking, leggo che hai lavorato al Jet Propulsion Laboratory NASA dal 1985 al 1992 e, oltre che di dati, ti sei occupata di intelligenza artificiale.

Loretta Falcone: Si! Quando ho iniziato ad occuparmi di intelligenza artificiale., col mio team, dovevo creare un sistema di machine learning basato sui metodi e le conoscenze delle cariatidi NASA che si stavano ormai ritirando, ho lavorando a fianco dei saggi delle missioni Apollo!

Abbiamo elaborato degli algoritmi semplici ma funzionali, poi riutilizzati in altre applicazioni, una delle quali per classificare le galassie. I paper che abbiamo pubblicato hanno avuto un buon riscontro nella Comunità Scientifica e, trattandosi di un progetto a bassissimo budget, è stato davvero gratificante. Una bomba!

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MA: Se non sbaglio avete progettato sistemi di I.A. basati sulle reti neurali biologiche, ovvero avete creato dei modelli matematici che imitavano le caratteristiche dei neuroni viventi.

LF: Vero anche questo! Personalmente mi sono focalizzata sullo studio dei metodi induttivi. Quelli deduttivi, tipici della società occidentale, non erano sufficienti per elaborare dei modelli soddisfacenti. Ho sempre cercato di sviluppare un programma che funzionasse come la mente di un bambino, in continuo apprendimento, per questo dovevo implementare un algoritmo che rispecchiasse il modo di pensare di tutte le culture e che considerasse anche le emozioni!

Tommaso: Ah, sei una matematica emotiva.

LF: Si, si! Sono molto emotiva. Per compensare i numeri e tenere a bada i pensieri mi sono data all'arte, ho sempre ballato—Sono una ballerina classica.

"Sono contenta di non esser mai andata nello spazio, mi bastava pensare ai pianeti per andare in crisi."

T: Quindi la matematica non sta solo nella parte sinistra del tuo cervello, ha invaso anche l'emisfero creativo.

LF: I calcoli non mi sono mai piaciuti, non fanno per me. Durante la Guerra Fredda, quando avevo solo 5 anni, sono stata selezionata per partecipare ad un programma di educazione innovativo, in cui ho studiato la matematica astratta.

T: Oh, ma eri un genietto.

LF: No, non ero un genio ma sono stata molto fortunata ad aver ricevuto una formazione particolare. La matematica pratica non mi piace, spero nessuno mi chieda mai di fare una divisione, preferisco meditare!

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T: Allora sicuramente ti piace Fritjof Capra, Il Tao della Fisica?

L: Ah si, mi piacciono molto quel genere di libri! (ride)

MA: Io invece non lo sopporto! (tutti ridono) Rispetto i gusti altrui ma Capra lo detesto! Il Tao della Fisica è stato mal interpretato e strumentalizzato da tutti quei fricchettoni che usano la fisica quantistica per giustificare le cavolate new age!

LF: Su questo hai ragione.

MA: Mi fa piacere che siamo d'accordo, ma per favore, cambiamo argomento. (ridiamo) Torniamo ai tuoi anni al JPL, prima ci hai raccontato di aver sperimentato dei crolli psicologici. Non è che facendo troppi voli pindarici, sia in senso fisico che astratto, poi diventa difficile tenere i piedi per terra? Sicuramente anche gli astronauti non hanno vita facile di tanto in tanto. Che ne pensi di questo video?

LF: (ride) Purtroppo non ho lavorato a stretto contatto con gli astronauti ma confermo che gli addestramenti e le simulazioni dei voli spaziali sono molto duri, fisicamente e psicologicamente. Quando ho incontrato Neil Armstrong gli ho chiesto se avesse mai sperimentato la Sindrome dell'Astronauta (Condizione psicologica per cui si è convinti che il mondo e tutto ciò che è esperibile sia uno scherzo della propria mente, quindi non reale, NDA) e lui l'ha descritta come un'esperienza mistica, affascinante. Per quanto mi riguarda sono contenta di non esser mai andata nello spazio, mi bastava pensare ai pianeti per andare in crisi. Ogni tanto avevo bisogno di sedermi sotto al mio albero per meditare. Sulla Luna non ci potevo proprio andare!

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T: Sulla Luna potevi portare al massimo un bonsai! (ridiamo)

LF: Eh sì, viva la Terra! Comunque, col tempo, ho scoperto anche altri colleghi non se la passavano bene. Alcuni hanno avuto delle vere e proprie crisi mistiche, in pausa pranzo erano tutti là che studiavano la Bibbia in maniera compulsiva. (ride)

MA: A proposito di colleghi, che rapporto avevi con loro? Come ti sei trovata in ufficio?

LF: Essendo l'unica donna, l'integrazione non è stata semplice. Avevo colleghi molto gentili ma con altri ho avuto un po' di difficoltà. Probabilmente anche loro erano a disagio quando dovevano relazionarsi con me, ero molto femminile e non sapevano bene come rapportarsi. Personalmente, in ufficio, ho sempre tenuto un profilo basso.

MA: Ti capisco perfettamente, anch'io lavorando nell'informatica sono quasi sempre stata l'unica donna in ufficio. Gli uomini tendono a far gruppo e a volte non sanno proprio come relazionarsi con le colleghe.

LF: Sono dei cagnolini spaventati. Se non li conosci non puoi cercare subito il contatto diretto, devi avvicinarti lateralmente. Mai guardare un cane dritto negli occhi! (ride)

Valeria: Gli uomini sono stati un ostacolo alla tua carriera?

LF: A volte non è stato facile relazionarsi con loro in ambito lavorativo, ma mi piace mettermi alla prova.

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MA: Tornando alle missioni spaziali, dopo anni a studiare i pianeti gassosi, hai lavorato anche al Mars Pathfinder. Com'è andata?

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LF: Amo i pianeti rocciosi! Studiare Marte è stato bellissimo. Sai che ho lavorato ai primi prototipi del Rover che ha esplorato il suolo marziano? Era un robottino molto innovativo, dotato di un sistema di navigazione semiautonomo, in grado di evitare gli ostacoli.

Per studiare l'algoritmo di movimento un pomeriggio siamo andati in un boschetto vicino al Jet Propulsion Laboratory e, bendati, abbiamo cercato di capire quali fossero le istruzioni per non andare a sbattere contro gli alberi. Se non ricordo male il prototipo zero l'abbiamo costruito con i Lego. Ripensandoci, probabilmente sono stati i pianeti gassosi a farmi mancare la terra sotto ai piedi, lavorare con Marte è stato molto divertente!

T: Ma quindi al JPL avevate anche una sala adibita alla creatività, dove sperimentare?

LF: Macché! Là era tutto grigio, in giro c'erano solo computer e pile di fotocopie!

È un peccato perché solo stimolando la creatività e giocando con le emozioni si possono avere le intuizioni giuste. L'intuizione non è un processo lineare, arriva quando meno te lo aspetti, per questo il metodo induttivo è importante. Certo, ogni ipotesi va sempre verificata, ma se manca l'intuizione non vai da nessuna parte. Per me la scienza è sempre una questione di emozioni.

MA: Questa si che è una chiusura d'intervista coi fiocchi!

Anzi no, dimenticavo il disegno di Sofia.

Grazie mille ad entrambe.

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