Tecnologia

Gli scienziati che stanno studiando con urgenza le temperature a cui non potremo sopravvivere

La “Temperatura di bulbo umido” è caratterizzata da temperatura e umidità così alte da causare la morte anche in individui sani. E accade sempre più spesso.
Daniele Ferriero
traduzione di Daniele Ferriero
Milan, IT
Un occhio
Immagine da Getty Images.

Le ondate di caldo delle ultime settimane hanno fatto segnare ulteriori record, per esempio in California, e aumentato esponenzialmente il rischio di incendi. In più, sono state individuate come causa delle morti anomale di 100 persone in tutto lo Stato californiano. Queste temperature hanno un qualcosa di apocalittico.

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Per questo, gli scienziati stanno studiando condizioni di calore e umidità tali da uccidere improvvisamente un essere umano—un fenomeno che sta diventando sempre più comune e frequente a causa del cambiamento climatico.

La questione è illustrata al meglio in una ricerca del 2020 pubblicata su Science Advances, dall’allarmante titolo The emergence of heat and humidity too severe for human tolerance,” ovvero “L’insorgere di temperature e umidità troppo rigide per la tollerabilità umana.” Secondo i modelli climatici più rinomati, simili condizioni non erano attese prima della metà del secolo, eppure sono già qui tra noi.

Nello studio menzionato Radley Horton, ricercatore e professore presso l’osservatorio Lamont-Doherty della Columbia University, ha esaminato insieme ai suoi colleghi i dati raccolti tra il 1979 e il 2017 dalle stazioni meteorologiche di tutto il mondo, trovando oltre 7.000 istanze di quanto viene chiamata “Temperatura di bulbo umido,” che può potenzialmente condurre alla morte. Si tratta infatti di un punto oltre il quale il corpo umano non riesce più a gestire la sudorazione e la sua evaporazione, e non ha quindi modo di raffreddarsi. Situazioni del genere sono state riscontrate in maggioranza nel sud dell’Asia, lungo le coste del Medio Oriente, e il sud ovest del Nord America.

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Tali condizioni non sono in realtà troppo difficili da immaginare e, secondo lo studio, occorrono quando l’umidità relativa è sopra il 95 per cento e le temperature si attestano almeno ai 31 gradi Celsius.

Il corpo umano in questi casi è sostanzialmente incapace di sopportare la situazione e, se la temperatura si alza fino ai 35 gradi, è possibile che anche gli individui in salute finiscano per morire. “Persino se siedono all’ombra, se non hanno alcuna patologia pregressa o indossano vestiti che permettono la traspirazione. Addirittura anche in caso abbiano una riserva infinita di acqua a disposizione”, sostiene Horton. “Se c’è quel grado di umidità, è impossibile impedire al corpo di andare in surriscaldamento. Questione di termodinamica.”

Le sue ricerche sono state supportate dalla National Oceanic and Atmospheric Administration nordamericana e il che fa comprendere quanto il governo statunitense si stia attivamente adoperando per studiare simili casistiche di morte spontanea. “Alcuni luoghi hanno già riportato simili condizioni,” ha dichiarato un comunicato stampa della NOAA, che sostiene diversi progetti scientifici in questo campo.

La sudorazione è una funzione indispensabile e necessaria per gestire le giornate più calde. Una volta arrivate sulla superficie della pelle, le gocce di sudore possono diventare così calde da trasformarsi in vapore e dissolversi, contribuendo così a dissipare il calore e abbassare la temperatura corporea interna. Il problema è che c’è una soglia oltre la quale l’atmosfera non è più in grado di gestire e prendere umidità: l’acqua può trasformarsi nel suo stato gassoso solo se l’aria che circonda il corpo è abbasta secca da “accettarla.” Per questa ragione il caldo più secco, come quello del deserto, è sostanzialmente più gestibile.

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“Abbiamo bisogno del differenziale tra il corpo umano e l’ambiente circostante. Se l’aria tutt’intorno sta già trattenendo umidità a sufficienza e in abbondanza, viene a mancare quel gradiente,” riporta Horton. Dunque, nei giorni umidi, l’acqua emessa dai nostri corpi rimane semplicemente lì e diventa sempre più calda, senza evaporare.

Si tratta di un meccanismo non troppo dissimile da quello di una sauna, nel quale il tuo corpo continua a collezionare sudore invece di eliminarlo, finché il calore diventa così intenso da costringerti a uscire. Un numero sempre più elevato di regioni e stati sta raggiungendo queste condizioni: il sud est degli Stati Uniti, il Golfo del Messico e l’Australia del nord, ad esempio.

Secondo Horton, sul breve periodo sarà più che altro questione di adattamento comportamentale: per esempio, si farà più ricorso all’aria condizionata. Tuttavia, mentre il caldo imperversa e la rete elettrica non sempre regge la pressione, l’affidabilità di questi apparecchi e tecnologie diventa sempre più incerta. Senza contare che l’accesso all’aria condizionata non è sempre garantito o da dare per scontato. Migranti, lavoratori agricoli o chiunque viva in povertà energetica avranno molta difficoltà a gestire la situazione.

Matthew Lewis, direttore della comunicazione presso l’YIMBY, un gruppo di sostegno per gli alloggi, in un recente thread su Twitter ha sottolineato che queste condizioni climatiche potrebbe diventare presto un fattore centrale e determinante per la migrazione climatica. “Molti dei posti che oggi ospitano gli esseri umani, un domani diventeranno del tutto inabitabili,” enfatizza. “Le popolazioni locali dovranno per forza di cose migrare.” Lewis sollecita quindi stati, regioni, municipalità e paesi a prepararsi per questa eventualità, nonché le persone comuni a prodigarsi per eleggere rappresentanti che credano e tengano a questo tema.

Inoltre, esorta chi si occupa delle previsioni meteorologiche a includere gli indicatori della temperatura di bulbo umido, “come pubblico servizio,” così come alcuni già fanno per la qualità dell’aria o il livello d’umidità. Tuttavia, è giusto sottolineare che non esistono ancora standard in merito e questo può creare confusione. “Il fatto stesso che non esista uno standard e che la maggior parte delle persone non sappia spiegare esattamente cosa significhino queste misurazioni suggerisce che abbiamo ancora molto su cui lavorare,” chiosa.