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Ho provato a capire quel suicidio collettivo del PD che è stata l'assemblea

Che cosa è successo durante le otto ore dell'assemblea? Nessuno lo sa, anche quelli che le hanno guardate per intero (io).

Ieri il Partito Democratico ha tenuto una disperata, infinita assembleadella durata di otto ore. Lo scopo della terapia di gruppo all'hotel Parco dei Principi a Roma era cercare di evitare una scissione abbastanza ineluttabile a opera della minoranza, un'area più o meno riconducibile alla vecchia guardia del PD e delfini vari—D'Alema, Bersani, Rossi, Epifani, Speranza, Emiliano e la salma di Stalin.

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Che cosa è successo durante queste otto ore? Nessuno lo sa, anche quelli che le hanno guardate per intero (io). Infatti l'assemblea è stata lo spettacolo più puramente PD offerto dal PD degli ultimi anni: un gruppo di persone di cui non si capisce chiaramente cosa stiano dicendo o perché, ma che sai per certo si stanno lamentando per qualcosa. Se questo articolo dovesse contenere delle imprecisioni, voi potete a vostra volta andare a lamentarvi da Massimo D'Alema.

L'unica cosa che possiamo dire—dato che le stesse dichiarazioni degli scissionisti cambiano ogni venti minuti—è che per la minoranza dem una delle condizioni fondamentali per rimanere nel partito era la rinuncia di Renzi a ricandidarsi come segretario una volta rassegnate le dimissioni (che comunque non volevano rassegnasse perché lo odiano). Sembra un ragionamento pazzo? Deve essere, perché lo è.

Nel Mulino che vorrebbe D'Alema, insomma, Renzi non si dimette dalla carica di segretario che occupa(va) adesso, sostiene il Governo Gentiloni fino alla sua fine naturale (il 2018) e nel frattempo con molta calma convoca il congresso per settembre/ottobre, che tanto tempo ce n'è e non siamo mica in una situazione emergenziale. Solo dopo che ha fatto tutto questo, con la faccia tutta appiccicosa per gli sputi che avrà preso intanto dall'elettorato, potrà indire delle primarie e poi possibilmente andarsene a finire la sua carriera lontano dalle sedi PD. Mi sembra una ricostruzione abbastanza esaustiva.

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Quella che segue è quindi una descrizione della giornata da me passata davanti alla televisione a seguire gli interventi dell'assemblea, perché lo sforzo l'ho fatto e ritengo vada premiato obbligando qualcun altro a soffrire. Dirò inoltre subito, come spoiler incredibile, che tutta la confusione di cui sopra nasce dal fatto che nessuno ammette apertamente i motivi del conflitto: la legge elettorale. Con l'attuale configurazione il PD perderà un buon fettone dei 300 deputati di cui dispone oggi (ehi, premio di maggioranza!).

I posti si ridurranno sensibilmente e i capolista (100) saranno bloccati, mentre tutti gli altri dovranno prendersi a sprangate fra loro e vedersela con le preferenze. Tutta la corrente minoritaria del PD dà per scontato che Renzi li escluderà del tutto dal magico club dei capilista a elezione sicura, così ha deciso che non ha più nulla da perdere a forzare la mano.

Lo show comincia alle 11, ma già dalle 10 è chiaro a tutti che questa assemblea è la Festa dell'Unità più riuscita degli ultimi dieci anni: fuori ci sono i militanti, Gabriele Paolini che si mette dietro i giornalisti, i tassisti in sciopero che si lagnano, Gad Lerner e—si sospetta—persino Lo Stato Sociale che canta le canzoncine buffe del centro sinistra. Praticamente l'inferno.

In tv, nel frattempo, Mentana comincia con le interviste e raccatta Fassina che parla del significato dell'essere di sinistra da un quarto di secolo e… (vorrei sinceramente sentire il seguito, ma purtroppo non è possibile ascoltare un'intera frase di Fassina senza addormentarmi alla terza parola).

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Foto via Facebook.

RENZI

Il primo intervento previsto è quello di Renzi, ed è ovviamente il più atteso: il segretario uscente formalizza le sue dimissioni e mette di fatto in moto l'iter che porterà al Congresso e alle primarie anticipate. Presumibilmente—ma come d'abitudine nel PD non è ancora chiaro—questo porterebbe anche a una caduta anticipata del governo Gentiloni. Governo che potrebbe cadere comunque perché senza gli scissionisti il PD non ha più i numeri per garantire la maggioranza nelle Camere. È tutto chiaro? Lo so.

¯\_(ツ)_/¯

Ad ogni modo questo intervento chiude ogni possibile contrattazione, rendendo di fatto totalmente inutili tutte le sette ore e mezza seguenti, ma probabilmente sono andati avanti lo stesso per non causare uno scompenso a Mentana come l'ultima volta col referendum.

EPIFANI

Le minoranze infatti scelgono di non parlare se non per bocca del secondo relatore, Epifani. Epifani è un sindacalista, ha guidato la CGIL per molto tempo ed è stato brevemente segretario del PD prima dell'avvento di Matteo, di cui non è esattamente un fan. In virtù di ciò, Epifani sceglie la via della comprensione e dell'andarsi incontro, pronunciando con un sobrio "se tiri dritto noi faremo la nostra scelta"—dove per scelta si intende presumibilmente uscire dal partito e mirare, con un nuovo gruppo, a un 2 percento stentato, raccattando tutte le forme di vita che riescono a trovare nei pressi dell'emiciclo.

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Non che Epifani non dica cose sensate: la sua polemica riguarda per la più la riforma scolastica e la legge elettorale. Il problema è il solito macro problema della sinistra istituzionale: l'incapacità di uscire dalla forma-lamentela e di mostrare una minima progettualità. Un verbo coniugato al futuro, così giusto per cambiare. Niet. Sostanzialmente ribadisce che una parte del partito si sente "inascoltata" e sarà "costretta" a fare le proprie scelte. La cosa bella di questa scissione, infatti, è che coloro che la propongono sostengono di non essere loro quelli che la propongono, ma di subirla.

Una scissione fantasma.

Interessante inoltre come Epifani e i suoi ritengano presupposto della "contendibilità del partito" il fatto che Renzi non partecipi alla gara perché troppo forte rispetto agli altri (che credo sia l'esatto contrario di come dovrebbe funzionare un partito).

VELTRONI

Dopo l'intervento di Epifani non è rimasto letteralmente più niente da dire, e infatti dopo poco arriva Veltroni. Il fondatore del PD comincia rammentando a tutti che sono anni che lui non partecipa a un'assemblea del partito per "motivi personali", ma oggi è lì per ricordare a tutti i valori e l'anima del Partito Democratico e invitare i dissidenti a riportare nel PD le loro energie. Poi fa notare un aspetto che al pubblico a casa è ormai molto chiaro: la discussione verte sul nulla.

Veltroni è l'unico in grado di ricordare ai presenti che mentre nel resto del mondo populismi di ogni genere guadagnano posti di potere e il mondo è schiaffeggiato da problemi irrisolvibili di ogni genere in Italia il PD discute dell'opportunità di spostare avanti di qualche mese o meno la data del congresso. Regolamenti. Procedure. Cazzate.

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BERSANI

Comunque sembra essere stato uno degli ultimi picchi della giornata: alle 16.11 nemmeno Mentana ce la fa più e cerca di leggere le dichiarazioni di Bersani senza addormentarsi. Bersani da parte sua fa il possibile per non essere interessante e dichiarare imperterrito le stesse cose che dichiara da mesi dicendo di "aspettarsi una risposta da Renzi" come se contemporaneamente alla sua intervista non si stesse tenendo un'assemblea piena di delegati a cui lui non ha voluto partecipare, che ha fornito chiaramente ore prima la risposta che lui attende.

A quel punto, per fortuna di Mentana e di tutti noi, il colpo di scena si materializza: parlerà Emiliano.

Foto via Facebook.

EMILIANO

Emiliano è il governatore della regione Puglia e nei giorni precedenti è stato uno degli animatori principali del club anti- Renzi. Prima dell'assemblea è anche arrivato a dire che si pentiva del sostegno dato in precedenza all'ex premier, che Renzi avrebbe dovuto lasciare e di ritenere necessaria una propria candidatura alla guida del partito. Questo ovviamente finché non è salito sul palco per parlare.

Improvvisamente Emilano (che nel frattempo è diventato amicodi J Ax) ha riscoperto la "fiducia nel segretario", il quale gli scoppia a ridere in faccia quando lui riesce a dire l'esatto contrario di quanto dichiarato la sera precedente e cioè "nessuno ha chiesto che Renzi non si ricandidi." Non contento, Emiliano dice che "siamo a un passo" dall'evitare la scissione e lascia il palco dopo aver dato il cinque a Renzi come in una pubblicità di biscotti Ringo per persone anziane.

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A questo punto diventa tutto ancora più enigmatico. C'è una scissione nella scissione? Non c'è più la scissione? Di quale disturbo della personalità soffre Emiliano? Chi può dirlo.

In realtà può dirlo Emiliano stesso, che con un notevole colpo di coda firma, a assemblea ormai finita, una nota condivisa con gli altri leader scissionisti in cui—ovviamente senza farlo in modo chiaro per non rischiare che qualcuno ci capisse qualcosa—comunica invece che la scissione è cosa fatta e Renzi ce li ha costretti. Ok.

La versione più aggiornata a oggi prevede che questo nuovo soggetto parlamentare sia composto dai fuoriusciti del PD insieme a Sinistra Italiana (ex SEL) e sarà un gruppo di appoggio all'attuale governo, ma nel momento in cui scrivo fioccano ancora appelli di Cuperlo, Orlando, Letta e della Madonna del Guadalupe, quindi sospetto che la situazione non sia ancora scolpita nella pietra.

Quello che invece è sicuro al cento percento è che nella classifica mondiale degli errori la scissione del PD sta fra Chernobyl e mettere like da soli ai propri post. Quest'assemblea è stata la prova ultima della cosa più triste in assoluto: gran parte della sinistra italiana ha rinunciato del tutto all'idea di progettualità, di uno sguardo sul lungo termine. È diventata un sistema chiuso che si limita semplicemente a gestire l'ordinario, a fare gli amministratori dei vari problemi che si accumulano, senza soluzione di continuità. Gli avvicendamenti nella dirigenza sono vissuti semplicemente come passaggi di potere, per cui i conflitti non possono che essere di natura esclusivamente personale.

Adesso presumibilmente il Congresso vero e proprio sarà a maggio e se le uscite sono confermate l'unico contendente di Renzi sarà l'ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, ma è difficile immaginarsi di cosa mai si potrà parlare al Congresso a parte le solite dinamiche interne—figurarsi immaginare un motivo per cui a un elettore qualsiasi dovrebbe importare qualcosa di seguirle. Non c'è stata una voce in quest'assemblea, a parte quella del fondatore, che abbia riportato lo sguardo all'esterno del partito, alla società da cui dovrebbe farsi votare, alle proposte.

Non sarà davvero facile a questo punto per la sinistra italiana conservare un peso e una credibilità adeguati. E comunque vada a finire per questo governo, alla prossima tornata elettorale ho come l'impressione che non avremo neanche bisogno di contare i voti al Movimento 5 Stelle, perché tanto saranno loro a uscire dalle urne per venirci a schiaffeggiare.