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Foto di Getty Images/Darrin Klimek.
Attualità

Messaggi dalle mogli di detenuti alle autorità e ai mariti in cella

Mentre nelle carceri si continua a protestare, molti familiari chiedono la possibilità di indulto o amnistia.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Tra il tasso spaventoso di sovraffollamento (che si aggira al 120 percento) e le condizioni fatiscenti delle strutture, il carcere è davvero un pessimo posto in cui stare in Italia—e se lo è nei frangenti di normalità, questo vale ancora di più durante emergenze di qualsiasi tipo, da terremoti o eventi atmosferici estremi a un’epidemia come quella di coronavirus.

A tal proposito, per scongiurare l’apparizione di casi nelle carceri—dove il contagio può estendersi rapidissimamente (com’è successo in Cina)—nei giorni scorsi l’amministrazione penitenziaria aveva introdotto una serie di restrizioni tra cui il blocco dei permessi premio, la riduzione degli ingressi dei volontari, o addirittura la sospensione totale delle visite.

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Il decreto pubblicato dal governo nella notte tra sabato e domenica, quello che ha “isolato” Lombardia e 14 provincie (poi esteso a tutta Italia ieri sera), ha disposto la sospensione dei colloqui con i familiari fino al 22 marzo e la sostituzione degli stessi con videochiamate e telefonate. Questa ulteriore limitazione, unita alla paura di contrarre il virus anche per il sovraffollamento, ha scatenato una serie di proteste e rivolte in oltre venti carceri italiane da nord a sud.

In alcuni casi le sommosse sono state particolarmente violente, con incendi e devastazioni di interi settori, che le forze dell’ordine hanno sedato a fatica. A San Vittore (Milano) i detenuti sono riusciti a salire sul tetto gridando “libertà,” e solo dopo una lunga trattativa con i pm si è raggiunta una tregua. A Pavia sono stati sequestrati e liberati due agenti della polizia penitenziaria. A Foggia circa una trentina di detenuti è riuscita a evadere, mentre a Modena (dove un detenuto è risultato positivo al tampone) si è verificato lo scenario più cruento: sette detenuti sono morti in circostanze non ancora chiarite. Altri due decessi si sono registrati a Verona e Alessandria.

Che la tensione fosse ormai arrivata a livelli insostenibili lo dicevano da tempo associazioni come Antigone, che da decenni si occupano dei diritti dei detenuti. “Come abbiamo paura noi fuori, hanno ancora più paura loro dentro,” mi spiega la coordinatrice nazionale Susanna Marietti. Le rivolte sono dunque scoppiate “per un senso di esasperazione dovuta a molte cose: all’isolamento, alla poca informazione—in carcere le notizie arrivano in maniera frammentata—e al terrore della distanza dai propri cari.”

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In alcune città, come Roma e Napoli, molti parenti sono andati di fronte alle carceri per protestare e chiedere informazioni sui reclusi; altri pubblicano aggiornamenti e appelli su gruppi Facebook; e altri ancora si sono rivolti proprio ad Antigone.

“Noi riceviamo di tutto da familiari impauriti perché non sanno più nulla,” aggiunge Marietti, “e dall’altra parte mi immagino un atteggiamento analogo.” I messaggi raccolti dall’associazione esprimono infatti grande preoccupazione, e si chiudono con la richiesta di un indulto o un’amnistia—o comunque di misure alternative al carcere come domiciliari e affidamenti in prova, come del resto è accaduto in Iran.

Per gentile concessione di Antigone, riportiamo qui di seguito alcuni messaggi.
I testi son stati editati per chiarezza e ragioni di spazio.

"Ne basterebbe uno per contagiare l'intero carcere"

Sono la moglie di un detenuto che si trova in carcere, la situazione è davvero molto grave. Il carcere, come tutti gli altri, è sovraffollato: se il virus dovesse entrare in quelle fredde mura sarebbe la fine!

Mio marito ha problemi di salute, il carcere è molto piccolo e ospita il doppio dei detenuti che di regola dovrebbero esserci; quindi ne basterebbe uno per contagiare l'intero carcere. Anche se ad oggi accettano colloqui, a due metri di distanza dai propri cari, ci sono comunque guardie, educatori e avvocati che sono a contatto con la vita esterna. Noi non chiediamo l'impossibile, ma solo i nostri diritti.

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Se concedessero l'indulto o l'amnistia i detenuti che hanno poco da scontare potrebbero tornare a casa con i domiciliari. Chi non può usufruire di questi benefici, almeno con il carcere non più sovraffollato potrà comunque ricevere le cure e i diritti necessari. I diritti sono per tutti: anche se sono detenuti e hanno sbagliato, hanno comunque diritto all’umanità. Il detenuto è uno di noi.

"Se tutti i tribunali sono chiusi, chi farà qualcosa?"

Mio marito ha scontato più di due terzi della pena. Ha fatto la richiesta in sorveglianza dei giorni per la liberazione anticipata, ma dopo più sei mesi ancora non arriva il conteggio: dicono che sono intasati, e che a tempo debito arriveranno.

Se però lui avesse questo conteggio, il residuo di pena sarebbe di tre mesi ed in caso in cui il Governo decidesse di mandare a casa chi è a ridosso della scadenza lui potrebbe rientrarci. Ma se tutti i tribunali sono chiusi, il suo conteggio chi e quando glielo farà? Siamo seriamente preoccupati.

"Ogni giorno la situazione peggiora"

Sono la moglie di un detenuto rinchiuso in casa circondariale. In una cella ce ne sono sei o sette, ognuno di loro con patologia grave. Se il virus dovesse entrare lì, sarebbe un’ecatombe: con il sovraffollamento e la scarsa sanità, come potrebbe risolversi?

Ho un bimbo che non vede suo padre già da tempo, e chissà per quanto tempo ancora non potrà vederlo. Abbiamo bisogno di aiuto, nessuno ci ascolta. Siamo preoccupati e disperati per i nostri cari, ogni giorno la situazione peggiora.

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"Vederli su Skype è già qualcosa, ma…"

Spero che al più presto si prendano decisioni più efficaci su come mandarli a casa, anche perché a mio marito restano sette mesi. Altre persone come me ci stanno rimettendo di ansia e preoccupazione.

Certo, vederli su Skype è già qualcosa, ma averli a casa al sicuro è meglio. Spero che si farà qualcosa, perché qui non si sta per niente tranquilli. Grazie per l'ascolto.

"Non chiediamo nulla, solo i nostri diritti"

Sono la moglie di un detenuto, e tutte queste sospensioni non servono a nulla. Non si tratta di proteggere il detenuto, ma di privarlo dell’affetto dei suoi cari che è tutto quello che hanno.

La situazione è devastante: non chiediamo nulla, solo i nostri diritti. I detenuti sono esseri umani, e vanno cautelati nel migliore dei modi. Chiediamo amnistia e indulto subito, senza perdere tempo, prima che sia troppo tardi.

"Non ci abbandonate"

Sono la moglie di un detenuto. Mio marito è nella zona rossa, e la situazione non è delle migliori. Non credo che bloccando i colloqui e tutto il resto si risolva qualcosa. Vi chiedo umanamente di provvedere con una amnistia o un indulto, ce n’è bisogno.

La preoccupazione è tanta, ogni giorno è peggio. Grazie, non ci abbandonate.

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