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Quanto dovresti sentirti in colpa quando fai uso di cocaina?

Pensi mai che qualcuno, da qualche parte nel mondo, potrebbe essere stato decapitato o torturato per far sì che tu ti sentissi interessante e iperattivo per qualche minuto?

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Wikimedia Commons user Zxc

Gli effetti e le conseguenze a breve termine dell'uso di cocaina non sono un mistero per nessuno: per un paio di minuti ti senti simpatico, iperattivo e interessante, e in più se ne offri a chi ti sta vicino anche gli altri potrebbero essere molto simpatici con te. Gli svantaggi sono un retrogusto amarognolo sulla parte posteriore della lingua, la possibilità di esagerare e, se non stai abbastanza attento, guai con la giustizia.

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Non è questa la sede per occuparsi delle conseguenze a lungo termine o degli effetti sul fisico, ma agli elementi sopracitati in alcuni casi si aggiunge anche la vaga sensazione che qualcuno, da qualche parte nel mondo, sia stato decapitato o torturato per far sì che tu ti sentissi interessante e iperattivo per qualche minuto.

Questa vaga sensazione non è assolutamente nuova. Nel 1982, la rivista Harper's ha pubblicato un editoriale di David Owen intitolato "Boycott Cocaine," scritto con lo scopo di far sentire in colpa gli intellettuali dell'era Reagan per il loro vizietto. "L'omicidio fa parte della cultura che ruota intorno alla cocaina quanto i cucchiaini d'argento e le banconote da 100 dollari arrotolate," scrive Owen. Poco dopo cita decine di omicidi commessi a Miami nel 1981, e fa notare che "nei primi quattro mesi del 1979, 240 persone sono morte in faide per droga nella città colombiana di Santa Maria."

Se la teoria del boicottaggio di Owen si basava su un bilancio di vittime a tre cifre, la conta dei cadaveri degli ultimi tempi ha di gran lunga superato quel limite. Secondo una ricerca della PBS dello scorso anno che rielabora i numeri diffusi dal governo messicano, tra il 2007 e il 2014 nel paese sono state uccise 164mila persone—27mila solo nel 2011. La PBS ha osservato che il 55 percento degli omicidi avvenuti in Messico sarebbe stato legato ai cartelli. Tali stime sono tuttavia state criticate da altre fonti, quindi il numero delle morti legate alla cocaina rimane incerto.

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I numeri utili a capire il legame tra violenza e cocaina non mancano. Secondo quanto riporta l'Office of National Drug Control Policy, nel 2011, l'anno con il maggiore tasso di omicidi in Messico, negli Stati Uniti sarebbero state introdotte clandestinamente 564 tonnellate di cocaina—perlopiù attraverso il Messico. Nell'ultimo rapporto del governo sul rischio costituito dalle droghe, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha osservato che "i consumatori di cocaina sono aumentati del 500 percento rispetto a quelli di eroina del 2013," l'anno in cui sono usciti gli ultimi dati a riguardo.

E i cartelli non fanno altro che incrementare il tasso di omicidi, spesso anche in maniera indiretta—come nel caso del terrificante sequestro di massa di 43 studenti universitari nel 2014. Il lento responso a quel crimine, che sembra essere stato ideato dal cartello della droga dei Guerreros Unidos, ha scatenato un periodo di agitazioni civili durato mesi.

"In quanto consumatore, sei parte della catena," ha spiegato David Schwartz, professore di Etica al Randolph College, e autore del libro Consuming Choices: Ethics in a Global Consumer Age. Con i produttori e i distributori di un prodotto, ha spiegato Schwartz, "i consumatori condividono la consapevolezza morale di queste pratiche immorali, perché in fin dei conti ne traggono un beneficio tangibile—ricevono un prodotto, che sia un capo di abbigliamento o cocaina."

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Secondo uno spacciatore di Los Angeles che si fa chiamare "Ra", gli spacciatori di cocaina sono solo vagamente consapevoli delle conseguenze del traffico di droga. "Se per far arrivare qui questa roba muore qualcuno? Non ne so nulla," ha spiegato a VICE. Ha anche detto di aver conosciuto spacciatori i cui parenti in Messico erano in pericolo, ma di sicuro non ha mai sentito un consumatore esprimere preoccupazioni. "Dal punto di vista dei consumatori, a nessuno frega un cazzo. Possono essere vegani e pipparsi comunque una striscia. Perché lo spargimento di sangue umano va bene, ma lo spargimento di sangue animale no."

Mentre i rapporti sulla violenza legata alla droga provengono oggigiorno per la maggior parte dal Messico, negli anni Ottanta l'impatto si è concentrato anche sulla Colombia, la roccaforte delle cocaina, come anche nei vicini Perù e Bolivia, dove si trova parte delle coltivazioni di coca—da cui la cocaina deriva. Paradossalmente, secondo Sanho Tree, direttore del progetto per le politiche anti-droga dell'Institute for Policy Studies, i coltivatori starebbero iniziando a ribellarsi. "Non solo per il loro sostentamento. È che la maggior di parte non vuole più continuare, perché ci sono di mezzo troppo sangue e violenza," ha detto Tree.

Il governo colombiano e quello statunitense provano già da anni a sensibilizzare i consumatori sull'impatto ecologico della cocaina. Nel 2008 l'ex vice presidente colombiano Francisco Santos Calderón ha lanciato una campagna ambientalista nel Regno Unito e un'altra negli Stati Uniti l'anno dopo, nel tentativo di diffondere il verbo della "responsabilità condivisa," e cercando di sensibilizzare i consumatori seriali e saltuari di cocaina. Ma dato che Colombia e Stati Uniti sono colpevoli di aver distrutto completamente parte della foresta amazzonica spruzzando dell'erbicida al fine di stroncare a morte le coltivazioni di cocaina, questa campagna è stata percepita come sommaria e ipocrita.

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Schwartz rimane ottimista sulle possibilità di un boicottaggio della cocaina. "Credo che i consumatori sottovalutino gli effetti che potrebbero avere," dice. "Ovviamente, da solo nessuno può cambiare il sistema," ha detto, ma ha aggiunto che con i social media, "è più facile far arrivare un messaggio alla gente."

Ma al di là di uno scenario ridicolo in cui alcune delle gang più violente del mondo usano la non violenza e l'agricoltura sostenibile, è difficile immaginare in cosa possa consistere un cambiamento nel mondo della cocaina. Ma anche Ra, lo spacciatore, vorrebbe vedere dei miglioramenti. Suggerisce che gli spacciatori si possano mettere d'accordo con i contadini per "coltivazioni che siano umane." O questo, o "qualcuno dovrebbe cominciare a farlo in America, ma è un'idea assurda. Chi lo farebbe?"

Tree spiega che il clima della Florida sarebbe adatto, e sottolinea che, "un tempo, le Hawaii avevano piantagioni di coca," ma fa notare che si trattava di piccole isole, perciò più facilmente rintracciabili dalla polizia rispetto ai territori praticamente senza legge dell'America equatoriale. Al contrario dell'erba, che cresce in piccoli spazi, tipo armadi, e che rappresenta un bel modo per arrotondare, la cocaina ha tutt'altro funzionamento. Secondo Tree hai bisogno, minimo, "di mezzo ettaro" se vuoi vedere una quantità utilizzabile di sostanza bianca.

Se proprio vuoi farne uso, a quanto dice Schwartz, puoi fare quello che fanno le persone che si sentono in colpa per dormire meglio la notte: ripulisciti dai tuoi peccati economici facendo beneficenza presso le organizzazioni umanitarie che operano nelle zone colpite dalla violenza o dai danni ambientali.

Per Ra, una crociata per il cambiamento è una gran cosa, ma "non è ancora tempo." Al momento, la sua maggiore preoccupazione è di "non rimanere fregato."

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