FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

Gli oggettosessuali soffrono molto più di te

Perdita, dolore e sofferenza: a quanto pare, lasciarsi non è meno doloroso quando il tuo partner è un ponte. O un pilone, o una staccionata, o la Torre Eiffel.

Perdita, dolore e sofferenza: lasciarsi non è meno doloroso quando il tuo partner è un ponte. O un pilone, o una staccionata, o la Torre Eiffel.

O almeno è così per Erika Eiffel, operatrice di una gru ed ex tiratrice con l'arco professionista, nonché protagonista del documentario Married to the Eiffel Tower. Erika è una delle poche persone oggettosessuali note—persone, cioè, che provano attrazione sentimentale per gli oggetti—e, oltre a essersi fidanzata con la torre simbolo di Parigi, ha avuto relazioni con dei caccia, delle recinzioni ed è attualmente impegnata con una gru. Gestisce inoltre il sito Objectùm Sexuality Internationale, che fornisce supporto alle persone con il suo stesso orientamento sessuale.

Pubblicità

Non sappiamo esattamente quanti casi esistano al mondo—non ci sono abbastanza dati per farne una stima e, in un tale clima di disinformazione e di sfiducia, le persone sono comprensibilmente riluttanti a identificarsi come oggettosessuali. Tuttavia, sappiamo che l'oggettofilia esiste e si manifesta tanto negli uomini quanto nelle donne, in tutto il mondo. Nel 2010, la sessuologa Amy Marsh ha scritto che, nonostante l'oggettosessualità sia spesso considerata "una patologia" collegata "a traumi sessuali," non ci sono dati per sostenere tale affermazione, aggiungendo che "l'oggettosessualità, per quanto rara, sembrerebbe un vero e proprio orientamento sessuale."

Esistono davvero pochi dati sul tema. L'Oxford English Dictionary non dà nemmeno una definizione di "oggettosessualità." Non deve quindi sorprendere che la maggior parte delle persone che provano amore per gli oggetti venga considerata autistica o affetta da traumi sessuali nel migliore dei casi, e da feticismi e parafilie nel peggiore.

La sofferenza che Erika Eiffel ha provato quando si è dovuta separare dal suo "grande amore" non è meno intensa di quella che si prova quando ci si lascia con una persona. Secondo lei, l'oggettosessualità non è "una malattia o una dipendenza" ma "un orientamento, il modo in cui sono fatte certe persone." E se una cosa è farsi spezzare il cuore da un essere imprevedibile e imperfetto come una persona, tutt'altra dev'essere perdere qualcosa di stabile, immobile e permanente come la Torre Eiffel.

Pubblicità

Ovviamente, nella maggior parte dei casi l'oggettosessualità è vista come una perversione. L'immagine di qualcuno che si struscia contro una balaustra, un muro o una giostra è ridicola. Nel peggiore dei casi, è raffigurata come una perversione pericolosa—il sintomo di una malattia mentale. Eppure, da persona che una volta ha sognato che il proprio figlio fosse un aspiratore arancione e che si commuove ogni volta che pensa alla serranda del garage dei suoi nonni, non sono estranea alla capacità degli oggetti di suscitare in noi sentimenti ed emozioni.

"Penso che da bambini siamo tutti un po' animisti, è una propensione innata," mi ha detto Erika al telefono, dal suo appartamento di Berlino. "I bambini assorbono un sacco di sensazioni e di emozioni da tutto ciò che li circonda. Man mano che crescono, imparano a smettere di amare gli oggetti. Gli viene detto che sono semplici cose. Fin da bambina, ho sempre avvertito un legame profondo con gli oggetti. Dovunque andassi portavo con me una tavoletta di legno, e se lo fa una bambina le altre persone pensano che sia una cosa carina. Ma se quella bambina cresce e continua a farlo, cambiano opinione."

Chloe Mashiter, una sceneggiatrice teatrale, ha intervistato otto persone oggettosessuali per scrivere il suo spettacolo Object Love, che andrà in scena questo mese al Vault Festival. Anche se ogni persona intervistata aveva la propria relazione con un certo oggetto, secondo Mashiter in tutte erano presenti alcuni elementi comuni: "Una cosa che è emersa, per esempio, è che gli oggetti di plastica non sono molto amati, così come gli strumenti medici o comunque gli oggetti collegati agli ospedali o alla morte."

Pubblicità

via

Mashiter ha contattato persone innamorate di auto, ponti e perfino dei braccioli delle loro sedie. "Ad esempio, c'è una donna inglese che ha una relazione con la Statua della Libertà e che ha anche un fidanzato umano, il quale sembra supportarla," mi ha detto. "Ma ci sono anche casi in cui le famiglie di persone oggettosessuali insistono perché queste si facciano aiutare."

Per le persone non oggettosessuali, spesso la cosa più difficile da capire dell'oggettosessualità è proprio il sesso. "Capisco che le altre persone non riescano a immaginarselo e possano chiedersi come funziona," mi ha detto Erika. "Vedere un edificio e una persona insieme è strano, com'è strano vedere una persona molto alta insieme a una molto bassa. Viene da chiedersi come funzioni. Ma quando vedi una persona alta e una bassa insieme non vai da loro a chiedergli come facciano a fare sesso. Già solo il fatto che invece a noi lo chiedano è indicativo di quanto poco ci rispettino."

Per via della sua oggettosessualità, Erika è stata diseredata da sua madre. Quando ha ammesso pubblicamente di avere una relazione con il suo arco, ha perso tutti gli sponsor ed è stata emarginata. "La fonte principale delle mie sofferenze sono stati i media," mi ha raccontato. "Un anno dopo la cerimonia con cui mi sono fidanzata con la torre Eiffel, un documentarista inglese mi ha contattato dicendomi che voleva raccontare la mia storia. All'inizio ho pensato che sarebbe stata una cosa carina, ma poi mi sono accorta che continuava a enfatizzare l'aspetto sessuale."

Pubblicità

via

In una scena del documentario, si vede Erika seduta a cavalcioni di una delle grandi travi di ferro della torre, visibilmente felice per la vicinanza della sua partner. La scena ha il suo apice quando Erika si aggiusta le calze; lo scorcio della gamba nuda insinua che stia consumando il suo amore. "È stato orribile," mi ha raccontato Erika. Dopo che il documentario è andato in onda in Francia, gli addetti della Torre Eiffel "non hanno voluto più avere nulla a che fare con me." Erika si è sentita allontanata dalla sua partner. "Non sono nemmeno in grado di descrivere la sofferenza che ho provato. Mi ha completamente distrutta. È stato un colpo terribile e non potevo che fare i conti con le sue conseguenze."

Dopodiché, Erika ha cercato sicurezza e stabilità in un suo vecchio compagno. Solo che nel suo caso, quel compagno era il muro di Berlino. "Il muro di Berlino mi ha aiutata a rimettermi in piedi," mi ha spiegato. "È stato a lungo odiato per ciò che rappresentava. Negli anni Ottanta avevo provato molta empatia nei suoi confronti, perché non era stato lui a scegliere dove essere costruito. La gente odiava il muro, quando avrebbe dovuto odiare i politici che l'avevano costruito. La mia sofferenza mi sembrava simile alla sua: quand'ero più giovane anch'io sono stata emarginata per via di quello che ero."

Quest'odio nei suoi confronti, afferma Erika, è legato alla mentalità occidentale. "Ho vissuto per dieci anni in Giappone e la gente lì era molto aperta circa il mio modo di rapportarmi agli oggetti. Mi accettavano. Lo scintoismo è una religione molto animista—se hai mal di testa, massaggi la testa del Buddha e poi la tua; si basa tutto sullo scambio di energia. Qui in Germania, posso chiamare il mio partner il mio 'grande amore.' Gli unici luoghi in cui ho avuto problemi sono gli Stati Uniti, l'Inghilterra e l'Australia. Il loro modo di pensare mi ha provocato molta sofferenza. Ho perso vari lavori, ho perso la mia famiglia e ho perso l'amore della mia vita."

Pubblicità

Durante le sue ricerche, Mashiter ha sentito un sacco di storie di rotture. "Ci sono stati casi in cui le persone oggettosessuali si sono innamorate di un altro oggetto. Casi di relazioni in cui i due partner non erano più in grado di comunicare. Ho sentito anche casi in cui è stato l'oggetto a rompere con la persona, che sente di fare tutto il possibile senza ricevere nulla in cambio. E poi ci sono anche casi in cui l'oggetto viene distrutto."

"La gente pensa che io possa semplicemente scegliere un oggetto e decidere di amarlo," mi ha detto Erika. "Pensano che io non sia in grado di avere una relazione con un'altra persona e che scelga gli oggetti perché posso averne il controllo. Ma la verità è che non avevo alcun controllo sulla mia relazione con la Torre Eiffel. Se fosse solo una questione di controllo amerei il mio tostapane, non credi?"

Oggi Erika lavora come operatrice di una gru e, a decine di metri da terra, sta pian piano costruendo una nuova relazione con la sua gru. "Mi ci è voluto molto tempo per accettare l'idea di poter avere un'altra relazione," mi ha spiegato. "Pensavo che non mi sarei mai innamorata di nuovo. Ma, dato che faccio l'operatrice su una gru, nessuno può impedirmi di stare insieme a quest'oggetto. Sento che gli edifici che costruiamo insieme sono un po' come dei figli, per me."

Ovviamente, una gru non sarà mai in grado di rimpiazzare uno dei monumenti più famosi del mondo. Ma forse va bene così. "Ognuno ha il proprio compagno ideale, ma se si insegue soltanto l'ideale si finisce per rimanere da soli. È come struggersi per una bionda con gli occhi azzurri e finire con una rossa con gli occhi verdi. Con la gru ci sto andando piano, perché sento di avere ancora il cuore spezzato. Ma devo accettare che non potrò mai avere una relazione perfetta."

Non posso fingere di condividere l'orientamento di Erika. Vengo da una famiglia che i palazzi li costruisce—non li bacia. Ho demolito un sacco di travi senza mai provare attrazione per esse. I sottomarini mi spaventano, le torri di raffreddamento mi fanno paura e sono in grado di fermarmi a guardare con ammirazione un ponte ben costruito. Ma non direi che si tratta di un orientamento sessuale.

Eppure, quando penso alla sua descrizione dell'amore, dell'affetto e della sofferenza per un'intimità finita, forse siamo più vicine di quanto sembri.

Segui Nell Frizzell su Twitter: @NellFrizzell