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Questo potrebbe essere il vero messaggio veicolato dai video dello Stato Islamico

Il motto dello Stato Islamico è 'restare ed espandersi': siccome il gruppo non si sta di certo espandendo, sta rendendo sempre più aggressive le sue tattiche di comunicazione, anche video.
Immagine via Stato Islamico

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Con l'inizio del 2016 l'autoproclamato Stato Islamico (IS) è ritornato a far parlare di sé, con quello che ormai è diventato il suo marchio distintivo: la pubblicazione di un video che mostra un'esecuzione.

Anche stavolta, come nel caso degli attentati di Parigi, si tratta di un tentativo di riconquistare le luci della ribalta mediatica dopo una serie di sconfitte militari.

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Nel filmato si vede un boia inglese incappucciato dare il via all'uccisione di cinque presunte spie, lanciando minacce inquietanti al Primo Ministro britannico David Cameron: l'obiettivo reale, ovviamente, è quello di diffondere il terrore attraverso i media inglesi - come, in effetti, è accaduto - alimentando le congetture sull'identità del killer e sul significato del suo messaggio.

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Non c'è nulla di nuovo nella retorica utilizzata dal boia nel discorso pre-esecuzione, in cui si proclama per l'ennesima volta "l'inevitabile vittoria di IS," a dispetto delle innegabili sconfitte militari subite dal gruppo nelle ultime settimane. Unico elemento di 'novità' retorica rispetto ai messaggi precedenti, forse, il commento sulla presunta insignificanza globale e militare del Regno Unito.

L'ultima grande iniziativa comunicativa del gruppo, la diffusione di un raro discorso audio di Abu Bakr al Baghdadi, si è rivelata un flop in Occidente. Nel messaggio, l'auto-proclamato 'califfo' spiegava che i tempi sono duri e il gruppo sta soffrendo, ma che, visto che l'Occidente fu già sconfitto in Afghanistan e in Iraq, anche stavolta la sopravvivenza del gruppo e la sua vittoria finale in Medio Oriente sono assicurate.

Se la tanto discussa influenza baatista su IS si può riscontrare da qualche parte, è proprio in questi messaggi, nei quali lo sfoggio di violenza e le rassicurazioni presuntuose - se non proprio deliranti - ricordano i tempi dell'Iraq di Saddam.

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La propaganda di IS si compone di diversi filoni. Il 'teatro delle esecuzioni' è solo uno di questi. In altri casi, IS tiene a sottolineare quanto la vita scorra liscia all'interno del suo territorio, descritto come una specie di paradiso terrestre in cui il gruppo si prende cura persino delle infrastrutture locali. Le vittorie militari contro i nemici, invece, vengono celebrate con reportage fotografici da brividi e filmati dei combattimenti in stile hollywoodiano.

Negli ultimi mesi, allentatasi la stretta del gruppo sulle roccaforti siriane e irachene, quest'ultimo filone ha perso vigore. Se meno di un anno fa IS festeggiava la cattura della seconda città più grande dell'Iraq, gli ultimi video descrivono - con pari entusiasmo - la presa temporanea di un piccolo villaggio desertico fatto di mattoni di fango, o i raid contro basi isolate della polizia irachena. Un fattore, questo, che spiega meglio di ogni altra cosa come i frutti della guerra di IS contro il resto del mondo siano sempre più scarsi.

La crescente lista di sconfitte militari, nascosta dai "blackout mediatici" messi a punto dai sostenitori di IS, viene ignorata dal gruppo. A sole sei settimane dagli attentati di Parigi, lo Stato Islamico ha perso il controllo della città irachena di Ramadi, la seconda città più grande tra quelle sotto il suo comando nel paese. Allo stesso tempo, un'offensiva di tre giorni guidata dalle Forze Democratiche Siriane (SDF) curde ha conquistato una dozzina di villaggi, centinaia di metri quadrati di terreno, la strategica diga di Tichrienne e un ponte sull'Eufrate.

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Ora l'SDF ha attraversato l'Eufrate e si trova a 16 chilometri dalla città di Manbij, la seconda roccaforte più grande di IS in Siria, punto di transito cruciale per i rifornimenti che arrivano dalla Turchia. Le forze del regime siriano, sostenute dagli imponenti bombardamenti russi, si stanno lentamente avvicinando alla vicina città di Bab, oltre che più a sud al deserto di Homs. In questa campagna di riconquista, i lenti progressi sono dovuti più alla debolezza dell'esercito siriano che non alla forza dello Stato Islamico. L'ultima grande offensiva di IS, contro le forze curde sul fronte di Mosul, si è conclusa in poche ore con una pesante sconfitta.

Più che i reportage fotografici sugli addetti jihadisti alla manutenzione, ritratti mentre imbiancano paracarri, o i sempre più grotteschi filmati, il miglior strumento per reclutare nuovi seguaci e non far fuggire i sostenitori attuali sarebbero invece le prove delle vittorie militari presenti, e la promessa di ottenerne altre in futuro.

Dopo aver sperimentato modi - spesso imbarazzanti - per scoraggiare i sostenitori online del gruppo e dopo averli trollati sui social media, la coalizione occidentale si è probabilmente resa conto che il modo migliore per contrastare la propaganda di IS è sconfiggerla sul campo di battaglia, uccidendo i suoi portavoce più in vista. Una campagna mirata di attacchi con i droni ha portato alla morte di una serie di membri dello staff di origine britannica, tra cui il predecessore dell'attuale portavoce britannico Mohammed Emwazi, meglio conosciuto come Jihadi John. Si può facilmente immaginare, dunque, che anche il presentatore dell'ultimo video sia stato aggiunto alla 'kill list'.

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Il motto di IS, Baqiya wa Tatamaddad, si traduce così: resistere ed espandersi. Ora che la sua azione sul campo si sta fermando, gli sforzi mediatici del gruppo si stanno concentrando sulla sua sopravvivenza. Come un VIP che controlla compulsivamente le riviste scandalistiche per trovare conferma della sua esistenza, quindi, il gruppo è pronto a tutto per mantenere fare notizia. Attraverso video come quello pubblicato da poco, o mediante drammatici atti di terrorismo contro l'Occidente come quelli di Parigi.

La realtà, però, è che il controllo del gruppo sulle sue zone strategiche in Siria e in Iraq si indebolisce ogni giorno; nel corso del 2016 le sue due città principali Raqqa e Mosul, che si trovano alle estremità di questo territorio, subiranno una forte pressione.

Il vero messaggio dell'ultimo video è che con cinque proiettili, una telecamera e un discorso pomposo con un accento inglese, IS spera di oscurare la sua terribile situazione strategica con uno spettacolo mediatico volto ad attirare l'attenzione - e i timori - dell'occidente. Ma dato che oggi per IS è più facile conquistare spazio sui giornali che tenersi stretto il territorio, la pubblicazione del video dovrebbe essere rassicurante per la coalizione.

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