Abbiamo chiesto a un po' di esperti se la fine del mondo è vicina
Foto via Wikipedia Commons/Shutterstock. Grafica di Noel Ransome.

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Cibo

Abbiamo chiesto a un po' di esperti se la fine del mondo è vicina

Sembra che dovremmo preoccuparci più dell'ambiente e meno delle bombe atomiche.

L'idea della fine del mondo mi accompagna tragicamente e romanticamente fin dalla tenera età. Tutto è iniziato più o meno quando mio fratello maggiore mi disse che l'universo non ha fine—all'età in cui portavo gli occhi al cielo notturno limpido e pieno di alieni (ahem, luci), tanto affascinata quanto spaventata dal mondo. Qualche mese dopo uscì Armageddon. Cercai di evitare di guardarlo fino alla fine. Nello stesso periodo mio padre stava leggendo Codice Genesi, e a tavola mi capitava di intercettare i suoi commenti sulla fine del mondo, rivolti a mia madre tra una forchettata e l'altra.

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Vent'anni e svariate profezie più tardi, eccoci nel 2018, tra la minaccia di una guerra nucleare, disastri naturali, la sempre meno probabile invasione aliena e l'orologio dell'Apocalisse che segna poco più di due minuti alla fine. Ho chiesto a un po' di esperti di questioni militari e ambientali (ma non solo) cosa aspettarci dal domani.

RICHARD ZURAWSKI, meteorologo, docente ed ex divulgatore televisivo - Halifax

VICE: Pensa che da un punto di vista climatico siamo vicini alla fine del mondo? Richard Zurawski: Stiamo assistendo a un ecocidio, e i fattori di maggiore preoccupazione sono due. Da una parte, una popolazione a crescita insostenibile, soprattutto nel mondo non-occidentale. Dall'altra, ciò che abbiamo nella parte occidentale e capitalista del mondo e che compensa per la popolazione, ovvero la crescita dei consumi: un cappio che si stringe sempre più intorno al nostro collo, manovrato dall'ipercapitalismo delle politiche neoliberiste e dall'enorme divario tra ricchi e poveri.

Il capitalismo e i consumi ci servono per poter mantenere la supremazia economica, e ci impediscono di guardare a cosa succede nel resto del mondo. Così continuiamo a comprare macchinoni, a vivere in case enormi e a parlare di ogni piccolo mutamento nelle nostre abitudini come di qualcosa che ci aiuterà a sopravvivere per i prossimi cinquant'anni—quando nella realtà non è così. Le conseguenze dei nostri consumi smodati sono ovunque, dalla plastica negli oceani allo scioglimento dei ghiacciai. La civiltà così come la conosciamo si esaurirà nel giro di cinquant'anni, se non prima.

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Nello specifico, cosa pensa succederà?
Innanzitutto, i ricchi inizieranno a creare enclave per tenere tutti noi altri a debita distanza, nell'illusione di poter sopravvivere con tutti i loro milioni di dollari spesi in sistemi di comunicazione e infrastrutture. Ma le infrastrutture inizieranno a collassare, a partire dalle reti elettriche. E quando l'energia si ferma, si ferma anche tutto il resto. Allora inizierà la lotta per le risorse naturali, e da lì tutto crollerà un po' alla volta. Dalla fine dell'età dei cacciatori-raccoglitori a oggi ci sono stati poco più di una decina di grandi imperi e ognuno di questi è finito. Ed è finito in tragedia. Gli Stati Uniti sono un po' come questi imperi.

Quindi secondo lei siamo alla fine della civiltà occidentale, dopo la quale si arriverà alla fine dell'umanità?
Sì.

CHRIS MADSEN, esperto di difesa presso il Canadian Forces College e il Royal Military College of Canada

**VICE: Da una prospettiva puramente militare, ritiene la situazione sia abbastanza disastrosa da poter parlare di fine del mondo?
**Chris Madsen: Siamo in un periodo relativamente pacifico, quindi la minaccia di una guerra mondiale o di un olocausto nucleare è piuttosto remota. Anzi, la maggior parte degli eserciti si preoccupa più che altro di come giustificare agli occhi del pubblico le spese militari. I conflitti oggi sono sempre più regionali e sempre più tra attori non statali, e anche un ipotetico uso di armi nucleari avverrebbe su scala locale e attirerebbe subito la condanna di tutto il mondo. Queste condizioni suggeriscono che questo stato di relativa pace continuerà nel futuro prossimo.

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A mio parere, le maggiori minacce alla civiltà oggi sono la degradazione dell'ambiente e le pandemie. Entrambe sono collegate all'aumento della popolazione e del consumo delle risorse naturali. Stiamo rendendo il nostro pianeta inabitabile. La nostra salvezza potrebbe arrivare da una maggiore coscienza del nostro impatto sull'ambiente o dal migrare su un altro pianeta. Se rimanesse disabitata per 20mila anni la Terra tornerebbe al suo stato naturale, quindi comunque la fine del mondo non è veramente "del mondo"—è solo la fine dell'umanità.

J. D. HARRINGTON, ufficiale della National Aeronautics and Space Administration (NASA), Washington

**VICE: A suo avviso, tra potenziali pandemie e minacce di invasione da parte di forme di vita extraterrestri, quanto è vicina una catastrofe per la civiltà umana?
**J.D. Harrington: Sfortunatamente non siamo in grado di rispondere alle sue domande in materia. Il Planetary Protection Officer della NASA ha il compito di proteggere i corpi celesti del sistema solare (pianeti, lune, comete, asteroidi) dalla contaminazione terrestre, e proteggere la Terra dalla contaminazione con possibili forme di vita portate da altri corpi celesti del sistema solare. La NASA e le altre agenzie spaziali del mondo lavorano per proteggerci da involontarie contaminazioni frutto di missioni di ricognizione e raccolta campioni.

ERIC OUELLET, esperto di difesa presso il Canadian Forces College e il Royal Military College of Canada

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VICE: Data la sua conoscenza militare e i fattori di tensione globali—la minaccia nucleare o legata alle armi di distruzione di massa—ci stiamo avvicinando un momento in cui la sopravvivenza dell'umanità è seriamente a rischio? Eric Ouellet: La risposta secca è no, non penso che oggi siamo più vicini alla fine del mondo di quanto non lo fossimo 50 o 100 anni fa. C'è ancora un grosso equilibrio di forze tra le grandi potenze globali. E questo equilibrio—dato che queste grandi potenze hanno tutte le armi nucleari—impedisce loro di attaccarsi direttamente. Da questo punto di vista non mi sembra sia cambiato tanto. Anche paesi considerati più sconsiderati come la Corea del Nord in realtà lo sono meno di quanto non sembri.

Per quanto riguarda le armi di distruzione di massa, sono sì temute, ma ci sono molti problemi tecnici che le rendono molto difficili da usare—altrimenti probabilmente verrebbero usate più spesso. Non credo che dovremmo preoccuparci troppo. Per questi due motivi direi che no, non siamo vicini alla fine del mondo, almeno non da un punto di vista militare.

**Come vede il mondo tra 100 o 150 anni?
**Nell'ultimo secolo abbiamo assistito a un lento declino dell'Occidente, iniziato con la prima guerra mondiale. È difficile prevedere quali saranno i progressi tecnologici dei prossimi 100 o 150 anni ma direi che probabilmente vedremo più conflitti interessare il mondo Occidentale, proprio a causa di questo declino. Per ora però non sono troppo preoccupato. È improbabile che accada qualcosa di veramente catastrofico, per il momento.

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JAMES THOMPSON, esperto di zombie e autore di Rise of the Mudmen

VICE: Dal punto di vista delle possibilità di un'apocalisse zombie, siamo vicini alla fine del mondo? James Thompson: Può darsi, anche se non credo lo sapremo mai prima che accada. Capiamo ancora troppo poco della natura e ancor meno del modo in cui interagiamo con essa. Lo sviluppo di armi chimiche e batteriologiche potrebbe avere effetti collaterali inaspettati, e sopratutto iniziare a giocare con la manipolazione genetica potrebbe rendere realistico il concetto di zombie. Non "zombie " nel senso morti che escono dalle tombe e mangiano i cervelli. Ma non è difficile immaginare, per esempio, che il virus della rabbia si evolva in modo da infettare gli esseri umani e sfruttare i loro istinti più violenti e primordiali. Il lato positivo è che se siamo consapevoli di questa possibilità possiamo mettere in campo dei rimedi come vaccini e quarantene. Se invece succede qualcos'altro, qualcosa che non immaginiamo—ecco che arriva la vera epidemia. E come ogni grande pandemia ci ha insegnato negli ultimi 200 anni, basta un semplice errore per cancellare dalla faccia della terra un sacco di gente.

Le interviste sono state editate e condensate per ragioni di chiarezza.

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