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Musica

Le recensioni della settimana

Quali dischi ci hanno messo il sorriso e quali ci hanno fatto vomitare questa settimana: Lady Gaga, Gucci Mane, Teen Suicide e altri...

THE CROCODILES
Dreamless
(Zoo Music)

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Quando ero alle superiori c'era un ragazzo di qualche anno avanti a me che suonava il basso in una band; si vestiva da skater, portava le magliette dei Nirvana e dei Green Day e la sua band faceva pop punk adolescenziale (come è giusto visto che si trattava di adolescenti). Lui era anche il super fico della scuola e tutte le ragazze impazzivano per lui e la sua band. Due anni dopo il diploma, suonavano ancora a tutte le feste d'istituto. Poi il super fico e i suoi compari hanno affrontato il mondo reale, andando a fare concerti veri e pubblicando dischi. Ma fuori dalle aule, il suo fascino non funzionava più: era un bassista come gli altri in una band meno che mediocre. Saltò di genere in genere, di stile in stile, sempre alla ricerca di quella coolness perduta quando aveva smesso di essere una rockstar negli occhi di 500 liceali. Non la ritrovò mai più. Mi chiedo se i Crocodiles si rassegneranno mai al fatto di essere mediamente brutti, mediamente sfigati e soprattutto completamente privi di talento.

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DUDLEY "BOOGER" DAWSON

FAKA
Bottoms Revenge
(NON)

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Non abbiamo ancora fatto in tempo ad abituarci alla gqom che è giù arrivata la post-gqom. Anzi, in realtà la musica dei Faka non si può ridurre a un discorso così semplice. Se infatti dimostrano spesso di avere imparato la buona lezione durbaniana nel modo di tenere "in tensione" le poliritmie, sti due complicano subito la faccenda progettando uno scenario molto più astratto, ricco, minaccioso, trascendentale. Quindi diciamo che la storia di tutta la psichedelia africana (che non è la psichedelia europea ispirata all'Africa) potrebbe benissimo essere confluita in loro. Ci sono dichiarazioni di intenti già nel titolo (traducibile con "la rivincita dei froci") e nell'artwork, che mette immediatamente in campo i loro due corpi cross-gender in parallelo con l'uso delle voci, a volte come droni a volte come elementi ritmici, andando oltre le corde vocali per far suonare la gola, le viscere. L'elettronica, le basse, la manipolazione del suono e le ritmiche vi si integrano in una specie di corpo utopico, di cyborg alla Donna Harroway e di realizzazione magica di una identità multipla. Sarò fissato io, ma il senso beffardo (queer) di libertà sonora mi ha ricordato da vicino i Coil.

BOLLITO COL DITO

GUCCI MANE
Woptober
(Atlantic / GUWOP Enterprises)

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Non so voi, ma io un po' mi sto iniziando a preoccupare. Da un lato mi dico: che male c'è a prendermi così bene per un nuovo album di Gucci Mane solo un paio di mesi dopo Everybody Looking? Nessuno. Il nostro amico con un cono gelato tatuato in faccia è uscito di prigione tutto asciutto e muscoloso e carico e quindi avrà pure voglia di comunicare al mondo che è preso da Dio ed è tornato a far cacare in mano Jeezy, che ora ogni volta che esce di casa si guarda bene attorno per evitare i drive-by. E poi il Trap God è sempre il migliore a dire cose cattive sulla droga e sugli snitch, e in WOPTOBER ci sono un sacco di momenti che ti fanno venire voglia di mollare questa vita ordinaria per cercare di diventare il Pablo Escobar di Biella. Ma ci sono rapper che, per quanto buttino fuori delle cose carichissime, muoiono sotto il peso della loro prolificità: troppo spesso abbiamo visto titani venire sconfitti dall'ennesimo brano da strip club, featuring trascurabile o bad bitch scopata senza pietà. Pensate che bomba se Future non avesse più buttato fuori niente dopo DS2. O se Lil Wayne si fosse fermato un paio di Tha Carter prima. O se Young Thug avesse fatto un solo Slime Season e non tre. Poi ci sono quelli che riescono a buttare fuori sempre roba di cristo (ciao BONES, spero vada tutto bene). Solo che Gucci è da una vita che butta fuori un sacco di roba, ma non sempre di cristo. E io non voglio stancarmi di lui. Ma per adesso chiudo gli occhi e continuo a immaginarmi nella trap house.

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PEPPE, THE CREATOR

INSHA
Dysplazia
(Type)

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Dopo le prime due tracce stavo quasi per bollarlo come esempio di accelerazionismo by the numbers, di quello coi synthazzi trance sognanti e il sound design al punto giusto, come davvero ne esce uno al mese oramai. Non che ci sia niente di male nei synhtazzi trance sognanti e nel sound design, ma se non hai pure qualcosa da dire meglio se ti levi dalle palle a prescindere. Tutti salvi, comunque, perché questo disco di cose da dire ne ha parecchie. Il suono è effettivamente intriso di post-distopie melancoliche, che però puntano verso una profondità piovosa, downtempo e scura, con momenti IDM e una devozione al lato in ombra della bass music. Tutt'altro che mediocre, mette accenni di intimismo melodico dentro un massimalismo sonoro che sembra proprio trattenersi dall'esplodere per farlo fiorire. L'autore è un bostoniano di nome Kaan Erbay, alla sua prima uscita, pescato da Type probabilmente tra il mucchio di inutili demo che gli intasano l'inbox. Sono sicuro che assumerà presto una posizione di rilievo tra i drogati che iniziano a pigliarsi male quando gli scende la botta all'after dell'after.

PUSHER ISTRUITO

KERO KERO BONITO 
Bonito Generation
(Double Denim)

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Allora, ascoltare un intero album di questa band è più o meno come se ti teletrasportassero a quando facevi le medie e dopo pranzo c'erano i cartoni animati, ma ti costringessero a guardare soltanto le sigle, tutte le sigle, una dopo l'altra, per un'ora. Immagina la tortura di sucarti tutte insieme quelle cose che non sono nemmeno canzoni ma bomboloni iperglicemici confezionati da qualche pervertito giapponese. Lo si può fare forse una volta all'anno, se si vuole evitare il TSO. Detto questo però credo di non essermi mai divertita tanto quanto al concerto di questi individui, che non si sa come fanno a caricarsi sulle spalle tutta quella glassa sintetica, oltre che di echi di quel mezzo pacco che è diventata PC Music e qualche grosso animale di polistirolo e uscirne comunque come dei dignitosi performer. Non me lo so spiegare.

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TIZIANO PIUMA

LADY GAGA 
Joanne
(Interscope/Streamline)

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Una sera stavo parlando di tutt'altro quando mi prende da parte la mia amica nano con fare corrucciato. Mi dice ti devo parlare- e quando ti dicono così solitamente sono storie pesanti, debiti, multe o problemi di otturazioni- invece, una volta ottenuta la mia attenzione, fa partire un pezzo da Youtube. Trattasi di "Perfect Illusion" di Lady Gaga. Le dico beh? Mi dice Eh! Eh cosa? "Ma la senti?" mi fa. Sì che la sento. "No ma la senti??? Ha cambiato voce. Senti che non ce la fa sugli acuti." In effetti, le dico, sembra Katy Perry. Diamine, quella ha fatto un album normale, mi dico. Un disco americano in cui esplora le sue origini rurali e beve Bud Light. È questa la fine di ogni prodotto nato per spiazzare la borghesia? Alla fine siamo destinati tutti a questa normalizzazione? A perdere la nostra voce? Non lo so ma non me ne frega nemmeno un cazzo, perché io penso che un'autrice come Gaga possa guardare alla sua carriera da un punto di vista leggermente più alto di un singolo che non vola immediatamente ai primi posti in classifica o di un album che non ha tutto quel glam e quello sforzo identificativo che il suo personaggio travestito sicuramente portava con sé oltre la musica. Questo è il primo passaggio verso un'età più matura di Gaga, in cui probabilmente non sempre arriverà prima lo stupore e poi il pezzo, in cui forse il pezzo nemmeno ci arriverà, però vaffanculo avrei odiato vederla di nuovo uguale a come l'avevamo lasciata. Avrei pensato che si stesse facendo deviare dalle aspettative, mentre le vere dive con le aspettative ci fanno un tank top minuscolo che usano soltanto per farti vedere quanto sia insignificante è inutile. E se ha cambiato look, voce, focus, colori e modo di porsi è perché non ha mai perso il controllo di se stessa e dirige il suo personaggio anche in direzione opposta a dove i fan prevedevano andasse. E un atto di questo genere per me merita solo stima.

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CANDLE IN THE VODAFONE

PEOPLE OF THE NORTH
The Caul
(Thrill Jockey)

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Il nuovo album del duo formato da Kid Millions e Bobby Matador (già famosi rispettivamente come batterista e tastierista/bassista/tuttofare degli Oneida—qui immortalati mentre suonano nel giorno del mio compleanno) è una questione mistica e spirituale. Il "caul" del titolo è quella membrana che a volte ricopre la testa dei neonati alla nascita—la "camicia" del detto "nato con la camicia". È un fenomeno medico molto raro e che non ha alcuna conseguenza sul bambino, ma nella cultura popolare è sempre stato considerato simbolo di fortuna e, in certe culture, segno di una capacità di andare oltre la realtà materiale del mondo e raggiungere stati di coscienza superiori. In che cosa si traduce questa pulsione mistica? È difficile da spiegare. Il disco non raggiunge i quaranta minuti ed è costruito con pochi elementi di base, eppure si spinge a profondità estreme. Non parliamo dell'ipnosi circolare degli Oneida né delle risonanze naturali di Man Forever, siamo più in territori free jazz (qualcuno ha detto fusion, forse a causa del vibrafono di Jamie Saft in "Surfacing") in cui l'elevazione è raggiunta tramite la disconnessione e la mancanza di punti d'appoggio. Un mondo sonoro astratto dai colori cangianti, che durante l'ascolto sembra permeare ogni parte della realtà circostante e da cui si esce illuminati da una scintillanza acida. In effetti, è un po' come venire al mondo di nuovo.

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PIPPO FORTUNELLO

TEEN SUICIDE
Bonus EP
(Run for Cover)

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Uno dei dischi che più mi sono piaciuti la prima volta che li ho ascoltati è stato And Then Nothing Turned Itself Inside-Out degli Yo La Tengo. Questo perché è un album quieto che quasi ti dice, "hey, io sono qua che giro e vado e dico delle cose che per me sono importanti, se ti va di sentirle è ok eh, ma fai tu" e ha dentro delle canzoni di quelle che hanno la stessa funzione della luce soffusa tenuta accesa di notte. Ora, quell'album era stato fatto da tre tizi più o meno normali con degli strumenti più o meno normali; se lo stesso approccio viene tenuto da Sam Ray━un egomaniaco geniale capace di usare le chitarrine come Ableton che sono anni che bene o male nei suoi testi parla di eroina e disagio e liquido seminale━il risultato è Bonus EP. Quando minchia vi ricapita di sentire una band che in passato aveva come massimo concetto di "melodia" degli sfregamenti a caso su corde arrugginite provare a fare qualcosa che sembra sia la vaporwave che i Girls ma senza la pretenziosità e/o la noia? Ecco.

MELCHIORRE JOYA