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Cibo

Il comune di Genova ha vietato di aprire ristoranti non europei in centro

Kebab, alimentari, lavanderie, ristoranti indiani. Il centro di Genova va alla ricerca del decoro attraverso l’esclusione di cucine straniere. Dicono che la gente è contenta, voglio vedere se hanno voglia di cinese alle 23.
Andrea Strafile
Rome, IT
Foto via Flickr 

Provate a immaginare di star passeggiando in un centro storico bellissimo, e che a un certo punto vi assalga la voglia di un kebab. O di Pad Thai. Il mondo è bello perché è vario, si gira un angolo e si ordina il proprio panino di carne che trasuda amore, cipolle e la misteriosa salsa bianca.

Da qualche giorno in uno dei centri più belli d’Italia sarà più difficile farlo.

Il Comune di Genova ha infatti appena approvato una delibera che impedisce di aprire nuovi esercizi alimentari 'etnici' (non europei) nel centro storico con effetto immediato. Ma non solo: oltre ai ristoranti di cui sopra, verranno colpite anche tutte quelle attività commerciali che "non valorizzano il territorio della città di Genova". Quindi, per fare qualche esempio, anche lavanderie 24 ore, sexy shop, phone center, internet point, alimentari e punti vendita di patatine fritte e altri surgelati.

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Il centro sarà diviso in due aree, una più ampia, dove sarà possibile aprire un’attività commerciale o di ristorazione 'etnica' se di alta qualità, e una 'zona rossa' più piccola in cui potranno essere presenti solo locali o negozi italiani, genovesi, liguri o di comprovata tradizione europea. Una prima bozza del regolamento prevedeva addirittura che la carne venduta fosse solo di provenienza locale, ma in seguito si è aperta la strada anche ai prodotti delle regioni confinanti.

Il tutto, nell'ottica dei proponenti, è stato fatto per garantire una sorta di decoro—anche se il rapporto tra gli esercizi elencati nella delibera e l'assenza di decoro, se generalizzato, resta arbitrario.

" Il fattore decoro in una città il cui centro è patrimonio UNESCO è fondamentale”

Per saperne di più ho contattato l’assessore al Commercio di Genova Paola Bordilli, che milita nelle fila della Lega e che, insieme all'assessore regionale allo Sviluppo economico Andrea Benveduti, ha voluto fortemente una delibera di questo tipo. "Il fattore decoro in una città il cui centro è patrimonio UNESCO è fondamentale”, mi ha detto al telefono.

“Già prima c’era un patto che impediva blandamente l’apertura di certe categorie merceologiche, ma facevano quasi sempre ricorso e vincevano. Così siamo andati a pescare una legge italiana e, dopo un primo rifiuto della giunta, siamo riusciti a presentare e approvare il testo definitivo”.

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Niente ramen da quelle parti, allora, ma un inno all’italianità e alla regionalità, che si trasmette attraverso l’estetica pulita e non squallida e, nell’area più ristretta, si traduce in una zona food che esalta le qualità delle DOP e delle IGP.

“Come comune ci impegniamo anche ad aiutare chi vuole valorizzare al massimo la nostra regione Liguria”, ha continuato. “Ci sono, nell’area rossa, dei posti che vogliamo affidare noi stessi aiutando, a patto che contengano prodotti liguri”.

E, ad esempio, se c’è un ristorante indiano già aperto? Lo si caccia? Se volessi aprire un locale che serve goulash o wurstel o kartopfen o zuppa di cipolle? “Se un ristorante o un posto etnico è già aperto—nella zona ampia—ovviamente non possiamo farlo chiudere. Ma deve adeguarsi in tempi non ancora dichiarati a determinate estetiche decise dalla delibera."

"Il nostro è un attacco anche al cibo precotto, che non rappresenta la nostra idea di cucina e territorio”.

“Se lei [invece] volesse aprire un ristorante francese o tedesco, certo, può farlo senz’altro. È un modo di rafforzare le identità delle nostre tradizioni”.

Ma l’uso del cibo precotto è vietato solo per le nuove attività, che non è una cosa che capisco molto bene. Al posto di rifare solo la facciata non si può anche mettere cibo decente? E solo io trovo la dicotomia etnico-decoro spaventosa? Non so voi, ma se fossi in centro a Genova e mi venisse voglia di sushi, vorrei potermelo mangiare.

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È che mi è difficile capire come si possa giudicare il decoro di un posto in base a generalizzazioni, alle cucine e ai colori.

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