FYI.

This story is over 5 years old.

News

Siamo stati alla manifestazione anti-rom di CasaPound a Roma

A una settimana dall'incidente che ha tolto la vita alla 44enne filippina Corazon Perez Abordo, siamo tornati a Battistini per il presidio anti-rom di CasaPound e comitato Fenix 13.

Manifestazione a Battistini del 28 maggio 2015. Foto di D.O.O.R.

Nonostante l'argomento "zingari" sia oramai una costante della scena politica italiana, da una settimana a questa parte "la caccia al rom" sembra più viva e sdoganata che mai. Dopo l'episodio del 27 maggio a Roma nel quartiere Boccea, davanti la fermata metro Battistini—dove un'auto con a bordo dei rom ha investito nove persone e ucciso la 44enne filippina Corazon Perez Abordo—le reazioni e i discorsi d'odio hanno subito una grossa impennata.

Pubblicità

Ma il fatto di cronaca successo a Boccea ha avuto anche un'altra conseguenza: riaprire ufficialmente la stagione delle manifestazione razziste in piazza. Già il pomeriggio del giorno dopo la tragedia, comitati di quartiere supportati da Noi con Salvini, CasaPound, Fratelli d'Italia e altre formazioni di destra avevano convocato un presidio davanti la stazione della metropolitana.

Almeno formalmente, il sit-in era stato organizzato in solidarietà alle vittime dell'impatto del 27 maggio, salvo poi trasformarsi in un revival del Duce, a poca distanza dalla veglia di preghiera della comunità filippina. Tra tricolori, inno di Mameli e saluti romani, i commenti e gli interventi tipo del pomeriggio erano stati "Noi i rom non li vogliamo," "Marino porta gli zingari a casa tua" e "Diamo fuoco ai campi rom". Nei marciapiedi circostanti al presidio, chi applaudiva lo faceva asserendo che "gli zingari sono come i topi."

Pochi giorni fa, ossia la mattina dell'arresto dei due ragazzi rom che si trovavano a bordo della macchina che ha investito la 44enne, sono andata a Battistini e ho fatto un giro per il quartiere man mano che si diffondeva la notizia della cattura. Dopo aver sentito un paio di commenti di cauta soddisfazione sono finita al centro di un'animata discussione all'interno di una pizzeria da asporto.

Qui il titolare mi ha rassicurato sul "non essere razzisti, ma arrabbiati" e nel frattempo ha anche proposto la soluzione: "In questi casi io farei solo una cosa: 'sti due ragazzi li consegnerei ai parenti della vittima. Li darei a loro, finché non sono soddisfatti. Almeno ci sarà un po' di giustizia." Un commento che stride non poco con quello rilasciato dal fratello della 44enne uccisa, che ha dichiarato di non provare odio nei confronti dei due ragazzi rom.

Pubblicità

Messa così potrebbe sembrare che, nell'ultima settimana, questa parte di Roma si sia trasformata nella centrale dell'odio. In realtà il terreno per discorsi razzisti nel nostro paese sembra essere parecchio fertile. Secondo una ricerca pubblicata il 2 giugno dal Pew Research Center, gli italiani non brillano per tolleranza verso le minoranze, in particolare quando si parla di rom: l'86 per cento della popolazione li vede con sfavore.

Il pomeriggio del 2 maggio è iniziato a circolare l'annuncio di un nuovo presidio alla stazione metro Battistini organizzato dal comitato Fenix 13 e CasaPound. Stavolta, sparito ogni intento solidaristico, il proposito della manifestazione è chiaro fin dall'inizio: "Per chiedere con forza la fine di questa sciagurata politica buonista, per ribadire ancora una volta che le Istituzioni hanno il DOVERE di difendere PRIMA GLI ITALIANI, per non dover piangere altre vittime domani scenderemo in piazza e urleremo un secco e deciso NO AI CAMPI ROM, SENZA SE E SENZA MA!." Contemporaneamente, i centri sociali e i movimenti hanno convocato un contro-presidio per protestare contro "lo sciacallaggio" di CasaPound.

Insieme all'annuncio del presidio dell'estrema destra è uscita anche la notizia di due cassonetti bruciati—forse con il lancio di molotov—la notte precedente fuori dal campo nomadi La Monachina, dove risiedevano i due ragazzi arrestati.

Quando ieri sono arrivata a Battistini, circa un'ora prima dell'orario fissato, sono stata accolta da svariate camionette delle forze dell'ordine. Nel marciapiede di fronte a quello della stazione metro dove si sarebbe svolto il presidio di CasaPound, poco più di un centinaio di manifestanti cantavano cori contro la Lega e i fascisti, dietro lo striscione "Solidarietá per Corazon e per tutti gli immigrati, Casapound sciacalli." "Non possiamo permettere che vengano qui a speculare contro la morte di una donna immigrata e a seminare odio," mi ha spiegato una ragazza.

Pubblicità

Foto dell'autrice. Via

.

Dopo circa un'ora la polizia ha iniziato a intimare ai manifestanti di spostarsi perché il presidio non autorizzato "bloccava la circolazione": "Vi chiedo di disperdervi, altrimenti saremo costretti a farvi allontanare," ha intimato un funzionario. In realtà il presidio—non così numeroso—era stretto dentro il marciapiede e non intralciava la strada. Dopo numerose richieste, i manifestanti hanno iniziato a spostarsi. Esattamente in quel momento è partita una carica a freddo, e la gente è stata "accompagnata" dalla polizia 300 metri più in là a suon di spintoni.

Poco dopo, tra tricolori al vento e striscione di rito "Alcuni italiani non si arrendono," CasaPound è arrivata nel piazzale della stazione della metropolitana. A separare il presidio dalla fine della strada dove sono stati confinati i centri sociali, tre camionette della polizia, un cordone di agenti. La fermata del bus dove è morta Corazon Abordo, piena di messaggi e fiori, stavolta è completamente ignorata dai "comitati di quartiere."

Aggirandomi per la strada alla ricerca di un posto dove ricaricare il cellulare, sono riuscita a incassare solo rifiuti. Tutti i commercianti stavano chiudendo bottega. "Non ne voglio sapere niente di queste manifestazioni politiche, tanto io non voto," mi ha detto il proprietario di un bar. In quel momento ho capito una cosa: al quartiere dei presidi non importava nulla. Infatti, di lì a poco tutte le saracinesche si sono abbassate e via Mattia Battistini ha assunto la fisionomia di una qualsiasi strada di città il pomeriggio del 15 agosto: deserta.

Pubblicità

Nonostante questa volta non ci sia stata letteralmente l'ombra di un residente, i ragazzi di CasaPound hanno ripetuto più volte di essere scesi in piazza "per una manifestazione popolare" e "a fianco dei cittadini di Boccea."

"Siamo qui a difendere il nostro popolo come abbiamo sempre fatto. Non siamo razzisti, noi guardiamo la realtà. Non c'è bisogno di un fatto eclatante, si vede cosa fanno i rom. I nomadi devono nomadare," ha detto al megafono Simone Montagna di Fenix 13, che ha provato a far accennare ai suoi un coro: "Siamo noi, siamo noi/scudo e spada dell'Italia siamo noi." Poco dopo è stato il turno di Simone Di Stefano, vicepresidente di CPI e reduce dalla candidatura in Umbria con Sovranità, che ha detto che vanno aiutati prima gli italiani, "poi forse gli altri," e che "i rom stranieri vanno espulsi, quelli italiani vanno educati."

Le cose da dire sono finite in fretta, e i discorsi al megafono assomigliano a quelli di una settimana fa: "I rom devono andare a casa"; "Vogliamo le ruspe"; "L'immigrazione clandestina ci sta uccidendo." La differenza è che stavolta non c'era nessuno da aizzare e nessuno ad applaudire. In piazza ci saranno state sì e no sessanta persone. Dopo due cori e qualche foto di rito il presidio si è sciolto dopo un'ora scarsa.

Foto dell'autrice. Via

.

Nella giornata di ieri il Messaggero ha pubblicato la notizia di un'aggressione in pieno giorno nei confronti di un cittadino rumeno nel centralissimo quartiere di San Giovanni. Tre romani vicini all'estrema destra lo hanno rincorso con bastoni e cocci di bottiglia urlandogli "Sporco rumeno, vattene via," tanto da costringerlo a nascondersi nel bagno di un panificio. Una volta raggiunto, hanno provato a colpirlo con un coltello, provocandogli una parziale amputazione di due dita.

In un'intervista uscita stamattina, la vittima ha anche detto che, sebbene in strada fosse "pieno di gente," "nessuno ha detto o fatto nulla. Sono rimasti immobili, mentre questi ragazzi hanno iniziato a picchiarmi."

L'episodio—se si fa eccezione per la pura cronaca—è stato praticamente ignorato da media, politica e opinione pubblica, e la giornata è andata avanti come se nulla fosse successo. E come se non ci fosse alcuna correlazione con il clima degli ultimi dieci giorni.

Segui Claudia su Twitter: @clatorrisi