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Attualità

Mi fa malissimo ammetterlo, ma 'I Griffin' fanno schifo

Forse, dico forse, è il momento di ammettere che il cartone animato di Seth McFarland non è tutta questa gran cosa.

A vent'anni dalla messa in onda dell'episodio pilota, riproponiamo questo articolo di VICE UK su I Griffin.

A casa mia vige una tacita routine, e non ne vado certo fiero. Intorno alle 23.20 io e i miei due coinquilini—siamo tutti culturalmente preparati e attivi nel sociale—ci riuniamo, buttati sul divano, tra i rimasugli di cena e con un altro giorno di lavoro alle spalle. In quello stesso momento, su tanti altri divani del mondo occidentale adulti, veri adulti con contratti telefonici e lavori e partner a lungo termine ridono a battute sullo stupro e scoregge. Anche loro guardano I Griffin, e sono troppo stanchi per alzarsi, troppo svegli per chiudere gli occhi. Ci sono Brian e Stewie che cantano, non posso andare a dormire!

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Da piccoli correvamo a casa e ci ingozzavamo di bastoncini di pesce davanti ai Simpson. Oggi trasciniamo il culo giù dalla metropolitana, siamo fortunati se riusciamo insieme una cena fatta di avanzi entro le 21, pensiamo con orrore se aprire quella raccomandata, telefoniamo a nostra madre, rispondiamo a qualche altra email, alziamo il riscaldamento e cadiamo tra le braccia di Peter Griffin.

Ma perché I Griffin sono così popolari? Io ho guardato un sacco di episodi e sono abbastanza certo che il motivo non sia che "fanno ridere". Non ho mai riso, mai, in un singolo episodio. Se faccio qualche verso, è piuttosto di sofferenza-malessere. Come se una risata, uscendo dalla mia bocca, si stesse chiedendo se vale la pena di esistere. Immagino sarà il verso che farò se mai mi capiterà di cambiare un pannolino.

Piuttosto, penso che I Griffin ti tengano incollato allo schermo per tre motivi:

1. Ritmo

2. Riconoscibilità

3. Colori

Anzitutto, il ritmo. Se metti a paragone I Griffin con una qualunque sitcom inglese [ l'autore è inglese] dal 2016, capisci subito da dove viene parte del fascino della serie. Dopo il Peep Show, la comedy inglese è rimasta intrappolata in un ciclo di silenzi e sguardi stolidi e prolungati. Si fa ironia sempre sugli amici, le mamme, i papà, e si fa dicendo la cosa sbagliata al momento sbagliato. Questi lunghi spazi vuoti in episodi che durano 30 minuti ti lasciano un sacco di tempo per renderti conto di quanto sia poco divertente quello che stai guardando. C'è da dire che ne I Griffin ci sono sì le battute di merda, ma ce ne sono un sacco. Ci sono, in media, 5,20 battute al minuto. A questa velocità, nessuno ha il tempo di fermarsi a pensare quanto sia poco divertente il tutto. E quando non funziona, fanno l'opposto e fanno durare una battuta così a lungo che ti pare di dover ridere per forza per farli smettere. Come quando Peter fa a pugni con un pollo, oppure ogni volta che cade. È l'equivalente comico di sequestrare qualcuno e tenerlo in ostaggio finché non accetta di uscire con te.

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Secondo, la riconoscibilità. I Griffin contengono un sacco di riferimenti a persone famose. Per esempio Julia Roberts e Sting, Ben Stiller, i Daft Punk, Bill Clinton, Barbra Streisand, tutto Star Wars, Sesame Street, Jennifer Love Hewitt, Hitler, Spiderman, Billy Cosby, i Romani, Sean Connery, gli indiani, Kermit la Rana, Gesù Cristo, dei gabbiani, Lindsay Lohan. E dato che li conosci tutti benissimo, vederli in un cartone animato è divertente.

Terzo, I Griffin sono pieni di colori sgargianti.

Ma il senso dell'umorismo che veicolano è tossico. Una volta che io e i miei coinquilini abbiamo ammesso di avere un problema, abbiamo cominciato a starci attenti. Abbiamo tenuto conto di quanti episodi di fila passavano prima che ce ne fosse uno senza violenza su una donna. Quattordici. Sono passati 14 episodi dei Griffin prima che ne arrivasse uno in cui Meg, Lois, o un'altra donna non finivano atterrate, uccise o schiaffeggiate.

Non esiste un singolo personaggio che appartenga a una minoranza a cui non venga rinfacciato continuamente. Che siano i riferimenti antisemiti alla sete di denaro di Mort Goldman, il comportamento da donna nera sassy di Loretta Brown, o tutte le volte in cui si presenta un nativo americano con un passato mistico e problemi di dipendenza dal gioco, non esistono argomenti off-limit. Certo, ci sono un sacco di programmi "offensivi" nei palinsesti, ma I Griffin hanno quasi un desiderio insaziabile di fare battute stupide sui più vulnerabili, e questo desiderio arriva al punto da non sembrare più "al limite", ma una cosa in cui gli autori provano gusto. Un bisogno gratuito di fare male agli altri solo per farsi notare. Come il ragazzino in ultimo banco che ha capito che se bestemmia contro la maestra si girano tutti. Ma i tempi sono cambiati. I Griffin sono un detrito di tempi in cui si pensava che nessuno potesse davvero offendersi a buon diritto.

Non voglio dire che al posto dei Griffin dovremmo mandare in onda solo cinema neorealista italiano, ma forse è il momento che io mi dedichi a qualcosa con meno gag su come guidano le donne asiatiche o stacchetti musicali sulle diagnosi dell'AIDS.

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