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Tecnologia

Una fontana molecolare della giovinezza ripara i muscoli e il cervello

La proteina GDF11 inverte il processo d'invecchiamento in tutti i tessuti su cui è stata testata.
Immagine: Cocoon/20th Century Fox

L’elisir di lunga vita non avrà nulla a che vedere con i computer o con la “coscienza scaricabile”. Quelle sono furberie per vendere libri, e Google. La vita si allungherà grazie alla biotecnologia e in particolare grazie alle staminali, le cellule del corpo che non si specializzano. Essendo indifferenziate, possono assumere le più diverse funzioni fisiologiche a seconda delle necessità, e quindi curare patologie e combattere l’invecchiamento. Un recente studio su Science parla di una proteina capace di invertire gli effetti dell’età nel cuore, nel cervello e nei muscoli scheletrici. Il risultato è sensazionale e, in qualche modo, piuttosto semplice.

È bene ricordare prima di tutto l'articolo pubblicato un anno fa dallo stesso team di Harvard. Si descrivevano gli esperimenti condotti su topi anziani con una di quelle proteine note come fattori di crescita, la GDF11. La GDF11 si lega ai recettori delle cellule staminali, influenzandone l’evoluzione. Quando si è capito che il livello di GDF11 si riduce con gli anni, è diventata importante per la ricerca sulle staminali e l’anti-invecchiamento. Questa proteina entra in gioco anche in una serie di altri processi curativi.

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Il team di Harvard ha usato due modi per alzare il livello di GDF11 nei topi anziani. Il primo, unendo chirurgicamente i sistemi circolatori di un topo vecchio e di uno giovane. Il secondo, semplicemente somministrando ai topi delle iniezioni di GDF11. Il risultato è sempre lo stesso: cuori giovani in topi vecchi. In particolare, regrediva l’ipertrofia del miocardio, ovvero l’ingrossamento del cuore dovuto all’invecchiamento. Se potessimo usare terapie simili sugli umani, avremmo una chiave per la cura dell’arresto cardiaco.

A sinistra la ricostruzione dei vasi sanguigni nel cervello di un topo anziano, a destra vasi sanguigni di topo anziano con il nuovo sangue. Immagine: Lida Katsimpardi/Science

I risultati sul cuore furono davvero inaspettati. Richard T. Lee, cardiologo e coautore dello studio pubblicato nel 2013, ha dichiarato su Nature, “Lo vedevamo come un test prettamente sperimentale utile a capire meglio l’invecchiamento cardiaco. Eravamo molto sorpresi quando ha funzionato.”

Rispetto allo studio dell’anno scorso, quello di oggi ha una maggiore estensione: l’esercizio motorio (muscoli scheletrici) e il miglioramento dell’olfatto, (cervello). I miglioramenti funzionali sono di rilievo in entrambi i casi, ma l’effetto non si limita alla rigenerazione del tessuto.

“Rispetto agli studi precedenti, che mostrano il ripristino della funzione delle cellule staminali muscolari e una riparazione del tessuto, in questo studio abbiamo notato anche la riparazione del DNA dai danni causati dall’invecchiamento,” ha spiegato in conferenza stampa Amy Wagers, principale autrice dello studio. “Oltre al miglioramento dei muscoli non manipolati, c’è stato un recupero funzionale. Sulla base di altri studi, pensiamo che l’accumulo del danno del DNA nelle cellule staminali muscolari possa significare che le cellule sono incapaci di moltiplicarsi efficacemente in cellule muscolari mature, processo necessario per una riparazione adeguata del muscolo.”

Una volta rimosso il materiale genetico danneggiato, è possibile che il tessuto rivitalizzato cominci a ripararsi da solo, come se fosse giovane. “Non siamo sicuri di come e perché questo accada,” dice Wagers. Il genoma ha delle interruzioni, tuttavia non sappiamo ancora se si tratti di un danno o di un sistema di riparazione.

Al momento i ricercatori sono in trattativa con una società d’investimento per ottenere i finanziamenti necessari a condurre gli studi che precedono la sperimentazione umana. Pare ci vorranno anni, forse decenni, prima che la GDF11 diventi una cura per le malattie dell’invecchiamento come l’Alzheimer e l’insufficienza cardiaca. Forse un giorno curerà l’invecchiamento stesso.