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Un momento del passaggio di consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni, il 23 ottobre del 2022. Grab via YouTube/Palazzo Chigi.
Attualità

Dieci cose che ha fatto il governo Meloni nel suo primo mese

Tra decreti "antirave," guerra alle Ong e abolizione del reddito di cittadinanza, ecco i principali provvedimenti presi dal nuovo esecutivo di destra.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

È passato un mese da quando Giorgia Meloni ha ricevuto la campanella a Palazzo Chigi da Mario Draghi, diventando così il “primo presidente del Consiglio” donna della storia repubblicana d’Italia.

Nel suo lungo discorso di insediamento in Parlamento, la leader di Fratelli d’Italia ha assicurato che il suo governo di “alto profilo” avrebbe lavorato “spedito per rispondere alle urgenze della nazione e dei cittadini.”

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Tuttavia, i primi trenta giorni non sempre sono andati in questa direzione—e spesso e volentieri le priorità sono sembrate altre. Qui di seguito, dunque, ho cercato di tracciare un bilancio del primo mese del governo Meloni attraverso i decreti, le proposte di legge e alcune dichiarazioni dei ministri.

Le proposte di legge antiabortiste

Il primo giorno della legislatura sono state depositate non una, ma tre proposte di legge marcatamente antiabortiste.

La prima, presentata dal senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, prevede il riconoscimento giuridico del feto attraverso la modifica dell’articolo 1 del codice civile. In concreto, il feto potrebbe diventare vittima di reato e l’aborto potrebbe addirittura configurarsi come omicidio volontario.

La seconda—sempre a firma di Gasparri—punta a istituire la “giornata della vita nascente,” ossia una ricorrenza nazionale chiesta da anni da varie associazioni antiabortiste. L’ultima invece è del senatore leghista Massimiliano Romeo e tra le varie cose contempla la creazione di un fondo per “il sostegno della maternità” che, attraverso aiuti e contributi, dovrebbe convincere le donne a non abortire.

Il decreto legge “antirave”

Il primo decreto legge del governo Meloni ha introdotto un nuovo reato contro i “raduni pericolosi”—ossia i rave—sull’onda delle polemiche mediatiche scaturite dal WitchTek 2022, che si è tenuto (senza alcun problema di sorta) alla fine di ottobre in un capannone dismesso poco fuori Modena.

Nella sua formulazione originaria, il reato prevede pene fino a sei anni di carcere per chi “organizza o promuove” raduni non autorizzati con più di 50 persone.

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Per la sua vaghezza e sproporzione la norma è stata duramente contestata dai diversi giuristi, che hanno parlato di “assoluto analfabetismo legislativo” ed evidenziato i profili di incostituzionalità con l’articolo 17 della Costituzione, che tutela la libertà di riunione dei cittadini.

La maggioranza ha comunque fatto sapere che in sede di conversione parlamentare il decreto sarà rivisto in vari punti, e che le pene saranno sensibilmente più basse.

La guerra alle Ong

Una delle prime azioni del nuovo governo è stata quella di riprendere la guerra alle Ong che fanno salvataggi nel Mediterraneo centrale. Si è dunque tornati a parlare di “porti chiusi”, sequestri di navi e “decreti sicurezza”—tutte cose che pensavamo di esserci lasciati alle spalle da quando Matteo Salvini non è più al Viminale.  

Il ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, ha ribadito che “nel nostro paese si entrerà solo legalmente,” mentre Giorgia Meloni ha definito le imbarcazioni delle Ong delle “navi pirata” e il ministro degli esteri Antonio Tajani ha rispolverato la vecchia (e screditata) accusa dei “taxi del mare.”

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In realtà, le Ong effettuano solo il 16 percento dei salvataggi; la maggior parte dei migranti arriva autonomamente oppure è soccorso dalla guardia costiera italiana. Politicamente però le Ong sono un obiettivo facile, soprattutto per un governo di destra che già in passato aveva fatto di tutto per ostacolare le loro operazioni—violando ripetutamente il diritto marittimo e le norme internazionali.

La crisi diplomatica con la Francia

Strettamente legata alla questione delle Ong c’è la prima grossa crisi diplomatica del governo Meloni: quella con la Francia.

Le tensioni sono sorte intorno allo sbarco della nave Ocean Viking della Ong francese SOS Mediterranée. Inizialmente la nave era diretta verso l’Italia, ma il governo non aveva dato l’autorizzazione allo sbarco nella convinzione che la Francia avesse già assegnato il porto di Tolone.

Tuttavia, secondo varie ricostruzioni, non c’era alcun accordo tra i due paesi. L’esecutivo italiano aveva preso quella decisione sulla base di un’agenzia di stampa che non era stata smentita—ma nemmeno confermata—dall’esecutivo francese.

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La nave è infine attraccata in Francia, ma la reazione è stata molto dura. Il governo ha infatti sospeso il “meccanismo volontario di solidarietà” con l’Italia, attraverso il quale si era impegnata ad accogliere 3500 migranti. Nemmeno il colloquio telefonico tra Emmanuel Macron e il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha fatto rientrare del tutto la crisi.

Lo stop alle “bistecche sintetiche”

Passando ad altre guerre di questo governo, va menzionata quella contro le cosiddette “bistecche sintetiche.”

Intervenendo al congresso di Copagri il 9 novembre, il ministro dell’agricoltura e della “sovranità alimentare” Francesco Lollobrigida—che è anche il cognato di Giorgia Meloni—ha giudicato “criminale” l’idea che “sui piatti dei nostri figli ci siano bistecche realizzate in laboratorio.”

Lo stesso ha poi rincarato la dose in un question time al Senato qualche giorno dopo, riferendosi alla notizia che la Food and Drug Administration per la prima volta ha approvato il pollo coltivato in laboratorio da una startup.

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Ovviamente, ci vorrà ancora molto tempo—si parla di un decennio—per arrivare a una distribuzione di massa; ma per Lollobrigida è una cosa che succederà praticamente domani. E dunque, ha detto in aula, “garantisco che finché saremo al governo sulle tavole degli italiani non arriveranno cibi creati in laboratorio.”

L’aumento del tetto al contante

Quello di innalzare il tetto sull’uso del contante, cioè la soglia sopra la quale è vietato usare i contanti, è un chiodo fisso della Lega.

Alla fine di ottobre il partito ha presentato un disegno di legge per alzare il tetto da duemila (introdotto nel 2020 dal governo Conte II) a diecimila euro. La presidente del consiglio Giorgia Meloni si è detta d’accordo, perché a suo dire quella soglia “penalizza i più poveri”—anche se non ha mai spiegato in che modo.

La proposta è stata criticata da più parti e descritta come un regalo agli evasori fiscali, come confermato anche da uno studio del 2021 della Banca d’Italia.

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Anche all’interno della maggioranza c’erano malumori, soprattutto da parte di Forza Italia, ma alla fine si è trovato il compromesso: il tetto è stato alzato a cinquemila euro (non più diecimila) ed è finito nella legge di bilancio approvata dal consiglio dei ministri il 21 novembre del 2022.

L’aumento dei biglietti nei musei per “colpa” degli attivisti climatici

A proposito di aumenti, il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano—ex direttore del TG2, che all’epoca del governo gialloverde aveva trasformato in un organo di propaganda degno della Corea del Nord—ha annunciato un incremento del prezzo di mostre e musei a causa degli attivisti climatici, che nelle ultime settimane hanno compiuto varie azioni contro quadri e opere d’arte.

Sul serio: “La violenza insensata e gratuita che prende di mira i quadri, le installazioni, le opere e le strutture dei nostri musei e gallerie spinge a prendere immediati provvedimenti,” si legge in una nota del ministero, tra cui per l’appunto “un aumento del costo del biglietto d’ingresso.”

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C’è da dire che Sangiuliano aveva già ventilato l’ipotesi di far pagare di più i biglietti. All’inizio di novembre si era detto “assolutamente contrario ai musei gratis,” perché è una misura che “non regge sul piano economico” e inoltre “deprezza il valore delle opere.” Le dichiarazioni avevano innescato una polemica con Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla cultura, che invece vorrebbe estendere la gratuità dei musei.

Il bonus per i matrimoni in chiesa

Per rimanere in tema di priorità, la Lega ha presentato nei giorni scorsi un disegno di legge che prevede un bonus per i matrimoni—ma solo quelli celebrati in chiesa.

L’agevolazione consiste in una detrazione d’imposta fino al 20 percento su varie voci di spesa legate ai matrimoni, tra cui catering, bomboniere e servizi fotografici. I beneficiari di questo bonus sono le coppie con meno di 35 anni e con meno di 23mila euro di Isee.

La proposta, che era già stata avanzata nel 2018, ha suscitato diverse critiche legate alla distinzione tra rito civile e religioso. Il costituzionalista Massimo Luciani l’ha definita una norma potenzialmente incostituzionale, mentre l’arcivescovo Vincenzo Paglia ha detto che “se lo stato vuole aiutare le famiglie ben venga, ma tutte le famiglie.”

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Di fronte alle polemiche, l’esecutivo ha preso le distanze dicendo che “non è allo studio” nessun provvedimento del genere.

L’abolizione del reddito di cittadinanza

Uno dei punti principali del programma della coalizione di destra era l’abolizione del reddito di cittadinanza (Rdc), la misura di sostegno al reddito introdotta nel 2019. Giorgia Meloni, in particolare, l’ha definito un “metadone di stato” che ha fatto solo danni.

Ecco: nella legge di bilancio è prevista la sua abolizione a partire dal 2024, mentre nel 2023 sarà limitato a otto mesi per gli occupabili. Quest’ultimi dovranno poi partecipare per almeno sei mesi a un corso di formazione o riqualificazione, e se non lo faranno perderanno il sostegno. Dai primi mesi del 2023, inoltre, non sarà più possibile presentare domanda per il Rdc.

In una nota, il ministero dell’economia ha annunciato che il risparmio per il prossimo anno sarà di 743 milioni di euro, e che ci saranno “maggiori controlli sul fronte di chi lo percepisce e di chi riceve offerte di lavoro.”

Al momento non si sa da cosa sarà sostituto il reddito di cittadinanza, che secondo l’Istat ha avuto un ruolo “non trascurabile” nel contrasto alla povertà: nel 2020, il sostegno ha evitato che circa un milioni di cittadini scivolasse sotto la soglia della povertà assoluta.

La riduzione dell’Iva su assorbenti e prodotti per l’igiene mestruale

Della serie “ha fatto anche cose buone,” almeno una cosa buona questo esecutivo l’ha fatta: la riduzione dell’Iva al 5 percento su pannolini, assorbenti e prodotti per l’igiene delle persone che hanno il ciclo mestruale, inserita nella legge di bilancio.

Per quelli compostabili (che sono più costosi) la tassazione era già stata ridotta al 5 percento tre anni fa, mentre su quelli non compostabili l’aliquota era passata dal 22 al 10 percento l’anno scorso.

Da anni la cosiddetta tampon tax è al centro del dibattito politico, e in alcuni paesi—come la Scozia—l’accesso agli assorbenti è completamente gratuito. In Italia sono stati fatti vari tentativi, come quello del 2019 da parte dell’ex presidente della camera Laura Boldrini e di altre deputate, tutti però bocciati perché ritenuti troppo onerosi per l’erario.

In quest’ultimo caso, la maggioranza parlamentare era composta da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.

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