Il fascino problematico di "All The Things She Said" delle t.A.T.u.
Foto via Wikimedia.

FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Il fascino problematico di "All The Things She Said" delle t.A.T.u.

Come un tormentone progettato per fare soldi sugli istinti più bassi degli uomini si è trasformato in un inno queer (cantato da un'omofoba).
Daisy Jones
London, GB
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

"All the Things She Said" ha molti aspetti del tutto sbagliati. La canzone, uscita durante l'estate del 2002 a nome del duo pop russo t.A.T.u., era praticamente la trama di una telenovela a tema omoerotico a ritmo euro-trance. Ma Lena Katina e Yulia Volkova non erano queer nella vita. Erano due persone apertamente eterosessuali che si fingevano queer per una canzone e relativo video. E, inoltre, il progetto era stato creato a tavolino da due vecchi uomini che avevano organizzato dei provini per trovare ragazze giovanissime disposte a vestirsi in uniforme da scolaretta e limonare tra di loro per vendere dischi. Se quel video fosse uscito qualche anno dopo, le t.A.T.u. avrebbero rischiato di trovarsi nello stesso calderone di gente come Robin Thicke e Iggy Azalea o, più probabilmente, il progetto non si sarebbe nemmeno mai staccato dal suddetto tavolino.

Pubblicità

Ma allora era allora, e "All the Things She Said" fu un successo istantaneo—ed è un eufemismo. Rimase al primo posto della classifica italiana dei singoli per un mese, e non uscì dalla classifica prima di 16 settimane; fu il settimo singolo più venduto dell'anno. Le copie vendute nel mondo furono milioni, vinse il disco d'oro in sette paesi e quello di platino in cinque—niente male per una canzone scritta da una certa Elena Kiper, che racconta di aver sognato di essersi innamorata di una donna durante un'anestesia dal dentista. Si sarebbe svegliata urlando "ho perso la testa" e avrebbe immediatamente trascritto tutto.

Naturalmente, la canzone e il video si trascinarono dietro alcune polemiche. Ma gli spettatori non erano preoccupati del fatto che il duo facesse finta di essere queer per fare soldi mentre le vere persone queer non potevano esprimersi liberamente sugli stessi canali. A farli arrabbiare era l'immagine di due ragazze vestite da cheerleader che si baciavano, nonostante questo tipo di immaginario eterocentrico fosse stato al centro dell'immaginario popolare per anni e anni. Nei talk show si incitava all'eliminazione del video in quanto "assecondava i pedofili" (viene da chiedersi dove fosse stata questa gente per l'intera durata degli anni Ottanta e Novanta, o solo pochi mesi prima quando Britney mimava orgasmi appoggiata all'armadietto di scuola in "…Baby One More Time"). ITV bandì il video da CD:UK perché non era "adatto ai bambini" (di nuovo: come gli era sfuggita Madonna?!). La BBC poi negò di aver bandito il video da Top of the Pops, anche se sembra strano che non lo abbiano trasmesso visto che rimase l'unica canzone che la gente comprò per settimane.

Pubblicità

Ma non si possono ignorare i crudi fatti: "All the Things She Said" è una canzone veramente incredibile. Se si parla soltanto di suono, merita un posto d'onore nel palazzo del pop, a fianco di "Believe" di Cher e "Fetish" di Selena Gomez. Quelle linee di synth lente e riverberate dell'intro; i beat industrial che sembrano sample di vetri che s'infrangono; le voci soffici e dolci inserite tra muri di suono densi e oscuri; il ritornello ad alto tasso di dramma creato appositamente per essere urlato fino a farsi bruciare la gola: "All the Things She Said" è una traccia da club quasi perfetta. Se stiamo cercando il vero motivo del suo fascino intramontabile e della sua resistenza in tutti questi anni, è questo.

Ma ci sono altre ragioni per cui tanto la canzone quanto il video colpiscono così duro. Ai giorni nostri, la visibilità queer è tanto diffusa quanto il rosa millennial, l'astrologia e i meme sugli starter pack, ma nei primi anni Zero l'unico specchio delle nostre vite era una piccola parte di un episodio di soap opera—che di solito finiva con la morte di qualcuno—o gli stereotipi pop degli uomini gay, ampiamente considerati più accettabili e "divertenti" delle loro controparti femminili o non-binarie dal pubblico eterosessuale. Di conseguenza, molte di noi si facevano bastare qualunque cosa assomigliasse anche lontanamente alle nostre storie personali, per quanto insincere, problematiche o direttamente trash (vedi Katy Perry, "I Kissed a Girl"). Chissà se questa canzone sarebbe diventata così famosa se fosse uscita nel 2017—in un momento in cui pop star come Halsey e Kehlani non si fanno problemi a usare pronomi espliciti nei loro testi—ma allora, canzoni come questa erano una rarità.

Per cui, anche se le t.A.T.u non erano esattamente "vere", è importante? O, meglio: era importante allora? Hanno pur sempre dato una voce all'angoscia esistenziale delle teenager queer, e siamo state noi a trasformarla in un inno. In quel senso, ogni volta che questa canzone rimbomba fra le pareti di un supermercato insieme a lei si libra nell'aria un senso di nostalgia queer. Ciò detto, negli anni dall'uscita del singolo, i commenti del duo sulla comunità LGBTQ sono stati a dir poco scioccanti, per non dire disgustosi. "Mi sembra che le lesbiche siano esteticamente molto più belle di due uomini che si tengono per mano o che si baciano. Voglio dire che non sono contro i gay, ma voglio che mio figlio diventi un vero uomo, non un frocio", ha dichiarato Volkova nel 2014, prima di ritrattare (più o meno) insieme a Katina qualche giorno dopo. È piuttosto assurdo e anche da stronze fare soldi con la comunità LGBTQ per poi snobbarla a fatto compiuto. Come tanti idoli, prima danno e poi riprendono.

Quindi, ecco, questa canzone è davvero l'unica cosa positiva che queste due abbiano mai fatto—e a voler essere precisi non era nemmeno loro intenzione. Bisogna ammettere che, passati 15 anni, è facile farsi commuovere da qualcosa solo perché riuscì a far diventare pioggia torrenziale e recinti di metallo un simbolo e perché ha un ritornello drammatico che suona da dio quando sei fatta. Ma non penso di star considerando "All the Things She Said" con eccessivo e immeritato sentimento. Sinceramente, provate a riascoltarla adesso—è una cazzo di bomba—e ha anche offerto a noi ragazze queer l'opportunità di trasformare un trucchetto di marketing in un'arma potente per noi stesse—alla faccia di Volkova e della sua esplicita, imbarazzante omofobia. E per quanto questa band sia lontanissima dallo status di icone queer (vi prego!), non c'è mai stato più bisogno di ragazze che limonano sotto la pioggia al ritmo di uno strano ibrido rock-trance. Io, di sicuro, non aspetto altro.

Segui Noisey su Instagram e Facebook.