Breve storia della paranoia degli untori
Maestro del Trionfo della Morte. Immagine via Wikimedia Commons

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Breve storia della paranoia degli untori

'Dopo la miseria portano malattie': la figura dell'untore ha una lunga storia, ed è sempre stata usata più o meno a sproposito.

Il caso di Sofia Zago, la bambina di 4 anni di Trento morta per malaria agli Ospedali Civili di Brescia ha fatto tornare in auge la figura dell'untore presso alcuni partiti politici, che lo hanno utilizzato per scagliarsi contro l'immigrazione. Secondo alcuni esponenti di Lega, Forza Italia e non solo la causa della diffusione di "malattie che da noi sono state debellate da decenni" sarebbero proprio i flussi migratori.

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A sostegno della loro tesi, esposta senza vere prove oggettive, c'è il fatto che la bambina non aveva mai visitato un paese malarico, e la zanzara che trasmette il ceppo del male da cui è stata contagiata non appartiene a una specie che solitamente abita il suolo italiano. Così i migranti si trasformano in untori. Ma da dove ha origine questa parola?

La Peste Nera

Il termine in sé — che non ha un corrispettivo preciso in altre lingue — venne molto utilizzato nel Cinquecento e nel Seicento, in Italia, per indicare fantomatici personaggi che diffondevano volontariamente il morbo della peste tramite strumenti appositi, come unguenti da applicare agli stipiti delle porte e polvere da spargere sui vestiti delle vittime. Questa figura, che soddisfa il meccanismo psicologico del capro espiatorio, pur non risolvendo i problemi fornisce una "spiegazione" agli eventi negativi da cui siamo colpiti. A quanto pare, avrebbe avuto origine all'epoca della Peste Nera, che nel Trecento falciò le vite di circa un terzo degli europei.

Il gruppo più accusato di diffondere volontariamente il morbo fu quello degli ebrei ma, in effetti, la credenza presentava diverse variazioni locali: in Spagna vennero presi di mira i musulmani, in Francia gli inglesi, altrove, i lebbrosi, o gli "stranieri poveri", considerati potenziali portatori di malattie — un po' come oggi in Italia. Andando ancora più indietro nel tempo, nella Atene del V secolo, Tucidide ci racconta che molti ateniesi accusavano i spartani di avvelenare i pozzi per causare la peste.

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L'AIDS

Anche quella che è stata ribattezzata la "peste del Ventesimo secolo, " ovvero l'AIDS, ha generato numerose leggende metropolitane legate a modalità di contagio da autentici untori. Diverse storie sono state raccolte all'interno di un interessante libro pubblicato negli anni Novanta, 'Il bambino è servito: leggende in Italia.' Secondo la tesi dell'autore, l'AIDS, vissuto come una malattia persecutoria, induceva a considerare il malato stesso come un persecutore e quindi ecco il fiorire di racconti su incontri sessuali non protetti con portatori della malattia non dichiarati che svaniscono il mattino dopo lasciando messaggi alle loro vittime come 'benvenuto nell'Aids.' Negli Stati Uniti queste leggenda è nota come "AIDS Mary", in riferimento a "Typhoid Mary", soprannome di Mary Mallon, una cuoca portatrice sana di febbre tifoide che, probabilmente causò almeno tre epidemie nella regione di New York nei primi del '900.

Certo, ci sono casi verificatisi realmente, tanto in Italia quanto all'estero, nei quali l'untore, sentendosi condannato a morte certa e senza niente da perdere, riserva la stessa sorte ad altre vittime da lui designate come se avesse una missione o per vendicarsi di chi lo aveva infettato.

La Poliomelite

La paranoia per gli untori non si è manifestata solo dalle nostre parti. Nel passato più o meno recente ci sono stati esempi eclatanti che hanno portato a conseguenze disastrose. Dal 2012, in Pakistan, o in Nigeria, decine di volontari che somministrano vaccini anti-polio accusati di essere untori parte di un piano della CIA per sterilizzare i giovani musulmani e musulmane sono stati uccisi da estremisti islamici. La credenza era stata alimentata dalla notizia che la CIA avesse organizzato delle false vaccinazioni per mappare il DNA della famiglia di Osama Bin Laden.

L'Ebola

Nel 2014 invece, in Nigeria, agiva un autentico untore: un certo Patrick Sawyer il quale, per vendicarsi del tradimento di una sua compagna da cui credeva di aver contratto il virus dell'ebola, durante i suoi ultimi giorni avrebbe avuto rapporti sessuali con delle prostitute per infettarle. I medici, alla fine, hanno fatto risalire a lui almeno 13 contagi, un numero enorme considerato che la media di contagio per ogni malato è di due o tre persone.

La preoccupazione per chi diffonde volontariamente malattie non è legata solamente a episodi di cronaca legati a vicende personali. Quest'anno, un Rapporto del Segretario generale della Difesa e della Sicurezza nazionale francese ha citato la possibilità da parte del terrorismo islamico di sfruttare come arma l'introduzione sul territorio europeo di individui infetti che diffondano malattie estremamente virali. Oltre a questo, a fare preoccupare i francesi, un furto batteriologico non ancora chiarito in un ospedale di Parigi.

In generale, la parola untore viene utilizzata per identificare anche chi non diffonde il virus volontariamente — come vorrebbe il senso originario del termine — ma per indicare in maniera generica tutti i portatori di una malattia che rischiano di contagiare gli altri. Anche in questo caso si parla di migranti con i vari casi di allarmismo, legati all'Ebola o ai casi di Meningite, tanto per fare degli esempi. In questo senso, strumentalizzare episodi di cronaca crea ulteriore allarmismo e intolleranza, rende la questione migranti ancora più difficile da gestire.

Chi utilizza la parola untore a sproposito si dimentica che, generalizzando in questo modo, possiamo essere considerati tutti degli untori. Certo, poi ci sono le ultime notizie che parlano di "Morbillo Party" organizzati dai No-Vax per favorire l'immunizzazione dei loro figli che ci porterebbero a parlare di baby-untori, ma questa è tutta un'altra storia.