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Italia

La mafia brucia vivi i gatti per appiccare incendi dolosi nelle foreste della Sicilia

Mentre interi ettari di territorio bruciano in Sicilia, dando vita a un'emergenza regionale, emergono particolari agghiaccianti sulle tecniche utilizzate per gli incendi dolosi.
[Foto via Flickr/zio fabio]

La mafia siciliana utilizza gatti randagi per appiccare incendi dolosi nei boschi della Sicilia.

Un metodo brutale utilizzato dai piromani con frequenza, come ha denunciato Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi — e come hanno confermato a VICE News fonti della polizia forestale.

Tra il 16 e il 17 giugno, gli incendi dolosi hanno devastato intere aree dell'isola: circa 800 roghi divampati contemporaneamente hanno bruciato 5.626 ettari di terra.

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Nelle province di Palermo, Messina, Trapani e Agrigento si sono registrati un centinaio di sfollati e decine di persone sono state portate in ospedale per malori. Un primo bilancio della Regione siciliana ha stimato danni per 30 milioni di euro solo per finanziare le operazioni di rimboschimento.

Dietro questa emergenza ambientale ci sarebbe però la mano dell'uomo — e in particolare quella di Cosa Nostra.

Secondo quanto dichiarato al Corriere della Sera dal Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, i piromani utilizzano diverse tecniche per appiccare gli incendi dolosi: una di queste prevede l'utilizzo di animali vivi - gatti, o maiali - che vengono cosparsi di benzina, incendiati e lasciati bruciare nei boschi.

L'intervista di Antoci è stata riportata anche dal Daily Beast che però, forse per un errore di traduzione dall'intervista originale, scrive che l'utilizzo dei gatti sia stato appurato dopo l'installazione di "telecamere nascoste" nel parco che sarebbe avvenuto "la scorsa estate."

Leggi anche: Come la Società Foggiana è diventata la mafia più brutale e sanguinosa d'Italia

In realtà, sia lo stesso Antoci che una fonte della sua scorta - che a maggio aveva protetto Antoci da un agguato mafioso - hanno smentito questa versione, negando l'esistenza di telecamere di sorveglianza all'interno della riserva naturale. Entrambi, però, hanno confermato l'utilizzo degli animali come uno dei metodi più gettonati dalla mafia per diffondere le fiamme senza essere sorpresi.

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Gatti, maiali, uccelli, qualsiasi animale sia facilmente avvicinabile dall'uomo può essere cosparso di benzina e liberato nei boschi.

Tuttavia il ricorso a questa pratica non sembra essere una novità. Già nel 2006, il direttore dell'Ispettorato dipartimentale delle foreste di Trapani Giacomo Patti aveva denunciato l'uso dei gatti come micce. E lo scorso anno l'Aidaa aveva parlava di almeno 1700 fra cani e gatti bruciati vivi, per macabro divertimento o con l'intento specifico di appiccare incendi.

Un'altra tecnica, più canonica ma altrettanto affidabile, prevede l'utilizzo di sigarette, fiammiferi e un po' di benzina, così da creare una specie di accendino a tempo: la lenta combustione della sigaretta dà fuoco alla benzina che funge da conduttore per i fiammiferi, il cui compito è quello di alimentare il fuoco. Il tutto per avere il tempo di allontanarsi dal focolaio.

Intanto, le procure di Palermo e Termini Imerese hanno aperto due inchieste sulla diffusione degli incendi. La teoria dell'autocombustione ipotizzata inizialmente da alcune amministrazioni locali ha avuto vita breve: la tempistica con cui sono stati appiccati i focolai e la loro localizzazione - i primi sono partiti nelle zone montuose, gli ultimi in quelle costiere - non lasciano molti dubbi sulla loro natura dolosa.

Una conferma esplicita su questa tesi è arrivata anche dal governatore della regione Rosario Crocetta: "C'è un attacco politico mafioso dietro questi incendi," ha detto il presidente. "È un disegno preciso politico, affaristico, criminale della mafia ma anche un attacco a un governo che combatte la mafia. Faremo i controlli sulla forestale e continueremo a segnalare anomalie alla procura antimafia il rischio di ritorsione sui licenziati per mafia. Ci saranno altri licenziamenti."

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C'è anche chi punta il dito contro gli operai forestali stagionali, che lavorano su chiamata in caso di emergenze ambientali: solo ad aprile ne sono stati espulsi 233 perché avevano all'attivo alcune condanne per mafia — oltre a denunce per reati contro il patrimonio pubblico, tra cui l'incendio doloso.

E in effetti anche l'ultimo piromane arrestato a Palermo una decina di giorni prima degli incendi era un operaio della forestale.

Gli incendi potrebbero anche essere una ritorsione per le azioni contro la cosiddetta "mafia dei pascoli" e le sue truffe all'UE, che sono valse numerose intimidazioni e un recente attentato proprio a Giuseppe Antoci.

"Alla favoletta dell'autocombustione possono crederci solo i bambini," ci ha detto al telefono, "I piromani avevano calcolato anche che ci sarebbe stato vento di scirocco."

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Foto di zio fabio via Flickr in Creative Commons