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Perché siamo tutti così fissati coi paragoni tra Berlusconi e Trump?

Ultimamente si parla molto di Donald Trump come del Berlusconi americano, ma è davvero così o sono gli italiani che non vedono l'ora di sentirsi meno scemi per aver eletto Berlusconi tutte quelle volte?

Ultimamente su alcune testate americane sono usciti diversi articoli scritti da italiani che parlano di come Donald Trump sia una sorta di versione americana di Berlusconi: questo, per esempio, dove "un'italiana che è sopravvissuta a Berlusconi" avverte gli Americani che è ora di prendere sul serio Donald Trump; oppure questo in cui li si avvisa di "prepararsi al bunga bunga."

Non si tratta di un paragone nuovo, ma la frequenza con cui è stato riproposto e condiviso mi ha portato a farmi qualche domanda. Perché tutta quest'ansia nell'affiancarli? Per sentirci importanti e poter dire che c'eravamo arrivati prima? O per sentirci meno soli? In un certo senso, infatti, sembra che molti italiani non aspettino altro che vedere Donald Trump nello studio ovale così da sentirsi meno scemi per aver eletto Berlusconi tutte quelle volte. È come se non ci sembrasse vero di poter finalmente esorcizzare quell'esperienza imbarazzante che è stata vivere in Italia nel ventennio berlusconiano, trasformandola in una miniera di consigli utili ora che tocca a un altro popolo e a un altro paese vivere qualcosa di (forse) simile.

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Per quanto da italiano non mi riesca affatto difficile capire capire dove sia l'attrattiva di tutto questo, le fondamenta su cui si basa questo ragionamento non mi sembrano necessariamente solide. Donald Trump è davvero così tanto simile a Silvio Berlusconi? O la narrativa che lo vorrebbe tale è alla fin fine campata in aria, costruita ingigantendo qualche minima similitudine reale?

A mio parere si tratta di un dubbio legittimo, specie dopo le discussioni degli ultimi giorni su come Trump sia fondamentalmente un antidemocratico, un fascista che ritwitta frasi attribuite a Mussolini e dorme con un libro di Hitler sul comodino. Per dire: persino il New York Times è arrivato a parlare di Trump come di una minaccia per la democrazia negli Stati Uniti, eppure al momento questo genere di analisi sembrano ancora assurde e superficiali. Non potrebbe essere lo stesso per quanto riguarda i paragoni con Berlusconi?

È vero, a prima vista Trump e Berlusconi hanno molte cose in comune. Sono entrambi molto ricchi, sono entrambi due outsider provenienti dal mondo dell'imprenditoria ed entrambi hanno spettacolarizzato la politica e avuto vita facile contro avversari incapaci di rapportarsi con il pubblico in modo "televisivo"—un mezzo che, tra l'altro, sia Trump che Berlusconi hanno sfruttato di più e meglio degli altri fin dall'inizio della loro carriera di politici.

Allo stesso modo, entrambi hanno cercato di sfruttare a loro vantaggio un periodo di crisi politica e disillusione generalizzata puntando sul loro carisma, sulla loro forte personalità e sul fare promesse rese credibili proprio da queste due cose. Come ha scritto qualche giorno fa Roger Cohen su New York Times, "parte del pericolo rappresentato da Trump sta nel fatto che è riuscito a catturare un certo tipo di irredentismo americano, un desiderio di riavere qualcosa—potere, fiducia, ricchezza—che molte persone sentono di aver perduto."

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Se da una parte ciò è vero anche del modo in cui Berlusconi e Forza Italia si sono sempre presentati agli occhi dell'elettorato, dall'altra bisogna anche dire che non si tratta di una vera e propria similitudine, ma soltanto di un tipo di retorica che per germogliare ha bisogno di un contesto adatto e dei giusti campioni. Più che dirci qualcosa su Berlusconi o Trump, quindi, ci dice qualcosa su quanto sia simile il contesto in cui si muove oggi Trump rispetto a quello che ha eletto ripetutamente Berlusconi.

E questo è vero anche di molte altre presunte analogie tra Trump e Berlusconi, che a mio parere stanno più nell'occhio di chi guarda che non nella realtà—dove piuttosto si vedono altrettanto bene le grandi differenze tra i due. Una di queste sta nel modo in cui Trump e Berlusconi sono arrivati in politica: è infatti riduttivo dire che vengono entrambi dal mondo degli affari.

Mentre Trump si è presentato come un outsider e ha provato, finora con successo, a scalare un partito a lui ostile, Berlusconi si è sempre presentato come leader assoluto di un partito da lui stesso fondato e che è andato a riempire un vuoto in un periodo molto complicato della storia politica italiana. Mentre la campagna di Trump è sempre stata sottovalutata e ridicolizzata dai media, quella di Berlusconi ha potuto avvalersi di tre reti televisive di sua proprietà che in un certo senso gli hanno preparato il terreno dal punto di vista sociale e culturale.

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Infine, mentre nel caso di Berlusconi è stato chiaro fin da subito che era sceso in politica perché il crollo del sistema precedente l'aveva lasciato privo dei suoi referenti politici abituali—il che poteva rappresentare un potenziale pericolo per i suoi affari—le motivazioni di Trump sono meno chiare e probabilmente anche meno direttamente legate ai suoi interessi economici.

Bisogna anche considerare che mentre Trump è sempre stato un personaggio pubblico noto per il suo essere sopra le righe, Berlusconi lo è diventato solo dopo—e comunque le sue sparate, per quanto imbarazzanti, non sono mai state sul livello di quelle di Trump. Berlusconi avrà anche dato del "kapò" a Schultz al Parlamento Europeo, ma almeno non ha mai sostenuto—come invece ha fatto Trump—la teoria secondo cui ci sarebbe una correlazione tra vaccini e autismo. Berlusconi raccontava barzellette imbarazzanti sulle orchidee, ma almeno non ha mai raccontato—come invece ha fatto Trump, prendendola per vera—leggende su generali americani che avrebbero sparato ai musulmani usando proiettili intenti nel sangue di maiale.

Insomma, tra i due personaggi esiste ben più di qualche similitudine. Ma si tratta nella maggior parte di similitudini superficiali o che non riguardano esclusivamente Trump e Berlusconi ma solo qualcosa che accomuna Trump e Berlusconi. Per esempio, i sostenitori di entrambi hanno usato spesso l'argomento "è ricco, quindi una volta eletto non ruberà e non verrà corrotto" ma sono piuttosto certo che questa non sia un'esclusiva delle loro campagne elettorali.

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Come ha scritto Matt Taibbi su Rolling Stone, l'ascesa politica di Trump negli Stati Uniti è stata preparata e resa possibile dall'esperienza dell'amministrazione Bush, la cui inettitudine ostentata e trasformata in identità politica ha sdoganato definitivamente la possibilità di un idiot savant alla Casa Bianca e messo una volta per tutte in cattiva luce paroloni e sottigliezze politiche. Se l'elettorato repubblicano oggi non si fa problemi a votare per uno come Trump è perché ormai 16 anni fa le alte sfere del partito l'hanno convinto a non farsi problemi a votare uno come Bush.

Il punto centrale della questione e la principale differenza tra Trump e Berlusconi sta proprio qui: in Italia si è verificato un processo simile, solo che in questo caso si è trattato di un'operazione politica programmata e portata avanti in modo consapevole dallo stesso Berlusconi, che a differenza di Trump aveva i mezzi per influenzare direttamente la massa critica elettorale necessaria alla sua elezione.

La candidatura di Trump è nata quasi per scherzo, tra le risatine dei media e di gran parte dell'opinione pubblica, e presto si è trasformata in un incubo distopico in cui un miliardario narcisista che cambia idea in continuazione e non ha programmi reali potrebbe ottenere i codici di lancio dei missili nucleari americani. La storia politica di Berlusconi, invece, è quella di un uomo abile e astuto che ha saputo sfruttare a suo vantaggio e nel migliore dei modi un momento di crisi politica che altrimenti avrebbe probabilmente rischiato di portarlo al tracollo.

Ma al di là di questo, è comunque interessante vedere come l'Italia si confermi come un grande laboratorio di mostri politici—e forse la vera assonanza tra le due figure è proprio questa.

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