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Com'è andare in Erasmus quando hai 60 anni

Immaginate vostra madre che a 61 anni, dopo essersi iscritta a Psicologia, va in Erasmus a Madrid. Ecco a voi la signora Laura.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Nell'immaginario collettivo, l'Erasmus è un'occasione istituzionalmente riconosciuta per aggiornare la propria città e il campo riservato agli studi sul profilo Facebook, solitamente allo scopo di contrarre malattie sessualmente trasmissibili e bere birra scrausa attraverso interazioni in una lingua possibilmente diversa dalla propria. Così funziona per chi ci è stato—e chi non ci è stato dispone comunque dei racconti di un sacco di amici. O, nel mio caso, delle madri degli amici. Qualche giorno fa ho infatti intervistato Laura Peracca, la madre 61enne di un mio amico che da poco è tornata dal suo Erasmus in Spagna.

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Dopo essersi iscritta alla facoltà di psicologia tre anni fa, a un certo punto Laura ha deciso di vivere a fondo la sua esperienza universitaria e partire per Madrid, dove nel frattempo ha avuto anche il tempo di diventare un piccolo fenomeno di costume.

VICE: Com'è nata questa idea di partire per l'Erasmus passati i 60?
Laura Peracca: Quasi per caso, una sera, mentre parlavo con mio figlio. Da un paio d'anni ero tornata a studiare, iscrivendomi alla facoltà di Psicologia, e lui mi stava appunto raccontando di un suo amico che era recentemente andato in Erasmus. Scherzando gli ho chiesto se, in quanto studentessa, avessi anche io il diritto di fare domanda; lui sosteneva che non ci fossero possibilità di oltrepassare il numero chiuso a quasi 61 anni. Così ho cominciato a informarmi, scoprendo che si sbagliava: non esiste alcun limite di età per fare un'esperienza del genere. Chiaramente non avevo molte aspettative, ma quando è uscita la graduatoria mi sono ritrovata al quinto posto. Visto che progettavo di andare in pensione in anticipo, è stata l'occasione per decidermi a farlo sul serio.

Come l'hanno presa i tuoi figli quando hanno capito che facevi sul serio?
Inizialmente erano piuttosto scettici. Mio figlio mi ha detto "ma cosa vai a fare, prendi il posto a ragazzi di vent'anni. Poi ti ritroverai in un appartamento con altri studenti a rigovernare il bong e pulire continuamente la cucina e il bagno al posto loro." Dopo un po' però l'idea ha cominciato a divertirli: mi avevano chiesto anche di aprire un blog per raccontare la mia esperienza. Fino ad allora le uniche informazioni che avevo sull'Erasmus provenivano degli amici di mio figlio e dalla visione del film L'Appartamento Spagnolo: racconti di feste, condomini stipati di studenti, ed esami facili.

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E per quale motivo hai scelto Madrid? La Spagna è notoriamente la meta festaiola di tutti gli Erasmus italiani?
In realtà io avrei voluto partire per la Norvegia, ma poi mio marito—che aveva deciso di accompagnarmi—mi ha detto che in un posto dove c'era la luce tre ore al giorno non sarebbe mai venuto. In Francia c'ero già stata spesso, e quindi ho scelto la Spagna.

Quindi sapevi già che non saresti andata a vivere con altri studenti.
No. La prospettiva ipotizzata da mio figlio non mi attirava molto, quindi ho scelto di non affidarmi alla rete studentesca e mi sono trovata un'appartamento da sola. Dopo 15 giorni mi ha raggiunto mio marito.

Laura, terza da sinistra, a teatro durante il suo Erasmus a Madrid.

E a lazione, come funzionava? Voglio dire, come l'hanno presa gli altri ragazzi che erano partiti con te? Quando frequentavo l'università gli studenti di una certa età tendevano a venire isolati, e per qualche strano motivo spesso visti con astio. È successo anche a te?
Mi hanno per lo più ignorata. I professori a inizio lezione, facendo l'appello, indicavano le varie nazionalità dei presenti per spingerti a socializzare; ma i miei tentativi di intessere delle conversazioni andavano a salve.

Gli altri italiani mi liquidavano dopo i primi cinque minuti di curiosità, o mi scambiavano per una docente in incognito, e tornavano a farsi gli affari loro.Mi sono trovata molto meglio con gli studenti stranieri: brasiliani, ungheresi, coreani, ma soprattutto cinesi. I professori al contrario si sono mostrati piacevolmente colpiti dalla mia scelta, e sono stati sempre disponibili. Forse in realtà gli studenti più anziani si conquistano l'odio perché spesso hanno una tattica letale: prima fila, mano perennemente alzata e tendenza a far dirottare la conversazione. Tu come ti comportavi a lezione? Eri quel tipo di studentessa? O cercavi di non farti notare troppo?
Cercavo soprattutto di non farmi notare, perché non mi facessero domande che non avrei capito o cui non sapevo rispondere.

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E la vita fuori dall'università? Non hai partecipato mai alle serate Erasmus? Non hai comprato delle prevendite per andare a sentire Sven Vath nascondendo un pacco di Estrella nello zaino?
Ovviamente no. Non appena sono stata inserita nella mailing list hanno cominciato ad arrivarmi continuamente degli inviti a feste di ogni tipo, ma mi sarei sentita troppo a disagio. Quindi ho deciso di ignorarle completamente. Ho cominciato a seguire una scuola di teatro, e a frequentare un corso intensivo di spagnolo per stranieri. È lì che ho avuto modo di conoscere persone con cui poter visitare la città e uscire la sera.

E come passavi le tue giornate
Non avevo lezione la mattina presto, quindi potevo alzarmi con calma e vedere le notizie via internet, oppure guardare Un Posto al Sole. Poi mi avviavo verso l'università, e seguivo le lezioni. Nuotavo un'ora nella piscina del campus, pranzavo, e poi ancora lezioni. Tornando a casa magari facevo una passeggiata in centro con mio marito, e rimanevamo fuori per cena. Quando volevamo rimanere a casa la sera guardavamo una serie spagnola, El Ministerio del Tiempo.

Qual è l'esperienza più "Erasmus" che hai fatto i questi sei mesi?
Qualche "riunione" in birreria con studenti Erasmus e compagni dei corsi di spagnolo, e una cena in un ristorante cinese in un parcheggio sotterraneo.

Cosa pensavano della tua scelta le persone che ti è capitato di incontrare a Madrid?
Erano piuttosto colpite dal fatto che avessi deciso di fare questa cosa alla mia età, e spesso faticavano a credermi. Forse alcuni non mi hanno nemmeno creduto [ride].

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Alla fine però sei diventata una specie di celebrità del progetto Erasmus…
È andata così:una sera, parlando con la figlia di mio marito, è venuto fuori che un suo amico illustratore aveva saputo della mia esperienza, e le aveva chiesto di poter realizzare una striscia su di me da proporre al Corriere della Sera . Così è venuto a Madrid, l'ho incontrato, e dopo un paio di settimane il fumetto è stato veramente pubblicato. In qualche modo un redattore del giornale El Mundo lo ha visto, e ha chiesto di poterlo ripubblicare: così ho cominciato a ricevere telefonate e interviste. Un'emittente locale della capitale spagnola, TeleMadrid, è venuta addirittura a incontrarmi. Ho scoperto così di essere "la estudiante de Erasmus más veterana."

Da quello che hai avuto modo di vedere nei mesi a Madrid, gli stereotipi legati all'Erasmus ti sono sembrati veri? Gli esami sono veramente più facili? E la gente, passa veramente tutto il tempo a sbronzarsi e accoppiarsi? 
Per quanto riguarda gli esami assolutamente sì. Di quattro corsi che ho frequentato, soltanto uno si è rivelato essere più ostico. Gli unici che sembravano in difficoltà con gli esami erano gli studenti coreani e cinesi, per ovvi motivi legati alla lingua. Contrariamente a quanto si suppone, però, non ho visto—o almeno non ho avuto modo di vedere—quel tipo di lassismo festereccio interminabile di cui si parla quando ci si riferisce all'inutilità dell'Erasmus. Ovviamente tutti frequentavano le feste e si divertivano: ma erano anche sempre presenti ai corsi, e hanno superato gli esami nel migliore dei modi.

Hai qualche consiglio pratico da dare ai ventenni che stanno per affrontare l'Erasmus, al di là del divertirsi, studiare, ed evitare le malattie veneree?
Tenere occhi e orecchie bene aperti, ma non per paura, per vedere, sentire e cogliere tutto quello che un altro paese ti può regalare.

Insomma il progetto Erasmus per te ha funzionato.
Per come la vedo io, specialmente dopo questa esperienza diretta, l'Erasmus dovrebbe essere obbligatorio . Anche nel caso in cui rappresenti semplicemente una scusa per passare sei mesi a divertirsi in un altro paese. Arrivata alla fine dei miei sei mesi a Madrid sono stata presa da un grande sconforto: piangevo, perché non volevo tornare a casa.Adesso mi mancano pochi esami alla laurea, e sto valutando l'iscrizione alla magistrale. Nel qual caso, probabilmente ripartirò per l'Erasmus.

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