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Gli studenti di Milano protestano contro i tagli alla scuola pubblica

Abbiamo parlato con uno degli organizzatori della manifestazione che ha interrotto la votazione sui tagli alla scuola pubblica.

Via. Il classico delle manifestazioni studentesche è la manifestazione contro i tagli alla scuola pubblica. Lo è da quando andavo al liceo, da quando ci andava mio zio e mia madre prima di lui. Ieri la manifestazione di Casc, Uds, Fronte della Gioventù Studentesca e Rete Studenti Milano "Blocchiamo il Consiglio Regionale" è partita esattamente così, come l'ennesima manifestazione contro i tagli alla scuola pubblica, ma è finita contro la polizia, nelle stesse ore dello sciopero nazionale del trasporto pubblico di Cgil, Cisl e Uil. In altre parole, il fastidio aggiunto al fastidio del milanese tipo. Il corteo si è riunito in piazza Cairoli, come da tradizione, e da lì si è mosso. I manifestanti sono più o meno un migliaio, e passano prima dal Castello, dove colorano di rosso la fontana perché simboleggia “il dissanguamento della scuola pubblica”—danno stimato dal Comune 8.000 euro—, e poi da Stazione Centrale, fino alla sede della Regione, quella vecchia senza colonnati, rocce e ruscelli. Lì, manifestanti e forze dell’ordine si scontrano. Alla fine ci sono alcuni feriti, più che altro contusi, sia tra gli studenti che tra i poliziotti. Dopo lo scontro il corteo si compatta e si dirige verso Porta Venezia, dove conclude il percorso con sit-in e comizio. Alle 13.00 è tutto finito. Lo so perché alle 13.30 in Piazza Oberdan ci sono solo quattro ambulanti, i baracchini dei libri e due muratori che mi guardano male. La verità, al di là degli scontri, è che nonostante il corteo abbia sortito i suoi effetti bloccando il consiglio per un giorno, domani la scuola pubblica incasserà l’ennesimo taglio. Dall'altra parte, scontri inclusi, le manifestazioni oggi vivono un nuovo splendore: i movimenti che scendono in piazza sono sempre di più, anche se talvolta ne ignorano i motivi, e la polizia ha imparato a rispondere sempre più rapidamente con sì, secchi, o no, secchissimi. Che questo sia dovuto all’esasperazione dei manifestanti, all’esasperazione della polizia, o all’esasperazione, generale, e razionale, dell’aver capito che per attirare l’attenzione occorre darsele, non lo so. Per saperne di più ho parlato con Francesco di Rete Studenti Milano. Via. VICE: Cos’è successo stamattina?
Francesco: Oggi il Consiglio Regionale si è riunito per votare un taglio alla scuola pubblica assolutamente iniquo, togliendo 18.5 milioni di euro al sussidio per il reddito e azzerando quello per il merito, in pratica riducendo del 75/80 percento i fondi disponibili. E invece per la scuola privata ha deciso di ridurre i soldi da 33 a 30 milioni, che insomma, non c’è bisogno di spiegazioni. E voi avete marciato per bloccarli, com’è iniziato lo scontro con la polizia?
Abbiamo fatto due cose. Cinque studenti sono arrivati prima e sono entrati nel Consiglio Regionale, che era pubblico. A quel punto hanno srotolato gli striscioni e hanno chiesto ai rappresentanti dei partiti contrari alla proposta di uscire e di manifestare il proprio disappunto. È vergognoso che nessun esponente del PD dica niente, che non lasci la sua poltroncina per scendere in piazza e difendere la scuola pubblica. E fuori, in strada, cos’è successo?
Siamo arrivati lì davanti per bloccare il consiglio. Avevamo il materiale di difesa, avevamo i book block, i libri di difesa, a differenza dei forconi che i libri li vorrebbero bruciare. In mezzo era pieno di studenti di 17, 18 anni, non i black bloc di cui si parla. Siamo venuti in contatto con la polizia, le cariche sono state pesanti, ci hanno rincorso con i manganelli, per fare male. E alla fine un po’ di studenti sono finiti in ospedale. Quanti eravate?
Un migliaio, e a differenza di altre manifestazioni il corteo è rimasto unito durante tutto lo scontro, la gente non è scappata. Ok, davanti c’erano quelli con i libri, ma dietro c’erano anche tutti gli altri. Il corteo ha retto alla carica, eravamo preparati. Cos’è che ha dato inizio allo scontro?
Non volevano farci passare, noi volevamo passare a tutti i costi, e siamo entrati in contatto. E le uova? La vernice?
Sì quella è stata un po’ la scintilla, ma più che altro ci hanno attaccato per la nostra determinazione a entrare a tutti i costi. È diventato più facile arrivare allo scontro? Dieci anni fa, a Milano, non era così semplice scontrarsi con la polizia. Tranne le eccezioni eclatanti, le manifestazioni violente appartenevano al passato. Oggi è tutto il contrario, e anche la più piccola delle contestazioni rischia di finire come oggi. Non è che un po’ vi fa comodo, per raggiungere l’obiettivo e far parlare della protesta? O le parti sono semplicemente più esasperate?
Il clima è molto difficile, il conflitto sociale è sempre presente. Vivendo la crisi che stiamo vivendo, la gente non ce la fa più e decide di dire basta. Non si tratta di qualcosa di spontaneo, ma di organizzato, non è un percorso apolitico, come quello dei forconi, la politica c'entra eccome. La gente si mette d’accordo, scende in piazza e poi succede che la rabbia organizzata porta a tutto questo, è normale. La verità è che la polizia, a differenza di prima, ha deciso di aver la mano pesante, sia per quanto riguarda la repressione in piazza che nei momenti successivi, tra denunce, processi, condanne.. Anche oggi.
Oggi la polizia si è comportata esattamente come si comporta in tutta Italia contro chi manifesta, tranne vabe', sempre loro, quelli dei forconi, con cui si toglie i caschi. A noi ci caricano e ci massacrano. Diciamo che le istituzioni di fronte a qualcosa che considerano sbagliato rispondono con la violenza. Parli spesso dei forconi, vi hanno rubato la scena dei "manifestanti di piazza"?
Noi crediamo che quello dei forconi non sia un movimento politico, ma populista, e non ci sentiamo superati da quelle persone, perché non rappresentano nessuno, perché al di là dell’attenzione mediatica, quella non è sicuramente una rivoluzione, ma 50 persone mosse dal populismo di qualcuno. Non può durare, non ci rappresenta come ragazzi e non ci rappresenta come studenti. Però dimostrano che ‘"la piazza" riscuote ancora attenzione. In parte sono la prova che in tanti hanno ricominciato a credere nel peso di una manifestazione. Il problema però è che se da un lato questo tipo di populismo ha sdoganato l’idea di corteo, dall’altro l’ha anche svuotato.
In parte è così. Sicuramente una riscoperta della piazza c’è, e c’è anche più della fiducia nei risultati che una piazza può ottenere. Dopo l’onda contro la Gelmini l’interesse del movimento studentesco è un po’ sceso, dopo il 2010, 2011. Adesso è diverso, la gente si sta rendendo conto che è possibile ottenere qualcosa, una vittoria, che è possibile cambiare le cose, ma che dipende da noi, occorre insistere, e resistere. Se vogliamo avere successo dobbiamo avere fiducia, dobbiamo credere nei collettivi. Questa cosa sta coinvolgendo sempre più studenti, e sempre più gente. Noi ci crediamo. Non c’è il rischio che sia solo un momento, come nel 2011, nel 2003, nel 2001, nel… Insomma, come sempre?
Credo che andrà avanti, pensa che nelle scuole di Milano da settembre ad oggi sono nati otto nuovi collettivi. Tieni a mente che tolti quelli storici, i collettivi di Milano dopo l’onda sono scomparsi. È un processo che sta andando avanti e sta crescendo. E questo nonostante la polizia.
La paura di chi ci governa è sempre la stessa. Anni fa mettevano le bombe nelle piazze, sui treni e nelle banche, oggi è tutto molto più comunicativo, ma il discorso è sempre quello, è sempre strategia del terrore, creare panico, tensione. Cercano di convincere la gente, come per i No Tav, che adesso sono diventati dei terroristi, ci credi? Non è niente di nuovo, viene solo fatto con strumenti diversi. Ultimamente si parla sempre di più di polizia e orientamento politico, voi cosa ne pensate?
Sicuramente le forze dell’ordine sono schierate, è palese; non è una novità. Non si rischia di generalizzare un discorso più complesso?
Ma se è sempre più palese! Che la polizia, i carabinieri, insomma le forze dell’ordine stiano da una parte è sotto gli occhi di tutti, non solo i nostri, che siamo di parte, ok, ma anche dei cittadini. Non si tratta di generalizzare, è effettivamente così. Non parlo del singolo poliziotto, ma delle istituzioni. Poi dentro è vero, ci puoi trovare chiunque, ma l’istituzione è quella, le direttive sono quelle, e gli uomini che ne fanno parte, seguono. Avete qualche iniziativa in programma?
Prima di Natale no, poi dopo le vacanze ripartiremo con le occupazioni, le autogestioni e i cortei. Pensate che la Regione cambierà idea sui tagli alla scuola?
Non credo che in questo momento la Regione possa cambiare idea, non adesso. Semplicemente perché il bilancio dev’essere approvato in tre giorni, altrimenti cade la giunta. Però sono convinto che se la nostra lotta andrà avanti, ci sono buone possibilità che l’anno prossimo le cose cambino. Se creiamo conflitto, le autorità devono capire che le cose non vanno, che occorre cambiare.

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