Attualità

Le dieci frasi che hanno segnato la politica italiana di questi anni

Da "Ruby è la nipote di Mubarak" a "Parlateci di Bibbiano."
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e Matteo Salvini. Tutte le foto via Wikimedia Commons/Presidenza della Repubblica.

Il decennio politico italiano che sta per concludersi è stato un autentico bordello. Crisi economica, stagnazione, proteste, pogrom contro i migranti, populismo, carriere politiche che esplodono e implodono, Antonio Razzi in Corea del Nord, governi che cambiano di continuo—e chi più ne ha, ne metta. Ne abbiamo viste di tutti i colori, ma soprattutto ne abbiamo sentite di ogni.

Il passaggio tra seconda e terza Repubblica ha definitivamente segnato la predominanza di un linguaggio artificialmente basso, ulteriormente esasperato da un certo modo di stare social media, che secondo il linguista Giuseppe Antonelli è caratterizzato da “frammentazione sintattica, semplificazione lessicale, insistenza su alcune parole (e parolacce).”

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La rottura dei discorsi pubblici è partita con Berlusconi e Bossi ed è letteralmente deflagrata con Grillo, Renzi, Salvini e una schiera di politici praticamente indistinguibili da un inviato di Striscia la Notizia. Nessuno ne è davvero immune; anche quelli che vogliono darsi un contegno istituzionale rischiano di finire con un cane in braccio durante una diretta televisiva.

Insomma: il linguaggio politico italiano (e non solo) è ormai un ininterrotto, e a volte inconsapevole, refrain pubblicitario. Tant’è che questo decennio è stato puntellato da motti rimasti nell’immaginario collettivo. Qui di seguito abbiamo raccolto dieci frasi iconiche.

“RUBY È LA NIPOTE DI MUBARAK”

Non si poteva che partire dalla telefonata che ha accelerato la fine del ventennio berlusconiano. Il 27 maggio 2010 l’allora premier Silvio Berlusconi ha chiamato in Questura a Milano per chiedere che venisse rilasciata la minorenne Karima El Mahroug detta “Ruby Rubacuori,” da lui indicata come la nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak.

Era una storia che non stava in piedi, e a partire dalla procura (che indagava per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile) nessuno ci ha mai creduto. O meglio, quasi nessuno. Il 5 aprile del 2011, infatti, la Camera dei Deputati ha negato la richiesta di perquisizioni nei confronti di Berlusconi motivando il tutto proprio con la frottola di “Ruby nipote di Mubarak.” Regalandoci così uno dei punti più bassi della storia parlamentare.

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“I GIOVANI DEVONO ANCHE NON ESSERE TROPPO CHOOSY

Finita la sbornia berlusconiana, a prendersi cura dell’hangover è arrivato il governo dei “tecnici” guidato da Mario Monti. Che la cura sarebbe stata drastica lo si era capito sin da subito: più precisamente, dalla conferenza stampa del dicembre del 2011 in cui la ministra del lavoro Elsa Fornero aveva detto (in lacrime) che “ci è costato chiedere sacrifici” sulle pensioni.

Non è però l’unica dichiarazione del governo tecnico di cui ci ricordiamo. Più o meno un anno dopo, la stessa Fornero ha invitato i giovani a “non essere mai troppo “choosy” [schizzinosi]” e prendere il primo lavoro che capita—come se le offerte piovessero da ogni parte. La frase ha fatto giustamente incazzare chiunque, ma Fornero ha sempre ribadito di essere stata fraintesa.

“APRIREMO IL PARLAMENTO COME UNA SCATOLETTA DI TONNO”

All’inizio del 2013, in vista delle elezioni politiche, Beppe Grillo stipava le piazze di mezza Italia promettendo la rivoluzione. I vecchi politici sono “morti,” diceva, e ora tocca a noi del Movimento Cinque Stelle. Noi che, annunciava, “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno.”

Una volta dentro, un deputato aveva appoggiato un apriscatole sul suo seggio per fotografarlo. A distanza di sei anni da quello slogan, possiamo tranquillamente dire che la “scatoletta” non è mai stata aperta. Quella frase si è poi ritorta spettacolarmente contro il M5S, e persino Giorgia Meloni è riuscita a farci un gioco di parole.

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“#ENRICOSTAISERENO”

Nel gennaio del 2014, quando già da tempo spiravano i venti della crisi di governo, Matteo Renzi aveva detto al presidente del consiglio Enrico Letta di “stare tranquillo,” perché “nessuno ti vuole fregare il posto.”

Ne era nato il famigerato hashtag #enricostaisereno, ma come sappiamo tutti era proprio Renzi a voler fregare il posto a Letta; cosa che è successa poco dopo, con una manovra di palazzo vecchio stile. Della serie: se vuoi terrorizzare il tuo avversario politico, la cosa migliore da fare è rassicurarlo.

“ARRIVO, ARRIVO!”

La defenestrazione di Enrico Letta ha inaugurato l’era renziana: un’epoca breve contrassegnata dalla “velocità,” dalla necessità di “fare le cose di corsa,” da una bella dosa di sbruffonaggine da “predestinato” e e dall’uso compulsivo di Twitter per comunicare.

L’epitome di questo atteggiamento è racchiusa nel tweet del 21 febbraio 2014 con cui Renzi ha accettato di formare il suo governo poco prima di terminare il colloquio con il presidente Giorgio Napolitano: “Arrivo, arrivo! #lavoltabuona.” La frase è poi diventata anche un libro, e incidentalmente ha anche chiuso l’esperienza di governo dopo la batosta del referendum costituzionale del dicembre 2016.

“I TAXI DEL MEDITERRANEO”

Contrariamente a quanto si è portati a credere, la famigerata espressione “taxi del mare”—uno dei simboli della campagna contro le Ong che effettuano salvataggi nel Mediterraneo—non l’hanno inventata Salvini o la destra: è tutta farina nel sacco di Luigi Di Maio e del M5S.

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Il “capo politico” del M5S l’ha usata per la prima volta nell’aprile del 2017, e ha continuato a farlo per il resto dell’anno. Nel 2018 ha incredibilmente smentito di averla mai pronunciata, ma a mettere le cose in chiaro ci ha pensato Debora Billi, ex dello staff comunicazione. In uno status su Facebook, la giornalista ha confermato che quella dei “taxi del mare” è stata una sua idea, che "ha aperto gli occhi al paese sui trafficanti di uomini.”

“È FINITA LA PACCHIA”

Ad appena 24 ore dalla nascita del governo gialloverde, il ministro dell’interno Matteo Salvini aveva promesso quanto segue: “per gli immigrati clandestini è finita la pacchia, preparatevi a fare le valigie.”

La cosiddetta “pacchia” è un termine che include e sintetizza tutte le bufale sull’immigrazione che ci hanno propinato in questi anni: i 35 euro al giorno, lo smartphone, le catenine d’oro, il cappellino, e così via. Naturalmente, non è mai esistita alcuna “pacchia”; e tra l’altro, Minniti ha costretto molte più persone a “fare le valigie” rispetto a Salvini.

“ABBIAMO ABOLITO LA POVERTÀ”

A proposito di lievissimi eccessi propagandistici, ecco un altro esempio: l’abolizione della povertà annunciata in pompa magna da Luigi Di Maio e dal M5S, subito dopo l’approvazione della nota di aggiornamento al Def nel settembre del 2018 che conteneva il reddito di cittadinanza.

In un post su Facebook si diceva addirittura che era “la prima volta nella storia” che succedeva una cosa del genere; cioè che qualcuno avesse eliminato la povertà di botto, con un colpo di bacchetta – nemmeno Gesù Cristo era arrivato a tanto. E infatti—strano, no?—si è trattato soltanto di un’allucinazione di Di Maio & co.

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“SARÀ UN ANNO BELLISSIMO”

L'inizio di ogni anno è fatto per convincersi che le cose andranno molto meglio. Ci si iscriverà finalmente in palestra; si proverà a essere più gentili con i propri genitori o amici; e si risolleverà un paese in crisi economica.

Dev’essere questo lo spirito con cui, nel febbraio del 2019, il premier Giuseppe Conte (nella precedente incarnazione di “avvocato del popolo”) ha fatto sapere che “ci sono tutte le premesse per un bellissimo 2019. L’Italia ha un programma di ripresa incredibile.” Com’è andata a finire non dobbiamo nemmeno dirvelo, giusto?

“PARLATECI DI BIBBIANO”

La destra italiana ha una grande capacità di sfornare tormentoni che servono esclusivamente a buttare in vacca ogni conversazione. Oltre agli intramontabili “e allora le foibe?” o “e allora il comunismo?”, e il più recente “ridateci i nostri marò,” il 2019 ce ne ha regalato un altro: “parlateci di Bibbiano.”

Partita dall’inchiesta “Angeli e demoni” sul presunto giro di affidi illeciti in Emilia Romagna, l’espressione—nata negli ambienti dell’estrema destra—indica una sordida teoria del complotto in cui il Partito Democratico è al centro di una rete segreta di pedofili satanisti che ruba i bambini alle famiglie per trasformarli in attivisti LGBTQI. È un po’ il nostro Epstein didn’t kill himself, insomma: il cospirazionismo compresso in un meme. Nonché un ottimo modo di scremare i propri contatti.

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