FYI.

This story is over 5 years old.

News

Il Sud-est asiatico è pieno di droga

Nel 1998 il Sud-est asiatico si era riproposto di liberare la regione dalla droga entro il 2015. Peccato che oggi sia ai primi posti per la produzione di oppio e metanfetamina, mentre anche i consumi sono in continuo aumento.

Questo articolo è tratto da VICE News. Foto via AP/Apichart Weerawong.

Mentre l'attenzione dei media è rivolta alle battaglie per la legalizzazione o per la decriminalizzazione in molti stati americani e in Uruguay, è facile dimenticare che nel resto del mondo la guerra alla droga gode di ottima salute—in particolare nel Sud-est asiatico.

Nel 1998, mentre il Segretario Generale dell'ONU sosteneva che un "mondo senza droga" era raggiungibile, l'Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) ha annunciato un obiettivo ancora meno plausibile: liberare la regione dalla droga entro il 2015. Ora che manca meno di un anno alla scadenza di quel termine, i risultati sono già visibili: dopo un calo iniziale nei primi anni Duemila, negli ultimi dieci anni la quantità di oppio prodotto nel Triangolo D'oro—la famigerata terra di nessuno al confine tra Laos, Birmania e Thailandia—è raddoppiata e adesso rappresenta il 30 percento della produzione globale.

Pubblicità

La Birmania, il secondo produttore mondiale di oppio, ha visto la sua produzione triplicare dal 2006. Dieci anni fa, la coltivazione dell'oppio era stata quasi sradicata da alcune di queste aree. Ma dovendo guadagnarsi da vivere e non avendo alternative, gli abitanti di queste zone sono stati costretti a tornare a coltivarlo.

Nel frattempo, la metanfetamina e altre sostanze simili si stanno espandendo velocemente. Il Sud-est asiatico, una volta luogo di transito per la droga, oggi ne è centro di produzione e ha un grande mercato interno. A partire dal 2008, la metanfetamina ha conquistato l'Est: il suo consumo nel Sud-est asiatico, in Oceania e nel Pacifico è quasi triplicato.

La metanfetamina prodotta  nel Triangolo d'oro e nel tumultuoso stato di Shan, in Birmania, è molto diffusa nella regione sotto forma di pillole colorate a base di caffeina, dette "yaba". Tutti, dai bambini alle prostitute, dai lavoratori della classe media agli autisti degli autobus, sono diventati dipendenti da questa droga a buon mercato. Secondo le Nazioni Unite, l'88 percento dei thailandesi che nel 2012 è stato in cura in centri di disintossicazione ha dichiarato di aver fatto uso di mentanfetamina.

I trafficanti locali che gestiscono lo spaccio di metanfetamina hanno anche legami commerciali in altre zone del mondo, per esempio in Nigeria. Tra il 2009 e il 2013, più della metà degli stranieri arrestati all'aeroporto di Lagos per traffico di anfetamine erano cittadini di un paese del Sud-est asiatico.

Pubblicità

"Non ha più senso pensare a quando saremo liberi dalla droga," ha detto a VICE News Martin Jelsma, coordinatore del programma droghe e democrazia del Transnational Institute e co-autore del recente studio intitolato Relapse in the Golden Triangle. "È illusorio pensare che si possa far sparire il mercato della droga, quando di fatto le sue dimensioni non sono nemmeno diminuite."

A inizio luglio, i leader dei dieci paesi membri dell'ASEAN si sono incontrati a Manila per il trentacinquesimo Senior Officials Meeting on Drug Matters. Quasi nessuno ha espresso il suo dissenso per le politiche finora seguite.  "L'idea di una riforma delle politiche antidroga finora adottate è ancora un tabù nella regione, e le istituzioni incaricate di guidare i processi di cambiamento, compreso l'ASEAN, sono fortemente contrarie al coinvolgimento della società civile e a prendere in considerazione punti di vista alternativi sulla questione della droga," ha detto a VICE News Gloria Lai, esperta delle regioni asiatiche per l'International Drug Policy Consortium. "Molti sembrano accettare le politiche antidroga vigenti, e non hanno alcuna comprensione per le persone coinvolte in attività legate alla droga, compreso l'uso o la dipendenza dalla stessa."

Molti delle leggi antidroga vigenti nel Sud-est asiatico risalgono al periodo coloniale. In Birmania, il Codice Penale del 1905 proibisce a chiunque di usare o anche solo di possedere un ago ipodermico senza licenza. La pena prevista per i trasgressori è una multa da pagare in rupie—una moneta che la Birmania ha smesso di usare più di 60 anni fa. Anche non registrarsi come consumatore di droghe, un'altra pratica superata, è illegale.

Pubblicità

Il periodo coloniale è stato seguito da un periodo in cui gli Stati Uniti hanno sponsorizzato una convenzione globale che andasse in direzione della proibizione e della criminalizzazione della droga, lasciando ai governi dei vari paesi la libertà di controllare la popolazione e di applicare a modo loro la guerra alla droga. I paesi del Sud-est asiatico hanno portato tali indicazioni alle conseguenze più estreme, iniziando a condannare a morte e a giustiziare i propri cittadini e gli stranieri colpevoli di crimini non violenti legati alla droga. Solo l'anno scorso, tre paesi membri dell'ASEAN hanno giustiziato persone colpevoli di crimini legati alla droga. Questo stesso anno, il Vietnam ha condannato a morte 30 persone colpevoli di aver trafficato eroina.

Quattro anni fa, proprio mentre paesi come gli Stati Uniti iniziavano a riformare le rispettive politiche in materia di droga, l'Indonesia ha introdotto nuove, più dure, pene minime per i reati di questo tipo. Ora a Bali chi viene trovato con più 0,05 grammi di marijuana rischia vari anni di carcere. Se si possiedono più di cinque grammi di eroina, si rischia l'ergastolo.

Leggi come queste non fermano il traffico di droga, ma rovinano la vita ai consumatori occasionali e spingono i tossicodipendenti ancora più ai margini della società e ancora più lontani dalle cure mediche di cui hanno bisogno e che potrebbero aiutarli. In Thailandia, Birmania e Cambogia, più di un consumatore di eroina su cinque ha l'HIV. In Indonesia, questa percentuale aumenta fino al 36 percento.

Pubblicità

Tra gli stati membri dell'ASEAN, è la Thailandia ad aver portato la guerra alla droga a nuove vette, con i suoi circa 300.000 detenuti—più di quanti non ce ne siano nelle carceri di Francia, Spagna, Argentina, Egitto e Australia messe insieme. Secondo le stime di Human Rights Watch, soltanto nel 2003 il governo thailandese avrebbe giustiziato 2.800 persone senza processo, nel rivoltante tentativo di ripulire il paese dalle droghe. Si è discusso di diminuire le pene minime previste per i reati di droga e di depenalizzare il Kratom, una pianta le cui foglie hanno un blando effetto narcotico e vengono tradizionalmente masticate nel sud del paese (e che potrebbero, potenzialmente, aiutare i tossicodipendenti a smettere con la metanfetamina), ma queste speranze sono state vanificate dal colpo di stato avvenuto lo scorso maggio.

Da quel momento, la giunta militare ha ordinato alle autorità di incrementare il ricorso alle controverse attività di disintossicazione forzata comunemente utilizzate nella regione. Gli attivisti per i diritti umani hanno riferito come nei cosiddetti "centri di disintossicazione", molto diffusi in paesi che tramite le Nazioni Uniti ricevono denaro dalle nazioni occidentali che finanziano la lotta alla droga, i prigionieri subiscano torture e siano costretti ai lavori forzati. Si stima che, in tutto l'Est e Sud-est asiatico, circa 300.000 "tossicodipendenti" siano detenuti in più di 1.000 strutture di questo tipo. In Vietnam, in consumatori di droga vengono costretti a lavorare nel processo di produzione degli anacardi destinati all'esportazione.

Pubblicità

Alla fine di quest'anno, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) sottoporrà a revisione il piano dell'ASEAN che prevedeva la vittoria sulla droga entro il 2015. Nonostante le diffuse violazioni dei diritti umani che avvengono nella regione, le Nazioni Unite hanno già promesso che verseranno ai paesi dell'ASEAN milioni di dollari di aiuti fino al 2017; questo fatto ha sollevato polemiche sull'oggettività della revisione. L'UNODC è finanziato soprattutto dai paesi occidentali, le cui preoccupazioni riguardano più che altro il fatto che l'eroina e la metanfetamina non raggiungano le loro città, e non quali siano gli effetti della guerra alla droga sulle popolazioni di paesi lontani.

Finché le droghe resteranno illegali, il loro prezzo in nazioni come l'Australia e il Giappone sarà altissimo, rendendo il loro traffico molto conveniente, nonché molto rischioso e, di conseguenza, molto violento. Inoltre, per i consumatori sarà molto difficile ricevere un trattamento sanitario adeguato.

"Il traffico di droga mina i poteri del governo tramite la corruzione, possibile grazie agli enormi profitti che questo mercato genera fintanto che rimane illegale," ha detto Lai. "Le organizzazioni criminali coinvolte nel traffico di droga tendono a sfruttare donne già vulnerabili, le quali, spinte dalla povertà e dalla disperazione, finiscono per fare i corrieri della droga." È uno scenario che, nel mondo, si ripete ovunque vi siano insieme povertà e politiche molto restrittive nei confronti delle droghe.

Pubblicità

In Birmania, dove di recente il governo ha riconosciuto il proprio fallimento nel tentativo di eliminare la produzione di oppio entro il 2014 (ma solo per darsi altri cinque anni di tempo), la metanfetamina sta riempiendo ogni spazio disponibile. Secondo alcune stime il paese, che in occidente è stato lodato da molti per la sua recente svolta verso la democrazia (mentre le operazioni di pulizia etnica nei confronti della minoranza musulmana vengono costantemente ignorate), sarebbe ora il primo produttore di metanfetamina del mondo.

Ma la complicità delle forze di polizia, insieme al fatto che sequestrare un laboratorio non fa notizia come distruggere un campo di papaveri, fa sì che Rangoon continui a preferire la persecuzione nei confronti dei coltivatori d'oppio. La distruzione sistematica delle coltivazioni d'oppio, esattamente come era stato per la distruzione delle coltivazioni di coca sulle Ande sudamericane, ha fatto precipitare in un vortice di povertà i contadini che lo coltivavano.

"L'oppio ha degli usi importanti in ambito medico, e viene spesso coltivato da contadini impoveriti che vivono in zone remote. Grazie all'oppio, queste persone riescono a sostentarsi," ha spiegato Lai. La rinascita delle coltivazioni d'oppio è una diretta conseguenza del fatto che gli abitanti delle zone rurali non abbiano alternative. Mentre la coltivazione di oppio spesso coinvolge contadini che di per sé non sono dei criminali, la produzione di metanfetamina è un'impresa criminale dall'inizio alla fine.

Le recenti riforme compiute a favore delle coltivazioni di coca delle Ande potrebbero costituire un modello per questa regione, almeno per quanto riguarda l'oppio. Il governo boliviano è riuscito a diminuire la coltivazione di coca tramite la legalizzazione della pianta e la collaborazione con i sindacati dei coltivatori, garantendo loro dei profitti e mantenendoli al sicuro dalle operazioni della polizia.

Ma per qualsiasi evoluzione nelle politiche antidroga del Sud-est asiatico bisognerà attendere almeno fino alla fine di quest'anno, quando l'UNODC dichiarerà la fine del piano dell'ASEAN che prevedeva la vittoria sulla droga entro il 2015.

Segui Samuel Oakford su Twitter: @samueloakford