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Demented parla da solo

Elio extravergine di Oliva

Sandro Oliva è uno dei veri pionieri del rock demenziale, ma chi è più Zappa tra lui ed Elio?

Illustrazione di Simone Tso.

Li vediamo spuntare ovunque: in tv, al primo maggio, a Sanremo, nei varietà. Sono considerati gli unici esponenti ancora in regolare attività—e gli unici ad aver veramente raccolto—dall’ondata del rock demenziale tanto in voga fino agli anni Novanta. Ma se leggi le interviste affermano che non vendono un disco, dicono di non fare politica in senso stretto ma Mangoni si è candidato con Pisapia, si lamentano dei talent show ma continuano a farne, scrivono una canzone di satira feroce sul Primo Maggio e però vi partecipano ogni anno. Qualcosa non mi torna: non è che il demenziale si stia andreottizzando? E forse non è un caso che L’album biango, il nuovo disco di Elio e le Storie Tese (il complessino di cui stiamo parlando) sia uscito proprio il 7 maggio, il giorno dopo la morte di Andreotti, famoso non solo per i suoi insabbiamenti ma soprattutto per l'humor sagace. Di questa materia che mi sta a cuore per evidenti ragioni di nickname andiamo subito a parlare con un vero pioniere del rock demenziale, tuttora in attività e con un disco di prossima pubblicazione in Giappone (nello specifico la ristampa di Living with a moustache (1989) e Who the fuck is Sandro Oliva?!?, su etichetta On Records). Stiamo parlando del maestro Sandro Oliva, associato nel mio immaginario alla rivista Fare Musica, sulla quale in tenera età sbavavo per i gear ivi pubblicati e che lo decretò all’epoca (fine anni Ottanta) come miglior artista indipendente italiano di sempre. Andiamo a sentire di cosa ci parlerà da solo.

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VICE: Ciao Sandro, innanzitutto volevo farti la solita domanda stupida per cominciare. Quando e perché hai iniziato?
Sandro Oliva: Ho cominciato a suonare la chitarra a 12 anni nel 1966, vuoi perché andava di moda (si era al culmine dell’era beat), vuoi perché avevo visto che quelli più grandi (13/14 anni) con il loro primo complessino scolastico rimorchiavano le ragazzine (eravamo alle medie). E a me ne interessava una in particolare [a quei tempi calcolare 12/13 anni = 14/15 di oggi; non perché fossimo geneticamente più evoluti, ma perché cosi erano i tempi]. Subito dopo però presi REALMENTE gusto nella musica (Beatles, Rokes, Stones, Equipe..) e nella chitarra, interesse che da allora è rimasto intatto. Iniziai anche a scrivere canzoncine a imitazione dei successi (beat) correnti, registrandole traccia su traccia col registratore di mio padre, che permetteva tale tecnica. Sperimentai così un gran numero di stili, come voleva la moda dell’epoca. (Da bimbo a casa mia si ascoltavano Renato Carosone, Fred Buscaglione e il Quartetto Cetra, tutti veri funamboli nel passare da uno stile all’altro, anche all’interno dello stesso pezzo. Inoltre in quello stesso 1966 esisteva un complesso chiamato “I Balordi”, i quali suonavano abbigliati in modo strano, e il loro “successo”, Vengono a portarci via ah! aah, cover di un brano americano, era veramente “FUORI”. Protodemenziali).

Sei considerato uno dei pionieri del rock demenziale italiano. Già coi FUNGO! nel 1980 era evidente la tua vena surreal/grottesca, ma più che gli Skiantos il tuo punto di riferimento era Frank Zappa e forse i Bonzo Dog Doo Dah Band: quindi più comedy rock, se vogliamo… anche se con suoni  new wave. Poi cosa è successo?
Nel 1968 (14 anni) un amico mi fece ascoltare Freak Out di Frank Zappa, che dopo l’orgia di musica psichedelica dell’anno precedente non mi impressionò poi molto. E inoltre la stampa italiana consisteva in un singolo LP, per cui tutta la parte più FUORI era stata tagliata, lasciando dentro canzoni vagamente bizzarre, ma dal sound datato (con una sola eccezione che vedremo). Quando nell’autunno uscì il doppio bianco dei Beatles però una lampadina si accese, precisamente all’ascolto di "Revolution 9". Il collegamento con "Help, I'm a rock" fu istantaneo, e andai subito a cercare nei negozi qualcosa del chitarrista americano, dei cui pittoreschi compagni avevo avuto una rapida visione sulla cover di We're only in it for the money, unica copia in vendita subito sparita [non sapevo che ANNI DOPO li avrei avuti come colleghi musicali]Iniziai allora a collezionare faticosamente tutti i loro dischi che man mano uscivano, e a cercare quelli vecchi, ma a parte Freak Out, per un paio di anni mi dovetti accontentare di raccolte. Cominciai anche a sperimentare canzoncine un po’ più elaborate (assieme a caotici collage sonori sulla scia di "Revolution 9"), ma il modello era sempre derivato dall’eclettismo dei Beatles e altre band inglesi (proprio allora nascevano appunto i Bonzo Dog, i Move e altri). Nel frattempo continuavo a suonare cover con i complessini che mettevo su, e con il passare degli anni i generi cambiavano: il primo Hard Rock, il primo Prog, poi i Beatles che si separano…E, con molto ritardo, vengo a sapere che anche i Mothers of Invention si erano sciolti (proprio mentre stavo faticosamente riuscendo a ricomporne la discografia). Credo che sia stato il dispiacere di non avere più le due band che maggiormente amavo, che mi spinse a tentare di riempire con il FAI DA TE il “vuoto affettivo” della mia vita musicale. Cominciai a comporre cose sempre più elaborate (nel frattempo sapevo SCRIVERE MUSICA, avendo frequentato un corso di composizione di un anno): brani principalmente strumentali (inclusi alcuni orrendi pezzi dodecafonici), e un paio di pezzi cantati che ancora adesso mi porto appresso). Ma non sognavo neanche lontanamente di mettere su una band per portare in giro questa musica, perché le poche frustranti esperienze in questo senso mi avevano convinto che non fosse un progetto attuabile.

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Fino a che nell’estate 1973, Zappa in persona decise di venirmi a trovare con il suo primo tour italiano. Decisi di vederlo anche a Bologna (dove riuscii persino ad avere un suo autografo, dopo aver parlato a lungo con uno dei suoi musicisti, Bruce Fowler) per poi tornare subito per la data di Roma.
Questi due concerti (da me registrati e scientificamente studiati per settimane) cambiarono radicalmente le mie idee su quello che era possibile suonare live, per cui mi misi subito alla ricerca di musicisti con adeguata tecnica e, possibilmente, lettura. Dopo aver scritto un altro mucchio di nuovi brani, ebbi la fortuna di incontrare Piero Avallone, batterista di un paio di anni più grande, che aveva suonato con Baglioni ma che al momento frequentava come me l’ambiente del Free Jazz romano.
La band che mettemmo su fu la prima formazione del “FUNGO! (Insieme Musicale Abnorme)!”, che comprendeva una sezione fiati e suonava esclusivamente musica strumentale (principalmente in rassegne jazz cittadine). Nel 1974, quando il gruppo cominciava a farsi un seguito a livello locale, e a essere citato sulla stampa (non solo in cronaca di Roma, ma anche su Ciao 2001), la Patria cominciò a interessarsi a noi, e prima il trombettista, poi io stesso e infine il bassista, fummo costretti a indossare la divisa. Quando tornai a fine 1975, dovetti cercare altri elementi (i fiati risucchiati da un’orchestra jazz, il batterista nel Canzoniere del Lazio), e nel frattempo non mi rimase che esibirmi in veste solista al Folkstudio di Roma. Per l’occasione scrissi un gran numero di brani cantati con testi satirici e/o surreali, e fu con questo repertorio, in versione elettrica, che la successiva versione del “FUNGO!” acquistò la fisionomia musicale definitiva. Con gli anni poi ho sempre aggiornato la “veste” sonora, accogliendo di volta in volta stili e cornici sonore del momento (punk, new wave, reggae, grunge, disco, hip-hop, e via dicendo, senza dimenticare mai radici jazz e classiche del Novecento, che però spesso escono alla luce in ambiti inaspettati).
Il percorso di Roberto “Freak” Antoni e dei suoi compagni di avventure e il mio, invece, sono stati sicuramente paralleli, ma ben separati.
Stessa età e formazione culturale simile hanno sicuramente giocato un ruolo nel maturare alcune somiglianze nel modo di porsi, con due grandi differenze: loro musicalmente si rifacevano al Punk, davano maggior spazio alla provocazione che non alla musica: io operavo al contrario. E, secondo una lezione che avevo imparato da illustri maestri, se provocazione era, serviva a mettere in risalto (o addirittura a PROMUOVERE) la Musica.
Grande stima per Roberto Antoni e i suoi (una volta mi invitò sul palco per un bis. Il quale consisteva in me che salivo, venivo presentato, e me ne andavo via!). Spero che prima o poi si faccia qualcosa insieme, è un artista che apprezzo veramente.

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La svolta, secondo me, arriva col progetto seguente ai FUNGO!: ovvero i Blue Pampurio's. In questo caso anticipi di molto il discorso che poi troverà consenso popolare con Elio e le Storie Tese. Una perfetta fusione tra punk, new wave e Zappa tre anni prima che uscisse il primo album di Elio (siamo nel 1986). Aria malsana è un album profetico a mio parere.
Il primo LP Papù, registrato nel 1980 per una indie milanese e mai pubblicato, era un calderone di stili e mutazioni di ritmi, con testi satirici e surreali, veramente fuori dal panorama New Wave dell’epoca (spero prima o poi di rintracciare i nastri, di cui ho solo una copia su cassetta, per ripubblicarli). Anche la “Fase 2” del progetto, col cambio di nome nel 1986 in “Sandro Oliva & the Blue Pampurio’s” nasce con quello stile composito, riprendendo e continuando con parte del repertorio (e anche dei musicisti) la fase precedente. Che sui primi due dischi  (1987 e 1989) non sia presente la parte più strumentale, è stata una scelta in parte casuale, in parte di marketing (era il periodo delle indie rock, e mostrare anche un lato più elaborato non sembrò opportuno a chi scelse i brani). Anche per questo mi restò addosso l’etichetta del Rock Demenziale, quando dal vivo l’orizzonte era molto più ampio. E, guarda caso, mi fu appioppata proprio quando avevo superato da anni pantomime e travestimenti che usavamo a fine anni Settanta con il “FUNGO!” (all’epoca seguivo molto anche i Tubes).
Quindi non ho anticipato gli Elii di tre anni, ma di molto molto più (d’altronde ho anche SVARIATI ANNI DI VANTAGGIO!).

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Tornando ad Elio, non capisco se ti vada a genio o no. Pensi che sia un” furbacchione” oppure riconosci il suo valore musical/concettuale come qualcosa di originale?
Ebbi modo di apprezzare da vicino la band nel 1994 quando partecipai coi Grandmothers ad un concerto in piazza Duomo a Milano in memoria di Zappa.
Ovviamente c’erano anche loro, che, già noti ma non troppo famosi, suonavano sotto falso nome cover del Defunto. Bravissimi, per una volta fecero solo ottima musica, con una maestria tecnica veramente notevole. Parlai anche con il loro sassofonista (Feiez, ora scomparso), invitandolo sul palco per un solo con noi che chiudevamo la serata. Lui si schernì  dicendo che non si sentiva all’altezza (e si vedeva che non se la tirava, anche se aveva clamorosamente torto). Li conoscevo bene perché anni prima ero stato assiduo spettatore della trasmissione notturna Lupo Solitario, un cult anni Ottanta con tutta la banda del Gran Pavese Varietà (Roversi, Syusy Blady, Gemelli Ruggieri, Vito), che tutte le sere imperversava su Italia 1, con una creatività molto underground. Ospiti musicali fissi i già noti Skiantos, più Elio e Le Storie Tese, del tutto sconosciuti fuori Milano (seppi anni dopo che avevano previsto ME come terzo ospite, ma che non mi avevano potuto rintracciare perché momentaneamente fuori dal giro a causa di una FATWA, e perché inoltre avevo appena cambiato telefono).
Allora Elio e Le Storie Tese erano evidentemente un fenomeno da cabaret più che musicale.
Basavano le loro vere e proprie gag sui testi strampalati e sulla verve di Elio (allora molto poco intonato). Accompagnati da una drum machine approssimativa e un chitarrista sempre scordato (dubito fosse l’attuale), generavano però una simpatia istantanea per la loro spontaneità “da strada”, lontana anni luce dalle forme degli anni successivi: magistrali sofisticherie musicali chiuse in se stesse, a supporto di testi molto ben congegnati, ma furbamente ammiccanti a un pubblico desideroso di regressione all’adolescenza: i perfetti successori degli Squallor, mutati i tempi e il pubblico di riferimento, meno anziano e più sofisticato. Non li considero una band ROCK, anche in quanto le forme musicali da loro adottate sono quelle della moderna MUSICA LEGGERA ITALIANA, formato sanremese (non a caso hanno partecipato diverse volte alla rassegna meno rock che esista). Forme che hanno in generale da tempo inglobato alcune sonorità (specialmente chitarristiche) di questa ormai defunta espressione musicale, ma sempre a livello epidermico e mai sostanziale.
Anche l'obiezione che TRATTASI DI SATIRA o PARODIA, non regge. L'eccessivo compiacimento nel parodiare uno stile, con la ripetizione continua porta all'identificazione con il supposto bersaglio, che viene così inglobato e fatto proprio, "sdoganandolo".
O viceversa.

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La cosa buffa è che mentre Elio ha collaborato con membri dell’entourage di Zappa in tempi molto recenti, tu addirittura sei stato chiamato a sostituire Zappa dagli stessi Mothers nel periodo della loro reunion, e ci sei stato per anni.
Il continuo aggancio a Zappa che si fa con E&LST (a dire il vero più dai media e dal pubblico che da loro stessi) deriva da un equivoco di fondo, forse lasciato crescere dalla band per pigrizia o convenienza (e anche perché in fondo Zappa gli piace veramente). L’equivoco è quello di far risalire a Zappa tutto ciò di “strano” e “composito” venga presentato in campo musicale.
In passato (QUI DA NOI, e su una certa rivista storica) è stato compiuto questo errore nel recensire di volta in volta gli Henry Cow, i Tubes, e perfino Todd Rundgren.
Evidentemente i recensori non avevano vedute abbastanza larghe da capire che quella dei PASTICHES musicali (magari con vocine accelerate, o strumentali con continui cambiamenti di metro e stile) non era una prerogativa solo zappiana, e che all’estero inoltre c’era una tradizione di COMEDY MUSIC che da noi, pur se praticata (Brutos, Carosone, Buscaglione, Quartetto Cetra etc..), non ha mai avuto un nome e un mentore dichiarato, come fu Spike Jones per il mondo anglosassone. LUI è stato il vero padre dello Zappa più istrionico, dei Bonzo Dog, e dei succitati italiani. Ma se i medley musicali sono un ingrediente, e la comedy music (che spesso se ne serve) un altro, per paragonare qualcuno a Zappa (che rimane comunque un monolite senza eredi) servono almeno altri due fattori, quelli fondamentali negli interessi del Nostro: le avanguardie e neoavanguardie del Novecento Classico, e il jazz moderno del dopoguerra. Con in più una spolverata di oriente, nella fattispecie quel Ravi Shankar che Jimmy Carl Black mi disse Frank ascoltava avidamente nel periodo in cui stava formando il suo stile chitarristico (prima era stato un buon accompagnatore, ma un mediocre solista, per questo aveva sempre un altro chitarrista nelle prime formazioni dei Mothers).
Tirando le somme, in Elio & co trovo ancora meno Zappa che in Steve Vai, il quale ne ha anche lui ereditato ALCUNI canoni compositivi, che però, privi delle altre componenti, formano (a mio avviso) un magistrale ma sterile esercizio calligrafico:  NO HUMOR, NO ZAPPA (e comunque Vai è più erede di Satriani che di Frank).
Forse mettendo le due esperienze in un frullatore e shakerando bene, uscirebbe qualcosa di vagamente somigliante agli stilemi zappiani.
Sic stantis rebus, abbiamo invece dei derivati parziali, autonomi e indipendenti, a cui però è difficile riconoscere una derivazione, eccetto in alcuni particolari riconoscibili solo da orecchio esperto. Quindi gli Elii sono un notevole fenomeno sulla scena nostrana, ma occupano uno spazio più nell’intrattenimento di qualità, che nel panorama strettamente musicale (e non è una diminutio, semmai una precisazione di ambito territoriale).

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Per quanto riguarda le collaborazioni con i Reduci, devo precisare che parecchi ex-musicisti di Zappa sono un po’ delle puttane, li paghi (non poco) e loro accorrono felici di essere di nuovo alla ribalta.
Tutte le cover band zappiane se li contendono, al punto che alcuni hanno ormai pericolosamente inflazionato la loro immagine. Non avendo io interesse per tributi e cover, e con un mio progetto da portare avanti, ho percorso esattamente la strada opposta. Nel 1973 conobbi casualmente Jimmy Carl Black dei Mothers Of Invention, e oltre a un’amicizia nacque una collaborazione che avrebbe dovuto portare alla nascita dei “Black Olive” (registrammo anche due brani, uno dei quali sarà incluso nella ristampa giapponese di due miei vecchi lavori, in uscita prossimamente).
Quando invece decise piuttosto di riformare i Grandmothers con Don Preston e Bunk Gardner, dopo aver esaurito un impegno con un altro chitarrista, chiamò il sottoscritto per completare la band.
La collaborazione con loro negli anni mi ha portato a collaborazioni con altri musicisti ex-Zappa, come Tommy Mars, Ike Willis, oltre a Motorhead Sherwood, altro ex-Mothers, e a Essra Mohawk, cantautrice ed ex corista dei MoI (nonché convivente di Zappa per un breve periodo). Queste collaborazioni sono avvenute spontaneamente e nell’ambito di una reciproca cortesia da “colleghi”. Devo anche aggiungere che quando mi fu chiesto di unirmi ai Grandmothers, vennero richieste oltre alle mie capacità chitarristiche, anche quelle di autore, per cui da subito immettemmo nel repertorio anche materiale mio, o da me riarrangiato. E ottenni di avere delle sezioni in cui dirigevo la band in improvvisazioni “guidate”, alla maniera di Zappa ma secondo canoni miei personali.

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Come mai a livello commerciale non hai avuto lo stesso successo degli Elii? C’è dietro un complotto? Sopra mi accennavi appunto ad una FATWA..
Negli anni Settanta trovai due discografici interessati a promuovere i miei progetti.
Purtroppo il primo (nome di rilievo nella storia della discografia italiana), dopo la firma del contratto (e molte chiacchiere sul mettere su uno show con coreografie e altro), non diede seguito alla cosa, e finimmo col registrare provini su provini che non avevano mai l'ok della Casa Madre. Quando intervenne il secondo operatore (più dentro a questo discorso musicale, ed entusiasta di far nascere anche in Italia qualcosa del genere), l’altro non VOLLE lasciarci liberi, e non se ne fece niente.
Quando un anno dopo mi arrivò finalmente la liberatoria, il secondo treno era già sparito all’orizzonte.
E ancora, nei primi anni Ottanta un nuovo interessamento di diversi discografici e produttori non ebbe mai seguito per veti incrociati (e anche per qualche Big in malafede che fece solo perdere tempo in inutili trattative tra avvocati). Rifiutai anche di partecipare a un Sanremo perché non convinto del piano promozionale, che voleva snaturare del tutto la mia immagine (il NUOVO CELENTANO?!?!?). Pur non avendo alcun contratto con chi avanzò la proposta, ne ebbi in cambio una fatwa che, con un ignobile passaparola, mi mise fuori dal circuito musicale nazionale.
Purtroppo il momento magico era passato: le major erano interessate solo in cantautori e le indie in band di tendenza. E comunque l’ambiente discografico si era dimostrato così in mano a VERI IDIOTI, che fu quasi un sollievo non farne parte.
Il motivo per cui non ho avuto una produzione discografica adeguata sta nella connotazione “difficile” della mia musica, poco rinchiudibile in gabbie “di genere”. Quando provarono a rinchiudermi nel recinto del “Rock Demenziale”, credo che bastarono alcune esibizioni live per chiarire che di ciò non si trattava, bensì di musica d’ascolto, e anche abbastanza impegnativa. Le numerose richieste che avevo in quell’epoca, non tardarono a diradarsi: “QUESTO NON FA RIDERE, FA ASSOLI. E DIRIGE SASSOFONISTI.”
Poco Demenziale.
Anche la successiva assenza dalle scene nostrane per dieci anni, non ha giovato. Del fatto che nel frattempo fossi impegnato con una band storica in tour europei e USA non è mai trapelato nulla qui da noi, rendendomi alla fine di questa esperienza, un estraneo in Patria.
Grazie, Media.
Anche della morte di Zappa, avvenuta mentre ero in tour con i Grandmothers, altri hanno saputo trarre vantaggio, ponendosi come  depositari (locali) della riproposizione del Verbo. Va bene così, non era questo il mio scopo. Come non lo era il fare da prezzemolo televisivo, tra Caroselli, Talk Show, Talent Show, Sanremi Show, e Concertoni Show.
Sempre a dover FAR RIDERE.

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Non sarà stata mica la tua innata somiglianza con Zappa a scoraggiare i produttori? Ti hanno mai accusato di essere un mero epigono dell’americano?
No, questo no. Rileggendo la mia rassegna stampa (anni Settanta/Ottanta, primi Novanta) anzi sono stato sorpreso di notare come si mettesse sempre in luce l'originalità del mio progetto, pur con le dovute ascendenze zappiane. Ma allora non si era in epoca di tributi, di cover e di immedesimazioni nelle vite dei musicisti preferiti. Evidentemente era normale il rendersi conto che tutti abbiamo influenze da artisti precedenti, così come i Beatles non venivano accusati di essere epigoni di Buddy Holly o degli Everly Brothers. Si apprezzava il progetto originale, in quanto tale. Oggi evidentemente non è più così, per apprezzare qualcuno bisogna che abbia un riferimento storico con cui identificarlo. E poi, per parafrasare una vecchia intervista in cui chiesero a Benigni se non si sentisse il Woody Allen italiano, e a cui lui rispose di sentirsi piuttosto la Anna Magnani svizzera: più che lo Zappa italiano io mi sento il Tony Cucchiara australiano.

Mi sembra che ultimamente il rock demenziale stia sparendo. Ci sono veramente poche band del genere oggidì, e non tutte fanno ridere/pensare, mentre fino agli anni Novanta ce ne erano una caterva. Forse perché ora la demenza è al potere e quindi è necessario cambiare il messaggio oppure semplicemente il demenziale è diventato semplice ritorno al calembour, cosa che trova spazio anche in altri generi non propriamente rock?
Sulla fine del Rock Demenziale, è mia opinione che ad essere MORTO (e non da poco) è proprio IL ROCK. Oramai esiste solo come rivisitazione di questo o quell’altro stile del passato, senza innovazioni e soprattutto senza le motivazioni e l’habitat sociale che del Rock è stato parte fondamentale. Il Demenziale, come il Prog, sono in via di estinzione in quanto lo è il Fiume principale. Loro sono solo affluenti minori (solo il Metal ancora resiste, peraltro senza innovazioni significative).
Oltre tutto, gli elementi del Demenziale si sono travasati in ogni dove, soprattutto in TV.
E la carica “eversiva” è ormai depotenziata dalla mancanza di regole e freni che caratterizza la società contemporanea. Che cosa vuoi trasgredire quando tutto intorno è un inno alla trasgressione continua e centrata su di sé? Tutto si riduce perciò a Parodia, Calembour, Mezza Satira Ma Non Troppo, senza veramente minacciare alcunché. Veramente eversivo oggi è il riformismo ragionato, in mezzo a estremismi di ogni genere (tu mi descrivi politicamente combat, ma vengo considerato in modo molto diverso a seconda da QUALE delle opposte posizioni vetero estremiste mi si consideri).
Si sono spesi molti anni per distruggere vecchie regole (e, ahimè, non proprio quelle che andavano abbattute), senza però ricrearne di nuove e più efficaci in loro sostituzione. Deregulation totale (anche nella musica, è dal 1977 che nel Rock cantare intonati è un optional). E non è che la demenza sia al Potere (il Potere è sempre LUCIDO, se no non si perpetuerebbe così a lungo). La “Demenza” È FUNZIONALE al Potere (basta guardare le dosi massicce immesse nelle reti Mediaset, ma non solo).

In effetti dopo la morte di Andreotti non ci sono più certezze. Anche il rock demenziale sta facendo la stessa fine dell’ex corrosivo e spiritosissimo Divo?
Per il futuro non so cosa ci aspetti, ci sarà prima o poi una rinascita, ma non posso certo prevedere quando, e soprattutto COME. Di sicuro, non rinasceranno i vecchi generi. E non è neanche detto che un nuovo Rinascimento artistico avrà di nuovo la Musica come mezzo di espressione di massa (oggi la Rete occupa tempo ed energie che nei miei anni verdi dedicavamo proprio all’ascolto e alla pratica musicale). Vedremo.
Anzi, VEDRETE.
Nel frattempo torno a MIXARE, ho un nuovo compressore valvolare da mettere alla prova.

Ok, ho un’ultima domanda: se ti dico GINA LOLLOBRIGIDA?
Ha influenzato TEEN-A-PEEK-A!

Demented Burrocacao è una nostra conoscenza di lunga data, e per VICE si occupa di recensioni, reinterpretazioni e altra musica. Una volta si è anche fatto intervistare. Come avrete capito, questa è la sua nuova rubrica. 

Settimana scorsa: Memorie random sui Daft Punk