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vita vera

La volta che ho spiaccicato un cono in faccia a un papa boy e altri ricordi dal Giubileo del 2000 a Roma

Credo di non sbagliare se dico che quando Papa Francesco ha annunciato per il 2016 un Giubileo Straordinario, la quasi totalità dei romani è andata con la memoria a quindici anni fa.

Foto via Flickr.

Credo di non sbagliare se dico che quando Papa Francesco ha annunciato per il 2016 un Giubileo Straordinario, la quasi totalità dei romani è andata con la memoria a quindici anni fa. Era il 2000, il Giubileo del nuovo Millennio, lʼAnno Santo sponsored by Wojtyla, il più grande evento che la città di Roma abbia ospitato dai tempi di… bah, non saprei dire da quando, ma fa niente: 40 milioni di pellegrini previsti, 3500 miliardi di lire da spendere in grandi opere, un anno e passa di eventi e manifestazioni a cadenza settimanale, insomma una faccenda grossa.

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Io devo ammetterlo, prima di allora manco lo sapevo cosa fosse un Giubileo. Tuttora, vista la mia scarsa familiarità coi riti della Chiesa Cattolica, ho le idee confuse. È lʼanno della remissione dai peccati, leggo da Wikipedia, e si svolge ogni 25 anni (a meno di giubilei straordinari, appunto). Ma per me come per credo la stragrande maggioranza dei miei concittadini, significa in buona sostanza "un anno in cui a Roma arriva tanta gente". Più di quella che normalmente arriva, si intende. E quindi ingorghi stradali, appalti milionari, cantieri infiniti, speculazione e mercanteggiamenti incontrollati: solita roba, tutto imparato a dovere quindici anni fa.

Affermare che il Giubileo del 2000 ebbe un certo effetto sulla città di Roma, è un amabile eufemismo. Di fatto la trasformò, anche se molti degli esiti di quellʼevento sarebbero emersi solo a tempo debito. Una rapida indagine tra vecchi e nuovi conoscenti sottolinea in realtà che le principali memorie del Grande Giubileo riguardano la più prosaica sfera della vita di tutti i giorni: che divenne unʼanomalia strana e ossessivamente mediatizzata, oltre che molto, molto faticosa. "Un sacco di traffico, orde di pellegrini in periferia," ricorda la mia amica Emanuela. Per Elisa furono "i prezzi degli appartamenti raddoppiati, quadruplicati, centuplicati." Per Luca "lʼossessione dei media, la città che si rifaceva il trucco." Per Marco "i nuovi autobus per i pellegrini con lʼaria condizionata, li invidiavo tantissimo." Per Pasquale "i cantieri ovunque." Per Chiara, "la prima volta che sentii parlare di un posto chiamato Tor Vergata." Per Nicola, "Rutelli uber alles." Tutti, ma proprio tutti, ricordano infine i cappellini di quelli che allʼepoca andavano sotto il nome di Papa Boys.

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Per molti romani, commercianti ma anche affittacamere improvvisati e neoimprenditori a cui si deve il boom dei bed & breakfast, il Giubileo del 2000 fu senza dubbio occasione di arricchimento. Per molti altri però, più passavano i mesi più aumentava un fastidio solo in parte giustificato dallʼoggettiva difficoltà della situazione: era semmai una reazione illogica, irrazionale, condita da sane dosi di campanilismo e boria capitolina. Io—figuriamoci—ci cascai subito, e nel peggiore dei modi.

Ecco, i miei ricordi più vividi di quellʼanno, non sono esattamente tra quelli di cui più vado orgoglioso. Una volta per dire, ero in una macchina di neopatentati in direzione Trastevere, quando allʼaltezza di Caracalla incrociammo una colonna di pellegrini. La reazione fu immediata: abbassammo i finestrini, e ci lanciammo in una sguaiata sequenza di insulti, bestemmie e gesti non proprio amichevoli. La cosa interessante però, fu che nellʼesatto momento in cui ci precipitammo nel "dagli al pellegrino", altre tre macchine fecero lo stesso. Non eravamo soli, insomma. Ci muoveva un sentimento di fastidio coatto e insofferenza molesta, e a quanto pare era un sentimento condiviso.

A volte potevamo scadere nel più truce e arbitrario bullismo. Una sera eravamo in una Campo deʼ Fiori come al solito invasa da cappellini e urla da stadio, dallʼonnipresente "GIOVANNI PAOOOLOOO!" al più controverso "CHI NON SALTA MUSULMANO È". Non avete idea dellʼinferno che era, credetemi. Due amiche ebbero quindi unʼidea che sulle prime ci sembrò di una cattiveria geniale: puntarono un solitario Papa Boy intento a mangiare un cono gelato sotto la statua di Giordano Bruno (quale affronto!), gli si avvicinarono e cominciarono a, diciamo così, sedurlo. Il Papa Boy, che poi si rivelò francese, ne fu comprensibilmente lusingato, specie quando le proposte delle due si fecero vieppiù, ehm, esplicite. A quel punto, io e il mio socio di cui preferisco tacere il nome, intervenimmo recitando la parte dei fidanzati delle ragazze, naturalmente gelosi, offesi e soprattutto machi, perché aho, anfamone, come te permetti de provacce coʼ le donne nostre? Quello poveretto tentò di replicare che non cʼentrava niente, ci chiese gentilmente scusa anche se di scuse non ne doveva, ma noi ahò, noi NIENTE. Torna a casa tua, Papa Boy ʼnfame! Come te permetti, te e ʼsto cappelletto stronzo!

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Per farla breve, preso in uno slancio performativo assolutamente non programmato, il socio prese il cono gelato del Papa Boy e glielo spiaccicò in faccia. È la prima volta che racconto questo episodio in pubblico e ancora mi fa stare male. Credo sia in assoluto il gesto più miserabile, gratuito e inutilmente violento di cui mi sia mai reso partecipe. Ho detto credo.

Perché ci comportavamo così? Cʼentrava lʼimprinting borgataro? Lʼeccitazione provocata dalle sostanze sbagliate? La noia adolescenziale? Una congenita stronzaggine? Mai sopite aspirazioni zanardiane? A ripensarci oggi, credo che dalla nostra prospettiva non si trattasse altro che di un innocuo gelato in faccia a un Papa Boy. Uno cioè che fino a cinque minuti prima stava a inneggiare a un tizio che faceva comunella con Pinochet e si prodigava in ridondanti crociate anti-contraccettivi in piena crisi AIDS. Io capisco che beatificazione, agiografie, musical e serie TV hanno trasformato Wojtyla nel "santo subito" che tutti conosciamo, ma vi assicuro che cʼera un motivo se giravano canzoni oggi improponibili tipo " Papapolacco". Adesso canti un testo del genere e praticamente rischi lʼarresto.

Però ecco, solitario Papa Boy che dalla Francia venisti a rimettere i tuoi peccati: ti chiedo scusa. Fu veramente un gesto da teste di cazzo. Credo di poterlo dire anche a nome del socio, nonché delle due ragazze. Tra lʼaltro nel frattempo si sono pure sposate. Non tra loro, tranquillo: come sai, qui da noi sullʼargomento siamo ancora indietro. O se bene interpreto quello che ancora deve essere il tuo punto di vista, diciamo che teniamo duro, eh?

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Comunque: di sicuro i Papa Boys non ci piacevano. Più di qualsiasi altro evento o rito di quellʼanno, furono loro il simbolo del Grande Giubileo del 2000, e va da sé che quasi da subito si conquistarono lʼironia ma anche lʼantipatia di non pochi osservatori. Il termine stesso aveva un che di denigratorio, e secondo la maggior parte delle fonti venne coniato in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù che si tenne quellʼestate a Tor Vergata. Quando il raduno si concluse, mandrie di curiosi si precipitarono a scrutare il favoleggiato fiume di preservativi usati lasciati in eredità da quelli che Giovanni Paolo II aveva ribattezzato "sentinelle del mattino". Il succo era: al Papa i contraccettivi non piaceranno, ma evidentemente ai suoi adulanti ragazzi sì. Lʼironia andò avanti per mesi.

Tor Vergata. Foto via Flickr.

Tor Vergata fu un altro dei simboli di quellʼanno: unʼarea periferica fino a quel momento nota ai più per la presenza della seconda, sfigatissima università cittadina, improvvisamente invasa non solo da fedeli, ma da immensi lavori di urbanizzazione. Il capitolo "Grandi opere" è con tutta probabilità lʼeredità più controversa dellʼAnno Santo Wojtyliano, nonché la riprova che a Roma a comandare sono da sempre preti & palazzinari, due figure che spesso e volentieri tendono a dimostrare una notevole comunione di intenti. Anche perché, secondo alcune stime, almeno un quarto del patrimonio immobiliare romano sarebbe in mano alla Chiesa.

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Il Parcheggio del Gianicolo fortissimamente voluto dal Vaticano, fu ad esempio un inutile scempio costato 85 miliardi di lire e da allora rimasto quasi sempre deserto, con tanto di inchieste a corollario. Il vicino Sottopasso di Castel SantʼAngelo fu unʼaltra barzelletta: basti sapere che ancora oggi viene chiamato "sottopassetto". Lʼallargamento del Grande Raccordo Anulare si tradusse in una strombazzata "terza corsia" che però gli abitanti del quadrante Nord-Ovest avrebbero conosciuto solo dieci anni dopo (troppo lontani da Tor Vergata, purtroppo per loro). Tutta roba a beneficio del traffico privato, si intende.

In teoria, nel piano delle opere che già nel 1995 era stato presentato dal sindaco Francesco Rutelli, veniva annunciata una rivoluzione per il trasporto pubblico poco meno che epocale: tradotto, entro il 2000 avremmo avuto nientemeno che una nuova linea di metropolitana, lʼormai fantomatica Linea C. Come forse saprete, la Linea C è stata infine inaugurata pochi mesi fa, ma solo nel tratto periferico (senza cioè che si allacci a una delle altre due linee già esistenti). È anche diventata lʼopera pubblica più costosa dʼItalia. Quella che comunque i romani conobbero, anziché una nuova linea metropolitana, fu una nuova linea di tram (lʼ8): diciamo che ha il sapore della metafora. Poi sì, ci fu pure la ferrovia Viterbo-San Pietro. Metafora anche questa, via.

Quando il 6 gennaio 2001 il Giubileo venne dichiarato ufficialmente concluso, i più tirarono un sospiro di sollievo: persino un tipo non proprio luciferino come Indro Montanelli ebbe a dire che "Questo Giubileo che ogni giorno rilanciava se stesso per giubilare qualcuno, ora i giovani, ora gli anziani, ora i ciclisti, ora i ferrotranvieri, ora i filatelici, ora i numismatici, cominciava, abbiamo il coraggio di dirlo, a stancarci."

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Il che non toglie che per tutti i 365 giorni precedenti, stampa e TV seguirono lʼAnno Santo con indomita enfasi: accendevi la Rai ed erano solo messe e pellegrini festanti, o almeno così mi pare di ricordare. La politica non era stata da meno: già nel 1999, Paolo Sylos Labini accennava su Repubblica a quegli "atei devoti che si dichiarano cattolici per convenienza politica," e lo stesso sindaco Rutelli passò in pochi anni da fiero anticlericale a sincero convertito. La più vistosa contestazione alle celebrazioni dellʼAnno Santo, fu senza dubbio il World Pride che si svolse a luglio: il Vaticano aveva tentato fino allʼultimo di sventare la manifestazione, con Wojtyla che senza tanti giri di parole arrivò a definirla "unʼoffesa". Lo stesso presidente del Consiglio di allora—il laicissimo Giuliano Amato—definì lʼiniziativa "inopportuna". Sfilarono comunque mezzo milione di persone, e immagino che Rutelli per qualche giorno sudò freddo.

Foto via Flickr.

Alla fine di tutto, la reazione condivisa fu che Roma aveva retto. Ce lʼaveva fatta, era sopravvissuta anche a questo. Forse i pellegrini non erano stati proprio 40 milioni, ma fu di sicuro una bella botta, e la città aveva risposto con la sua ricetta tipica: una molle indolenza mista a cinismo, bonario lassismo e menefreghismo puro e semplice. Insomma, avevamo reagito bene. Meglio ancora: per lʼedizione regionale del TG3, grazie al Giubileo la città di Roma era "tornata agli antichi splendori." Addirittura! Forse la giornalista si riferiva ai lavori di ritinteggiatura dei palazzi del centro (il 2000 fu anche lʼanno in cui Roma diede addio al caratteristico color ocra che tanto piaceva a turisti e pittori). Per il resto, la città si lasciava dietro una quantità di opere in larga misura compiute a metà, e soprattutto unʼidea di sviluppo fatalmente distorta. Altro che antichi splendori: la tragedia era solo agli inizi.

Secondo il giornalista Daniele Nalbone, coautore del libro Le mani sulla città, il Giubileo "battezzò un modello di città, nonché una programmazione sempre allʼinseguimento degli eventi straordinari: anno santo, olimpiadi, mondiali di nuoto, ma anche grandi concerti, feste… Montagne di soldi che arrivano in via straordinaria e che vengono distribuiti per logiche rigorosamente clientelari: vedi il caso Gianicolo, ma anche Tor Vergata, Valco San Paolo, interi pezzi di città affidati ai soliti noti. Di sicuro grazie al Giubileo a guadagnarci fu prima di tutto Propaganda Fide, ma se scorri i nomi trovi anche i vari Guido Bertolaso [allʼepoca commissario straordinario per il Giubileo], Angelo Balducci, la compagnia di giro finita sotto inchiesta per gli appalti del G8 della Maddalena e dei cosiddetti Grandi Eventi."

Per Nalbone "si investe sempre nelle stesse aree e sempre a beneficio delle stesse persone," e al di là di scandali e inchieste giudiziarie, è chiaro come questo abbia avuto ripercussioni pesantissime sulla stessa sopravvivenza della città. Che dal 2000 in poi è letteralmente esplosa, espandendosi in maniera incontrollata e sempre assecondando le più turpi e spudorate logiche speculative: nuovi quartieri sorti in mezzo al nulla che hanno alterato per sempre un tessuto già di suo disastrato, rendita fondiaria alle stelle, decine di milioni di metri cubi di cemento, "compensazioni" sospette accompagnate da provvidenziali cambi di destinazione dʼuso, servizi nulli, mezzi di trasporto inesistenti, case orribili, bruttezza ovunque. In squallore e devasto urbano, la Roma post-giubilare è riuscita a far impallidire la già drammatica stagione delle scorrerie di epoca democristiana. Visto lʼesempio, quando sento le sacrosante critiche allʼExpo di Milano, mi viene quasi da ridere.

Papa Boys, baciapile e aneddoti di colore a parte, quello che penso è che di quellʼirrecuperabile disastro che è stato il sacco di Roma degli anni Duemila, il Giubileo resta suo malgrado il simbolico inizio; e quindi non stupisce che, allʼannuncio del Giubileo Straordinario, un poʼ tutti si siano affrettati a tranquillizzare la popolazione che di grandi opere non ce ne saranno e che si provvederà semmai a potenziare i pochi servizi di cui la città dispone. "Credo che la stessa politica non se lʼaspettasse," mi dice Nalbone, lasciando intendere: forse stavolta, visto che di tempo ce nʼè poco, ce la caviamo. Mancano solo nove mesi, che si potranno inventare? Ma insomma: mai dire mai.

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