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Tecnologia

La straordinaria nascita di Louise Brown, 'la bambina del secolo'

Esattamente 40 anni fa, tutto il mondo era in attesa di vedere il primo essere umano nato grazie alla fecondazione in vitro.

Non è così frequente che giornalisti e fotografi aspettino un neonato fuori dall'ospedale, soprattutto in una cittadina del nord dell'Inghilterra come Oldham. Ma in quell'estate del 1978 centinaia di reporter aspettavano di vedere una bambina singolare: il primo essere umano della storia nato grazie alla fecondazione in vitro. La sua nascita aveva suscitato molta curiosità, un certo orgoglio britannico e un animato dibattito pubblico. Louise Brown non rappresentava soltanto una nuova conquista della scienza medica, ma anche un grosso evento mediatico.

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Oggi 25 luglio Louise, che ha trascorso gran parte della vita a farsi intervistare da tutti i media possibili, compie 40 anni. Ha raccontato la sua esperienza in un libro uscito nel 2015 dal titolo: My Life as the World's First Test-Tube Baby.

Dal momento della sua nascita, grazie alla fecondazione in vitro e alle altre tecnologie riproduttive che si sono sviluppate di seguito, si stima che siano nati altri 8 milioni di bambini. La definizione 'bambina del secolo', quindi, che all'epoca le era stata affibbiata dai media, non sembra per niente iperbolica. A 40 anni di distanza, con tutte le problematiche e i crucci etici del caso, la fecondazione assistita è diventata a tutti gli effetti una pratica medica.

La squadra che ha avuto il merito di rivoluzionare la riproduzione umana studiava il tema da una decina di anni prima del successo conseguito con la nascita di Louise, ed era formata dal ginecologo Patrick Steptoe, dal biologo Robert Edwards e dalla giovane assistente di laboratorio Jean Purdy. Edwards è stato anche insignito del premio Nobel per la medicina nel 2010, proprio per questa ricerca.

I coniugi Brown avevano deciso di prestarsi alla pratica sperimentale nel 1976, dopo nove anni di tentativi a vuoto per concepire un figlio. "Mia madre, Lesley Brown, soffriva di depressione. E il motivo principale era l'impossibilità di avere bambini con mio padre John," scrive Louise sull'Indipendent. "Quando hanno saputo dell'esperimento, hanno iniziato a sperare. Anche se fino ad allora non aveva mai funzionato, era qualcosa a cui aggrapparsi — fortunatamente poi sono nata io."

Nel novembre 1977, infatti, un ovulo maturo è stato estratto da una delle ovaie della madre ed è stato fecondato in una piastra di Petri con lo sperma del padre per formare un embrione, il quale è stato impiantato nell'utero pochi giorni dopo. Dal momento in cui la gravidanza è iniziata, è diventata una conquista della scienza, un motivo di interesse pubblico e allo stesso tempo il nodo di un dibattito etico.

La questione delle tecnologie riproduttive è infatti ancora aperta, ed è molto complessa. Da una parte ci sono le posizioni più conservatrici e di impronta religiosa secondo cui non è corretto che gli esseri umani superino i limiti della natura — la condizione di sterilità — perché è come se 'giocassero a fare Dio'. Dall'altra parte, ci sono i genitori intenzionati a sfruttare il progresso scientifico per avere dei figli. Nel mezzo ci sono le legislazioni nazionali, che prevedono l'uso di alcune pratiche ma pongono dei limiti su altre, seguendo criteri non sempre chiari.

In Italia, per esempio, la legge 40 impedisce la cosiddetta fecondazione eterologa, ovvero la fecondazione in cui l'ovulo o lo spermatozoo viene donato da qualcuno di esterno alla coppia. Il provvedimento ha una serie di conseguenze, tra cui il fatto che molti italiani sono costretti ad andare all'estero con grande dispendio di energie e risorse economiche. Nonostante sia stata giudicata incostituzionale perché viola il diritto alla riproduzione, la legge è ancora in vigore ed è inoltre sostenuta dalle frange più conservatrici.