Dopo il capitolo imperialista, però, l'Italia è rapidamente passata dall'altra parte della trincea. Il 2 dicembre 1943, a Bari, si è consumata quella che per alcuni è stata la "Pearl Harbor del Mediteranneo," il Disastro di Bari.105 bombardieri della Luftwaffe bersagliano il porto di Bari e affondano 17 navi mercantili alleati e ne danneggiano gravemente altre 8. Quel giorno il porto ospitava anche la John Harvey, "che trasportava un carico "top secret" di bombe all'iprite. La nave dal "carico speciale" seguiva le armate alleate nel timore che i tedeschi, durante la ritirata, potessero utilizzare per primi le armi chimiche," si legge in un articolo dello storico Ciro Luongo.«Fu uno spettacolo terrificante. Io stesso sfuggii per un caso alla morte. Era la mattina del 23 dicembre, ed avevo da poco attraversato il Tacazzè, quando comparvero nel cielo alcuni aeroplani. Il fatto, tuttavia, non ci allarmò troppo, perché ormai ci eravamo abituati ai bombardamenti. Quel mattino però non lanciarono bombe, ma strani fusti che si rompevano appena toccavano il suolo o l'acqua del fiume, e proiettavano intorno un liquido incolore. Prima che mi potessi rendere conto di ciò che stava accadendo, alcune centinaia fra i miei uomini erano rimasti colpiti dal misterioso liquido ed urlavano per il dolore, mentre i loro piedi nudi, le loro mani, i loro volti si coprivano di vesciche. Altri, che si erano dissetati al fiume, si contorcevano a terra in una agonia che durò ore. Fra i colpiti c'erano anche contadini, che avevano portato le loro mandrie al fiume, e gente dei villaggi vicini». [Testimonianza del ras Immirù, in Angelo Del Boca, La guerra d'Abissinia 1935-1941, Feltrinelli, 1965, pag 74]
A seguito dell'attacco l'intero golfo fu inquinato da nafta e dalla forma liquida dell'ipriti, i marinai presenti non dovettero aspettare molto prima che gli effetti dell'agente si manifestasseroParticolare è l'esperienza della Bistera, una nave attraccata al porto che scampò all'attacco e che il giorno dopo salpo verso Taranto: durante il viaggio l'iprite manifestò i suoi effetti e rese sostanzialmente cieco l'intero equipaggio. La stessa popolazione di Bari fu colpita passivamente, a seguito del bombardamento c'era chi correva verso il porto per aiutare, ed in quel caso veniva contaminato dall'iprite."Generalmente il superstite era ricoverato con ustioni seguite alla vescicazione della superficie corporea. Veniva sottoposto alle terapie del caso a cui seguiva un sostanziale miglioramento delle condizioni generali. Poi improvvisamente cominciava ad accusare disturbi nella respirazione, perdeva la voce, espettorava muco giallastro e fedito misto a sangue scolorito e il polso si indeboliva. Infine nonostante tutte le misure di emergenza che il caso richiedeva, il paziente cessava di vivere," si legge nell'articolo di Luongo.Il carico della Harvey era però top secret: l'unico interesse Alleato era quello di avere una sorta di contromisura nel caso in cui le forze tedesche avessero deciso di ricorrere alle armi chimiche per prime. Così i kit medici predisposti non furono resi disponibili, e il giorno stesso del bombardamento l'allarme non fu diramato per contaminazione, ma per mere ustioni: così le cure negli ospedali non si rivelarono adeguate. Allo stesso modo si tentò di insabbiare la vicenda: l'iprite a Bari non c'era mai stata, e chi fu esposto ad essa venne curato con pratiche pressoché inutili: il carico "top secret" li condannò non solo a subire le conseguenze dell'agente chimico, ma anche a morte certa, vista la mancanza di soccorsi adeguati. E oggi quell'iprite è ancora lì.Questa quindi è l'iprite: una delle prime manifestazione del fantasma delle armi chimiche. Una forma ingenua di arsenale, che è stata capace di evolversi in modelli molto più meschini, di cui abbiamo già parlato, ma che ha sofferto di un unico, grande difetto: meschina non fu l'iprite, ma chi l'ha utilizzata."La John Harvey, partita dal Maryland con il carico "top secret", ufficialmente trasportava munizioni. Dopo aver attraversato l'Atlantico, si era unita al grosso della flotta nel mar Mediterraneo ed era giunta a Bari in attesa di scaricare l'arsenale di bombe in supporto all'aeroporto di Foggia, ove si stava sistemando il 15° Air force. La Harvey aveva a bordo circa 100 tonnellate di bombe all'iprite. Nella forma in cui fu prodotta durante la seconda guerra mondiale, la cosiddetta iprite Levistein H conteneva circa il 30% di impurità instabili. La sostanza gassificava facilmente con notevole aumento di pressione, ragione per la quale era necessario un controllo costante da parte di specialisti che seguivano il carico. Una bomba all'iprite era lunga 120 cm, diametro 20 cm e conteneva circa 30 Kg di iprite. In caso di attacco l'iprite avrebbe potuto contaminare un'area di 40 m di diametro." Ciro Luongo