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Tecnologia

Come investono i loro soldi i cacciatori di alieni?

Yuri Milner, un miliardario russo, ha appena donato 100 milioni di dollari per la ricerca di forme di vita aliena.
Immagine: NRAO/Wikimedia Commons

Il miliardario russo Yuri Milner ha appena deciso di investire 100 milioni di dollari (92 milioni di euro) nella ricerca di forme di vita aliena. Nei prossimi dieci anni la nuova iniziativa espanderà gli obiettivi e le possibilità della ricerca di intelligenze extraterrestri (Search for Extraterrestrial Intelligence), detta SETI in breve.

È impossibile sopravvalutare l'importanza dei nuovi fondi, dice Andrew Siemion, direttore del Berkeley SETI Research Center e project manager del progetto SETI@home.

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La comunità del SETI aveva attraversato una battuta d'arresto quando nel 1993 il senatore Richard Bryan, noto oppositore alla ricerca, aveva tagliato i fondi federali per il SETI trasformandolo in un'impresa privata.

"Tutti persero il lavoro e non si trovarono più nelle condizioni di proseguire gli studi in questo campo", ha spiegato Siemion a Motherboard, "il risultato è stato quello di intimorire chiunque, dagli studenti universitari, ai dottorandi e ricercatori. A nessuno piace condurre ricerche in cui i fondi possono essere negati da un momento all'altro."

Da allora, il vuoto rimasto dopo la privatizzazione è stato ha colmato da qualche organizzazione, come il SETI Institute, il Berkeley SETI Research Center e il SETI@home che utilizza un modello di cloud computing che distribuisce i dati attraverso un network di volontari. Ma nonostante la popolarità del SETI@home che raccoglie 3 milioni di utenti, Siemion dice che il progetto ha faticato per restare in piedi.

"C'è un gruppo di persone, alcune piuttosto influenti, convinte che comunicare con civiltà di cui non sappiamo nulla sarebbe pericoloso per l'umanità".

In aggiunta a tutto ciò, gran parte dei dati del SETI@home provengono da telescopi non dedicati. Questo significa che un astronomo in cerca di galassie distanti all'Osservatorio Arecibo a Puerto Rico raccoglie segnali da una certa regione del cielo con tutt'altro scopo, mentre il team del SETI li passa al setaccio per trovare qualcosa di pertinente alla loro ricerca.

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Ecco perché lo stanziamento dei fondi di Milner rappresenterebbe il tipo di risorse sognate da sempre dai ricercatori del SETI. Dedicare specificatamente alla ricerca dei segnali di civiltà extraterresti parte del tempo dei più grandi radio telescopi al mondo e avere accesso a strumentazioni in grado di perlustrare l'intero spettro elettromagnetico.

"Sul breve termine, espanderebbe le nostre capacità drasticamente", annuncia Siemions, "disporremo di nuova strumentazione dieci volte più potente di quella con cui abbiamo lavorato".

Il primo obiettivo sarà di "ascoltare" il migliaio di stelle più vicine alla Terra. Siemion anticipa che il suo team andrà in cerca di "segnali deboli" provenienti da questi sistemi. Come ci spiega, non è come si vede nei film in cui un segnale radio proveniente da una civiltà lontana viene captato da una stazione locale FM, la realtà è molto più simile ad un radar militare, con segnali potenti e intenzionali che mandano impulsi ben più forti.

La strumentazione non rileverebbe i segnali di megaciviltà che si espandono per la galassia, ma piuttosto di quelle avanzate solo di qualche decennio sulla scala tecnologica rispetto a noi. Potrebbe essere il modo di risolvere il Paradosso di Fermi (se esistono civiltà aliene perché non le abbiamo mai trovate?) semplicemente ascoltando con orecchie più sensibili.

"Questo potenzierebbe di 1000 volte la nostra ampiezza di osservazione, dandoci la possibilità di guardare al cielo intero piuttosto che solo ad un terzo come ad Arecibo.

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"Condurremo anche osservazioni mirate di stelle specifiche, cosa che abbiamo fatto solo raramente in passato", ha spiegato Eric Korpela, direttore del SETI@home a Motherboard e aggiunge che, proprio per questo. "avranno bisogno di molti più collaboratori al SETI@home."

Quindi cosa succederebbe se il SETI trovasse qualcosa? Per prima cosa, ha precisato Siemion, dovrebbero analizzare i dati e confrontarli con segnali terrestri per trovarne di simili. Con un tale impresa titanica da compiere, potrebbe passare molto tempo prima che quello che viene chiamato Active SETI vada in funzione, anche un secolo. Solo allora inizieremo a spedire anche noi messaggi verso lo spazio, ammesso che sia la cosa giusta da fare.

"Se dovessimo ricevere un segnale da una tecnologia distante, bisognerebbe decidere come rispondere con cautela", dice il direttore "c'è un gruppo di persone, alcune piuttosto influenti, convinte che comunicare con civiltà di cui non sappiamo nulla sarebbe pericoloso per l'umanità".

Di sicuro, una di queste personalità di rilievo è senz'altro Stephen Hawking che ha presenziato a fianco di Milner durante il suo annuncio per mostrare il suo supporto all'iniziativa. Forse neanche per comunicare, ma piuttosto per ascoltare e realizzare una gigantesca mappatura del cielo in cerca di civiltà avanzate nelle nostre relative vicinanze.

L'impresa potrebbe richiedere tempi lunghi per cui c'è tempo per decidere come agire in caso contatto, ma finalmente, dopo più di 20 anni di difficoltà, la ricerca del SETI ha una rete sicura e i ricercatori possono concentrarsi nello scoprire se siamo soli nell'universo o perlomeno nei nostri dintorni galattici.