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Gli uccelli sono dinosauri sopravvissuti all'estinzione

Le piccole dimensioni e la grande capacità adattiva sono state fondamentali per la sopravvivenza delle specie durante l'estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene.
Modello di un Microraptor gui. Immagine: David Krentz

È ormai nota la stretta parentela tra gli uccelli e i dinosauri, e la frequente presenza di piume sulla pelle di questi ultimi. Un recente studio dell'Università di Oxford spiega ora come abbiano fatto gli antenati degli uccelli a sopravvivere all'estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene, l'apocalisse che 66 milioni di anni fa causò la scomparsa dei dinosauri dal pianeta. A fare la differenza, dice lo studio, sarebbe stata la struttura fisica, e una grandissima capacità adattiva.

Il gruppo di paleontologi di Oxford sostiene infatti che a penalizzare le altre specie di dinosauri sia stata la loro corporatura massiccia. Seguendo questa pista, con un inedito e complesso lavoro di ricostruzione basato sui fossili di 426 specie diverse, i ricercatori hanno analizzato i mutamenti di dimensione dei dinosauri nel corso del loro intero processo evolutivo. I primi esemplari erano grandi circa quanto un grosso cane e pesavano tra i 10 e i 35 kg, ma nel corso di 230 milioni di anni alcuni, come l'Argentinosaurus, hanno raggiunto anche le nove tonnellate.

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La ricca biodiversità del Cretacico. In alto, la clade degli avialae, antenati degli uccelli. Immagine: Plos Biology

I primi volatili sono comparsi nel periodo Giurassico, dal ramo dei dinosauri Maniraptora. Lo studio evidenzia l'eccezionale diversità nelle dimensioni del corpo e la rapida capacità di adattamento nel processo di evoluzione di questo ramo. Il loro progressivo rimpicciolimento, in controtendenza rispetto alle altre specie, fa credere che l'ambiente circostante offrisse delle "nicchie ecologiche" a cui i dinosauri più grandi non avevano accesso. Un corpo di piccole dimensioni, concludono i ricercatori, sembra essere la chiave per mantenere attiva la capacità di adattarsi all'ambiente.

Qualsiasi cosa sia successa 66 milioni di anni fa, le specie di grandi dimensioni non erano nelle condizioni di affrontarla. Inoltre, osservano gli studiosi, la capacità di diversificarsi in relazione alle condizioni ambientali è più alta per i gruppi relativamente giovani, mentre le specie che hanno alle spalle milioni di anni tendono ad arrivare a un punto di non ritorno.

Gli uccelli, che abitano la terra da centinaia di milioni di anni, hanno dimostrato di avere una capacità di adattamento incredibile. Non avevano la ferocia di un T. Rex, né le dimensioni dei loro cugini Pterosauri, e sicuramente non dominavano i cieli, né la terra. Ma questo è uno dei paradossi dell'evoluzione: per quanto si tratti di un processo lento e graduale, se l'ambiente circostante muta improvvisamente, un carattere apparentemente svantaggioso si dimostra fondamentale per la sopravvivenza della specie.

L'Homo Sapiens, con le sue poche centinaia di migliaia di anni, è tra le specie più giovani della biosfera. Discende, come tutti i mammiferi, da animali non più grandi di un topo, che sopravvissero all'estinzione del Cretaceo-Paleocene proprio grazie alle piccole dimensioni e alla capacità di vivere sottoterra, per nascondersi dai dinosauri. Sapiens ha sconfitto i suoi diretti predatori, ha imparato a gestire—anche se con alterne difficoltà—i disastri naturali e ha colonizzato l'intero pianeta, e perfino il suo satellite Luna. A vederlo oggi, si direbbe che domini davvero i cieli e la terra. La domanda è inevitabile: in caso di un vero, sconvolgente cataclisma, quale dote nascosta lo salverà?