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Fino a un mese fa lo spray al peperoncino veniva regalato nelle piazze. Ora è panico

In un lampo si è passati dalla promozione come strumento definitivo di legittima difesa all'allarme sulle gang dopo la strage di Corinaldo.
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Foto via Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0).

Sabato scorso in una discoteca di Corinaldo, vicino ad Ancona, sono morte sei persone nella calca scatenatasi dopo che qualcuno—questa è l'ipotesi finora più avvalorata (ma non l'unica)—avrebbe spruzzato dello spray al peperoncino nel locale.

Non è la prima volta che l'utilizzo di spray al peperoncino scatena il panico in eventi pubblici, anche se mai prima d’ora le conseguenze erano state così tragiche. Come riporta Agi, nell’ultimo anno e mezzo ci sono stati una decina di episodi simili collegati a concerti trap, tanto da spingere il rapper Achille Lauro a parlare di una vera e propria “moda” (e Agi a titolare “c’è una moda di portarsi spray al peperoncino ai concerti trap?”). In realtà ovviamente la trap non c’entra niente—e infatti domenica scorsa, il giorno dopo la tragedia di Corinaldo, è stato segnalato un altro caso uguale in una discoteca di Cantù, dove un 21enne ha usato uno spray al peperoncino nel locale, dicendo poi di averlo fatto per difendersi da un’aggressione.

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Né il fenomeno riguarda solo le discoteche, per quanto la maggior parte dei casi avvenga lì: ieri mattina, ad esempio, sono stati segnalati due casi in due scuole di Pavia e Cremona. Nel primo, riporta Repubblica, 33 studenti sono finiti in ospedale dopo che “qualcuno ha spruzzato spray urticante negli spogliatoi maschili della palestra della scuola”; nel secondo cinque studenti sono rimasti intossicati e sono finiti al pronto soccorso dopo che una 14enne ha spruzzato dello spray in classe—giustificandosi poi dicendo di averlo spruzzato per sbaglio mentre voleva farlo vedere a un’amica.

E questo giusto per citare i casi delle ultime 48 ore. Se si va a scavare nelle cronache si trovano altri episodi simili, quasi tutti con la stessa dinamica e per la maggior parte riguardanti concerti o discoteche.

L’obiettivo di chi fa una cosa del genere generalmente è rubare portafogli, borse o giacche e lo spray è usato per far sì che gli oggetti vengano lasciati incustoditi o per coprirsi la fuga. Una tattica non particolarmente nuova, ma che secondo un articolo uscito sul Corriere della Sera, però, si sarebbe ampliata a gruppi di criminali specializzati in questo tipo di furti: vere e proprie “gang a caccia di cellulari e oro” in azione in tutta Italia (24 casi del genere negli ultimi due anni solo al nord), che “scelgono un obiettivo da una lista di eventi, si mischiano tra pubblico e avventori, rapinano catenine, portafogli e smartphone. E per coprirsi la fuga spruzzano spray con sostanze accecanti e stordenti.”

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Nell’articolo si parla di un’indagine della polizia su un gruppo di criminali di Genova specializzati in questo tipo di furti, con 64 indagati e 54 casi. Il linguaggio per la verità è piuttosto allarmistico: ”Nel covo in centro di uno dei boss dello spray è stato trovato un arsenale di bombolette insieme con una mappa dei concerti in programma in città e in tutto il nord.” Il capo della banda sarebbe stato inoltre in contatto con uno dei responsabili dei fatti del 3 giugno 2017 in piazza San Carlo a Torino—forse il caso più noto tra quelli di questo genere, quando venne usato lo spray al peperoncino durante la finale di Champions League causando un morto e centinaia di feriti.

Ma da dove nasce in generale la maggiore diffusione di spray urticanti nel mercato? Dal 2011 la vendita (teoricamente a scopo di autodifesa) è stata liberalizzata e oggi è consentita dai 16 anni in su—mentre in molti paesi europei sono illegali (Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Grecia) o legali ma vendibili solo in armeria ai maggiori di 18 anni (come in Francia).

Allo stesso tempo, negli ultimi anni, lo spray al peperoncino è stato cooptato dalla politica finendo per assumere un valore simbolico—diventando in un certo senso una metafora dell’ossessione per la sicurezza.

Lo scorso ottobre, ad esempio, Libero ha lanciato un’iniziativa per vendere insieme al giornale “una pistola al peperoncino” in nome del diritto alla sicurezza. “Dentro c’è tutto quello che serve per difendersi […] contiene due colpi che contengono un estratto liquido di peperoncino […] i sintomi, immediati, sono tosse, spasmi, nausea, lacrimazione, disorientamento e irritazione. Gli effetti terminano entro un’ora,” affermava l’articolo, spiegando che il target sono le donne, gli anziani e i professionisti più a rischio e concludendo che “il tema della legittima difesa è da sempre luogo di scontro e la pistola al peperoncino mette d’accordo tutti.”

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In realtà, secondo un servizio delle Iene che l’aveva provata, la pistola al peperoncino venduta da Libero (al prezzo speciale di 43,50 euro invece che 59) non funzionava poi così bene.

Quella del quotidiano però era stata un’iniziativa una tantum. A promuovere con continuità lo spray al peperoncino si era dedicata la Lega, che negli ultimi mesi ha organizzato diverse iniziative sul tema. Tutto era partito da un singolo caso di cronaca: quello di una ragazza che, lo scorso 20 luglio, era stata aggredita alla stazione Porta Garibaldi di Milano e che si era difesa usando lo spray al peperoncino. Il tema si prestava e la notizia era stata rilanciata da Salvini:

Da lì erano partite una serie di iniziative leghiste con lo scopo di legare la sicurezza delle donne agli spray urticanti. Il laboratorio era stato Prato, dove lo scorso 15 settembre la segretaria locale della Lega Patrizia Ovattoni aveva organizzato un’iniziativa in cui distribuire gratis spray anti-aggressione al peperoncino “contro la violenza di genere”, facendosi per l’occasione ritrarre in un manifesto abbastanza parodistico.

Secondo Il Tirreno l’iniziativa era andata bene: “le prime cinquanta sono andate a ruba nel giro di mezz’ora […] Prima ancora che venisse montato il gazebo contro la violenza di genere, alle 10 di sabato 15 settembre, s’era formata in piazza del Comune una fila per accaparrarsi le prime bombolette anti-aggressione al peperoncino.”

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Fatto sta che nei mesi seguenti i gazebo leghisti con lo spray al peperoncino omaggio si erano moltiplicati. A fine settembre Susanna Ceccardi, sindaco leghista di Cascina (in Toscana), aveva lanciato la proposta di distribuire gratuitamente spray al peperoncino a tutte le donne della regione. Ceccardi aveva spiegato che lo spray al peperoncino “può essere veramente utile a sentirsi più sicura, e perché no, anche a difendersi in casi estremi” perché “con l’immigrazione clandestina che la sinistra ha portato nel nostro paese, l’insicurezza, e la percezione dell’insicurezza, è aumentata tantissimo.” Da questa proposta era nata un’iniziativa svoltasi lo scorso 19 novembre con 130 gazebo e oltre 1000 volontari in tutta la Toscana, impegnati a regalare spray al peperoncino a chi faceva la tessera della Lega.

Oltre ai casi toscani ci sono state poi iniziative simili in tutta Italia, spesso organizzate da sezioni locali della Lega—più che per una coordinazione centrale, per un processo di emulazione scatenato dal fatto che lo spray al peperoncino diventava sempre più un simbolo. Così a fine settembre a Castellanza, in provincia di Varese, la Lega aveva regalato buoni sconto per acquistare spray al peperoncino; a fine novembre ad Arcore aveva organizzato una distribuzione di spray al peperoncino per festeggiare la giornata mondiale contro la violenza sulle donne; sempre a novembre a Ventimiglia regalava spray al peperoncino a tutte le donne dopo una “escalation di scippi” (definizione de Il Giornale) in città.

In realtà la passione della Lega per lo spray al peperoncino viene da lontano, come testimonia una foto che sta girando sui social in questi giorni e che ritrae Salvini nel 2009 durante un’iniziativa simile a Milano, con in mano uno degli spray distribuiti dal partito.

Le responsabilità univoche per tragedie come quella di Corinaldo non sono certo dello spray al peperoncino, né di Libero che l’ha portato in edicola (come ci ha tenuto a precisare ieri Vittorio Feltri) né della Lega che l’ha distribuito a chi faceva la tessera del partito. Come ha detto Salvini in un’intervista ieri mattina, “Se qualcuno abusa del matterello o delle forbici, non è che posso proibire i mattarelli o le forbici, vanno puniti coloro che ne abusano” (prima di ricordare che “lo spray al peperoncino ha salvato tante donne da violenze e stupri”).

A fare strano semmai è il fatto che nel giro di pochi mesi si sia passati dalla promozione spudorata come strumento di difesa definitivo al panico sulle gang dello spray al peperoncino, senza soluzione di continuità, come in quel film in cui una lite tra vicini di casa finisce per sfociare nel giro di pochi giorni in un conflitto nucleare.