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Tecnologia

Come Steam ha scelto di diventare il paradiso di troll e truffatori

La decisione di Valve di non intervenire sui contenuti della propria piattaforma di gaming è meno coerente di quel che sembra e lascia troppa responsabilità ai curator, che restano però privi di qualsiasi potere censorio.
Agony. Screenshot via: Steam

A Steam — la più grande piattaforma di distribuzione online di videogiochi — non importa molto che tu possa rimanere offeso da “argomenti controversi” come “la politica, la sessualità, il razzismo, la violenza, l’identità,” presenti in qualche titolo. Ciò che conta è che “offendere qualcuno non tolga voce al tuo gioco” perché “hai il diritto di esprimerti come chiunque e trovare altri che vogliano giocare al tuo gioco.”

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In un lungo post sul blog aziendale, la casa madre Valve, per mano del project leader Erik Johnson, ha annunciato il mese scorso di aver deciso che “il giusto approccio è dare spazio a tutto sullo Steam Store, eccezione fatta per ciò che riteniamo illegale o evidentemente troll.” L’azienda non vuole lasciare spazio a dubbi e avverte l’utente: “Steam conterrà cose che odi e credi non debbano esistere. A meno che tu non sia privo di opinioni, succederà per forza. Però, vedrai anche cose che tu credi debbano ricevere spazio, ma che altre persone odiano e farebbero sparire.” Con la resa ufficiale di Valve, restano a fungere da filtro sulla qualità dei contenuti solo i curator. Con questo termine, in teoria, si intende “chiunque voglia aiutare gli altri giocatori a scoprire nuovi giochi,” ma, nella pratica, si tratta di recensori volontari, che sono però privi di qualsiasi potere censorio.

“Steam porta avanti ormai da anni una politica ‘lassez-faire’ accoppiata a un approccio algoritmico teso a lasciare la gestione dello store in mano all'utenza — tra tag, recensioni e, appunto, curator,” ha spiegato a Motherboard Bruno Barbera di Free Playing, un podcast italiano sui videogiochi che ha anche una presenza molto attiva come curator su Steam, dove vengono riportate in forma breve le opinioni sui giochi di cui parlano in puntata i conduttori e i vari ospiti. “Quest'ultima iniziativa [dell’azienda], quindi, si inserisce lungo un solco tracciato ormai da tempo, per cui francamente non mi ha stupito granché.”

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Un'immagine del gioco Active Shooter, rimosso da Steam solo dopo le reazioni della stampa generalista.

Soprattutto, ha continuato Barbera, “proprio come Facebook e Twitter, Steam sta diventando sempre più una piattaforma personalizzata sui gusti e sullo storico dei singoli utenti: i giochi che vengono proposti a me in homepage sono diversi da quelli proposti a te, con l'eccezione delle uscite dei grandi publisher,” ha spiegato il curator. “Quindi, proprio come già avviene sui social, è più che possibile che si andranno a creare delle filter bubble per cui io non verrò mai a conoscenza dell'esistenza di giochi che urtino la mia sensibilità.”

Come specifica Valve stessa, la decisione arriva dopo un periodo caratterizzato da “un mucchio di discussioni.” Al centro delle critiche più recenti, ci sono giochi come Agonydefinito dalla stampa senza mezzi termini “un simulatore di violenza sulle donne,” eppure ancora in vendita su Steam —, o Active Shooter, uno sparatutto in prima persona dedicato alle stragi nelle scuole e rimosso dal portale solo dopo l’indignazione della stampa generalista.

Il ban non è stato immediato nemmeno per tutta una lunga serie di titoli controversi già dal nome — come AIDS Simulator, Suicide Simulator, ISIS Simulator, Asset Flip Simulator, Blackscreen Simulator e Triggering Simulator —, tutti a firma dello sviluppatore BunchOD00dz. Il primo, era introdotto sul sito dalla descrizione: “Benvenuto in Africa, hai contratto l’HIV! Adesso sei molto arrabbiato e vuoi uccidere tutti gli africani che ti hanno infettato per vendicarti.”

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Al contrario, nonostante numerosi tentativi da parte degli sviluppatori di adeguarsi in ogni modo ai regolamenti di Steam, i titoli eroge — visual novel erotiche giapponesi — hanno ricevuto un ultimatum severo a metà maggio scorso: o si auto-censuravano ulteriormente, o sarebbero stati rimossi da Steam. Secondo quanto commentato su Twitter dallo studio indipendente Lupiesoft, “il messaggio è chiaro: se il tuo gioco ha delle grafiche sexy ispirate agli anime devi farle sparire, mentre i contenuti cento volte più pornografici nei giochi occidentali ne escono intatti. Una regola per loro, nessuna regola per noi.”

La stampa di settore USA non ha dubbi: non c’è nessuna volontà di difendere la libertà di espressione, ma solo una pura strategia commerciale. Secondo Polygon, "Valve non prende una posizione perché significherebbe rifiutare i soldi di qualcuno,” mentre per ArsTechnica “con la decisione di non vietare alcun contenuto che istiga all’odio, anche se legale, Valve ha passivamente scelto di guadagnare da quei contenuti.” Ancora, secondo Kotaku, “a Valve non interessano certi valori o l’ambiente online che sta plasmando: l’azienda è semplicemente felice di ottenere un guadagno gigantesco da tutto ciò.”

Una scena esplicita del gioco Agony. Immagine via: Waypoint

Per gli sviluppatori la questione è invece più in chiaroscuro. C’è chi come Ted Di Nola di Oculus è sicuro che la scelta di Valve rappresenti un “disastro”, o Rami Ismail di Vlambeer, per cui “la nuova politica sui contenuti è lo stesso inferno tossico da cui anche i social media si stanno allontanando dopo anni di problemi.” Infine, anche secondo Robert Yang — che insegna al NYU Game Center — tutto si riduce alla commissione del 30% che Steam incassa su ogni transazione.

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La pensa invece esattamente al contrario il suo collega Bennett Foddy, come lui programmatore e docente, che si dice “preoccupato quando le persone chiedono alle aziende di diventare tutori dei principi morali,” perché “che garanzie ci sono che quei principi siano in linea con i tuoi? Sempre meglio optare per dar loro meno potere possibile in qualsiasi settore.”

Anche una veterana come Brenda Romero — ricordando quando negli anni Ottanta nei titoli per Nintendo non si poteva neanche citare l’alcool —, ribadisce di “essere contro ogni forma di censura,” quindi di “sostenere Valve nella scelta di una piattaforma aperta,” perché “voglio accesso al pieno spettro delle esperienze umane quando creo un gioco: sono io che scelgo di lasciare fuori ciò che considero portatore d’odio, e non voglio che sia Steam a prendere questa decisione per me.”

E gli utenti? Nessun dubbio: su oltre 2.500 commenti all’annuncio della nuova policy, quelli contrari si contano sulle dita di una mano, mentre in tutte le altre opinioni la scelta di Valve è salutata come un trionfo degli appelli alla libertà di espressione.

“L'approccio attuale di Steam è volto a dare a quanta più gente possibile una chance, per cui concettualmente e teoricamente dovrebbe essere meglio dell'approccio precedente, che era più umano ma anche più volatile,” ha spiegato a Motherboard il curator di Freeplaying. “Come utente quindi capisco la decisione di Steam e non mi crea problemi. Mi creano problemi invece certi commenti nei forum associati ai singoli titoli, spesso popolati di gente con la bava alla bocca e assetata di sangue… ma anche qui Valve è sempre stata abbastanza proattiva nel fornire ai gestori strumenti di moderazione adeguati, intervenendo poi direttamente nei casi più eclatanti.”

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Schermata della pagina Steam di AIDS Simulator.

Il problema — come si vede parallelamente nelle politiche dei social media principali e in grossa parte del dibattito pubblico internazionale e italiano attuale — è che sembra non esserci interesse nel distinguere tra libertà d’espressione libertà d’odio. Senza contare che, pur volendo applicare una regola il più comprensiva possibile sui contenuti — dove dunque “qualsiasi” cosa è accettabile — il caso della censura dei titoli eroge dimostra che ci sono altri interessi in gioco, che minano la coerenza dell’azienda a monte.

L’Italia infine, pur essendo il decimo paese al mondo per fruizione dei videogiochi, nell’ecosistema di Steam ricopre un ruolo marginale: genera appena lo 0,5% del traffico dati, in linea con lo 0,7% di utenti registrati con un sistema operativo in italiano, e quindi non è mai stata al centro di polemiche. L’unico titolo controverso all’interno della community è stato l’FPS Ultimate Arena, creato dallo youtuber Zeb89, ma solo per motivi tecnici — e potenzialmente di truffa economica — ma non certo "etici." Sfruttando la popolarità del suo creatore, il gioco macina(va), infatti, recensioni positive di utenti con 0,1 ore di gioco, oppure con evidente discrasie tra voto e testo — ad esempio cinque stelle come giudizio, ma recensione del tipo: "Impossibile giocarci per mancanza di avversari sul server."

L'Italia quindi è un’isola felice nella galassia della tossicità videoludica? Non ne è convinto Barbera: “Forse in Italia su Steam le teste di cazzo sono meno organizzate di quanto non siano all'estero, per cui sì, capita l'occasionale commento retrogrado, ma in generale mancano i veri e propri movimenti, come invece accade all'estero,” ha concluso. "Non che in Italia non siamo in grado, ma probabilmente Steam non ha una trazione tale, qui da noi, da richiamarne un numero sufficiente da formare la necessaria massa critica.”

Non ancora, almeno.

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