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Tecnologia

L'immortalità è una conquista

Quando pensiamo al futuro, con tutti i progressi che implica, in realtà stiamo pensando una cosa sola: Dove stiamo andando?
"Una bambina aspetta la barca dalla vela rossa." Immagine: Anatoly Tiplyashin

Prima o poi anche quest'anno volgerà al termine, e dovremmo iniziare a pensare a ciò che abbiamo fatto. Non tipo "guarda che hai fatto!", come direste a un cane che ha combinato un pasticcio—se ve lo meritate lo potete sapere solo voi—ma come riflessione sui passi che ci hanno portato dove siamo ora, e dove questa traiettoria ci guiderà.

Qui a Motherboard passiamo tanto tempo pensando al futuro, e certo, gli asparagi sui meteoriti e i caschi che leggono la mente ne fanno parte; ma sono solo pezzi di una domanda più importante e personale. Quando pensiamo al futuro, con tutti i progressi che implica, in realtà stiamo pensando una cosa sola: dove stiamo andando?

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È una domanda che ci si fa spesso in generale, mettendo come soggetto l'umanità intera. Ci troviamo in uno scenario da scegli-il-tuo-futuro: i big data ci porteranno in un futuro alla Jetson o alla Blade Runner? Ma c'è un elemento molto più personale, a cui spesso non badiamo.

Perché l'aspetto del futuro a cui nessuno vuole pensare è il semplice fatto che dobbiamo invecchiare per arrivarci, e pensare a tutte le scoperte importanti da qui al 2050 (una data scelta arbitrariamente perché ci piacciono i multipli di dieci) è una cosa ben diversa.

Eppure, anche se non vedo l'ora di vedere i robot che giocano a calcio, devo accettare che il loro arrivo significherà anche l'arrivo della mia vecchiaia. Questo è il prezzo del futuro a cui non pensiamo: lo scadere del nostro tempo di vita limitato.

Questo è uno dei motivi per cui i progetti come l'iniziativa 2045 di Dmitry Itskov, che spera di sviluppare un'immortalità analogica, sono così allettanti. Moltissime delle nostre speranze per l'avvenire si basano sul nostro bisogno di arrivarci, al futuro.

C'è dell'auto-illusione intrinseca nel pensiero futurista, che però forse non è affatto un'illusione. È l'idea che esattamente come i nostri gadget continuano a migliorare, anche noi continueremo a vivere. Non c'è dubbio che le innovazioni culturali abbiano avuto un impatto forte sulla longevità, ma quanto è sostenibile questa situazione?

Immagine: conrado

Dal punto di vista transumanista esistono due percorsi intrecciati che possiamo intraprendere. Uno è rappresentato da Itskov e Kevin Warwick, che prevedono di digitalizzare l'essenza dell'uomo—la nostra mente—incorporandola in un involucro nuovo, in una prospettiva di immortalità tecnologica.

Altri, come Aubrey de Grey, lavorano dal punto di vista biologico, e sperano di eliminare la morte a livello cellulare. Nel mezzo stanno i progressi medico-tecnologici e le loro grandi promesse, come i nanomotori intracellulari o gli organi stampati in 3D, che potrebbero rivoluzionare la medicina di precisione. Questo fa anche emergere la questione di ciò che definisce un essere umano organico.

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Potremmo anche non avere scelta. Come mi ha detto Warwick qualche anno fa, le persone che non vogliono migliorare la propria natura—come i "Terreni" descritti da Hugo de Garis— continueranno a esistere, ma non a lungo.

"Non potranno competere nemmeno per cinque minuti senza tecnologia," mi ha detto. "Esisteranno dei "Terreni", ma si estingueranno presto, o verranno semplicemente lasciati indietro. E sì, probabilmente, ci sarà chi se ne lamenterà."

Questo ci lascia intrappolati in una gabbia curiosa: per sopravvivere nel futuro che speriamo di creare, dobbiamo dedicarci anche al miglioramento di noi stessi. E se non lo facessimo? A quanto pare non ce la faremmo.

Quindi siamo noi i padroni di noi stessi, o, anelando al futuro in realtà lo stiamo cercando? È una domanda interessante, se messa in relazione con l'etica della morte. Mi piace molto ciò che Gennady Stolyarov, un transumanista che ha scritto un libro per bambini sulla morte, ha detto a Fast Company.

"Alla fin fine, c'è una dinamica evolutiva," ha detto Stolyarov, "chi sceglie di non far finire la propria vita…è chi determinerà il corso della nostra cultura, della filosofia, e l'atteggiamento di tutti gli altri."

In altre parole, solo chi non si arrende alla morte ma cerca di reagire potrà dettare le regole del futuro.

Se questo si rivelasse vero, ci sarebbe un cambio drastico nelle dinamiche di potere nella cultura umana. A nessuno di noi piace pensare alla mortalità e ai nostri bellissimi corpi fragili, ma è necessario.

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Attualmente la mentalità capitalistica da cui ci aspettiamo le innovazioni si sta concentrando molto sulla nostra fragilità fisica. Gli esoscheletri sono considerati una manna per la salute.

Ma sono solo una parte della formula della longevità, e le altre parti— gli antibiotici sono un esempio lampante—sono state lasciate da parte. Altre ancora, come i già menzionati processi di hacking e digitalizzazione cerebrali, non abbiamo nemmeno iniziato a considerarle, perché i principi etici più diffusi sulla vita, la morte e l'umanità non fanno entrare in gioco simili sviluppi potenziali.

Tutto ciò ha lasciato un vuoto di potere tra i pionieri della lotta all'invecchiamento. Per vedere il futuro dobbiamo vivere abbastanza da arrivarci. Anche se dentro di noi lo sappiamo, non ci pensiamo spesso, e noi umani siamo davvero incapaci di accettare il nostro ruolo nella formazione di un futuro che forse non vedremo mai.

Le conseguenze della separazione che il tempo crea tra noi e il futuro, e la nostra riluttanza ad accettare la morte si notano in ogni grande decisione che prendiamo—o che non prendiamo, com'è il caso del continuo scaricabarile sui cambiamenti climatici—in parte perché non notiamo cambiamenti immediati.

Ma pensiamo a quelli che guardano lontano. Accettando che il cammino verso il futuro è anche il cammino verso la fine delle nostre vite, ci possiamo concentrare sulle opportunità che troviamo sulla via. Per molti è difficile, ma non per tutti. I giganti della Silicon Valley hanno compreso il potenziale della lotta alla morte, e stanno investendo molto nel mercato della longevità. Qui c'è la fregatura: muoversi per primi significa poter monetizzare l'immortalità.

Sono pensieri che danno alla testa e che fanno venir voglia di scolarsi una cassa di birra svaccati su un prato. Ed è ciò che dovreste fare! Perché esiste anche il rischio opposto: concentrarsi sul futuro dimenticando il presente fa perdere tutto il significato alla vita,il che è il vero scopo della nostra esistenza.

Eppure, mentre brancoliamo nel buio, faremmo meglio a pensare ai modi in cui potremmo arrivare al futuro che sogniamo. Per ora il tempo è lineare e non siamo ancora riusciti a trovare un modo per separare il nostro tempo personale da quello del mondo (maledetta criogenia). Ma prima o poi qualcuno cambierà la situazione, e sarebbe meglio per tutti accettarlo e affrontare la questione al più presto.

Se non lo faremo… non so cosa succederà. Diventeremo tutti robot; o moriremo tutti quanti. In ogni caso, so che sarò molto deluso se nel 2050 esisteranno hoverboard spaziali e io sarò ancora costretto a camminare con le mie vecchie e acciaccate ginocchia organiche.