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Tecnologia

Emojli è il più poetico dei social network

Cosa permetterà di dire il nuovo social network fatto solo di emoji?
Immagine: Emojli

Per la rete si aggira lo spettro di un nuovo social network: Emojli. Non sappiamo ancora come sarà, ma è già possibile prenotare il proprio account, il cui nickname sarà fatto di soli emoji. Indovinate quale sarà l'unico modo di comunicare?

Bravi. No hashtag, no spam, e alle sigle ormai decrepite wtf lol omfg non si potranno che sostituire altre sigle forse indisponenti uguale, ma fatte solo di emoji. I creatori di Emojli aggiungono "niente più trolling", ma solo un non nativo digitale crederebbe impossibile il trollaggio per immagini.

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Stupisce che nessuno ci abbia pensato prima. Dopo i quiz sui titoli dei film in emoji, Game of Thrones in versione emoji, Emoji Dickstupefacenti video musicali che raccontano il ritmo fluente e fugace della vita in emoji—senza nulla togliere a Beyoncé—e il dibattito su parità di genere ed etnia in emoji, l'estensione di nuovi codici emoji… davvero ci è voluto così tanto?

Rinunciando alla parola, ma salvo dalle allucinazioni monotematiche di Yo, Emojli si annuncia come il più poetico dei social network. Non è forse proprio della poesia e della metafora pompare il nostro pensiero e permettergli il balzo dall'immagine scritta alla visione assoluta?

La presentazione di Emojli comincia con un'affermazione inconfutabile: "I social network cadono a pezzi". Sembra non ci siano che due modi per combattere la noia dei vecchi social: disconnettersi, oppure inventarne di nuovi. È vero, Emojli è un nuovo social per un vecchio linguaggio—il "primo" emoji data 1999—e vedremo quali conigli tirerà fuori dal cilindro del processo comunicativo. Eppure, il suo fascino trattiene un aspetto inquietante.

Dopo la "grande liberazione espressiva" e relative delusioni del web 2.0, la nuova ondata di app e social network sembra voler rendere superflua la parola. Come in un dramma di Beckett, il linguaggio lentamente si spegne, stanco di se stesso. Eppure questo è tipico non di una nuova libertà, ma all'opposto, di una nuova repressione. Non sono forse i carcerati, gli studenti, i sottomessi, che non possono parlare?

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"Il vagabondo delle stelle" di Jack London racconta di un uomo imprigionato che, costretto in isolamento, riesce a comunicare con i vicini di cella battendo con le nocche sul muro. Racconta la propria storia, e ascolta quella degli altri. Al culmine della sofferenza, costretto in una camicia di forza per fargli confessare un crimine che forse non ha commesso, Darrell Standing sperimenta la piccola morte, e vaga fuori dal proprio corpo nel tempo e nello spazio, vivendo molte vite.

Una falsa, piacevolissima libertà. Ma sì ma basta! Anch'io divago, e in effetti è più che giusto limitare le parole: Emojli sarà un esperimento molto divertente. In fondo, emoji o lettere o numeri, per la matematica il linguaggio si costruisce in modo equivalente. Però penso, senza un alfabeto, cos'avrebbe potuto raccontare il prigioniero Darrell?

Appunto, poetico.