Tra gli anni ’20 e gli anni ’60 del secolo scorso, il Marocco ha assistito alla costruzione di numerosi insediamenti destinati a dare alloggio agli operai di alcuni distretti industriali (cités ouvrières). Molto spesso, la costruzione degli insediamenti operai era presa in carico dalle stesse compagnie industriali, per promuovere un senso di comunità e benessere tra i lavoratori.
Pensati come delle città (cités) più o meno autonome, questi insediamenti riproponevano alcuni dei principi caratteristici delle vecchie medine. Oggi le cités ouvrières non sono ancora riconosciute parte del patrimonio architettonico nazionale. Fattori sociali ed economici stanno anzi mettendone a rischio la sopravvivenza.
Come primo passo per salvaguardare queste cités ouvrières e per sottolinearne l’importanza architettonica, NOSTOI, un’associazione culturale italiana con sede a Milano e Rabat, ha appena lanciato un crowdfunding che prevede la pubblicazione di due libri. Il primo, intitolato Cités ouvrières: Rediscovering Moroccan Modern Architecture, è da considerarsi come “un’azione preliminare per la salvaguardia e la protezione di questi luoghi” e conterrà fonti d'archivio, disegni e foto di Piero Percoco. A Percoco è stata affidata anche la realizzazione del secondo libro fotografico, dal titolo Cités ouvrières: a Photographic Journey, in cui saranno raccolti ritratti spontanei e scene di vita quotidiane nei quartieri industriali.
Per contribuire al crowdfunding, da questa parte.
Qui sotto alcune foto scattate durante il workshop “Villes Minières | Mining Cities” di NOSTOI:
La Cité de Bou Jniba di Khouribga. Credits: Emilio Mossa.
La piazza interna con la moschea della Cité de l'OCP a Khouribga. Crediti: Emilio Mossa.
La piazza interna della Cité Ouvrière di Cosuma a Casablanca, di Edmond Brion. Crediti: Emilio Mossa.
L'ingresso della Cité de l'OCP a Khouribga. Crediti: Emilio Mossa.
La Cité de l'OCP a Khouribga. Crediti: Emilio Mossa.