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terrorismo

Non solo 'spose jihadiste:' il ruolo fondamentale delle donne dello Stato Islamico

Le donne sono fondamentali per le reti di estremisti come IS, perché hanno più relazioni e collegamenti degli uomini. In questo modo, secondo un nuovo studio, contribuiscono a rendere le reti più forti.
Screenshot della squadra di polizia di IS al-Khansa, composta solo da donne.

Altro che "spose jihadiste": secondo un nuovo studio, il ruolo delle donne nello Stato Islamico (IS) è ben definito, ampio, influente e fondamentale per la sopravvivenza dell'organizzazione.

Partendo da questo presupposto il rapporto - intitolato Women's connectivity in extreme networks e pubblicato venerdì dalla rivista Science Advances - sostiene anche che queste donne debbano essere considerate nelle strategie antiterrorismo a livello globale.

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Lo studio mette a confronto i dati ottenuti da account online pro-IS alle attività offline di donne legate alla Provisional Irish Republican Army tra il 1970 e il 1998, concludendo che - a prescindere dal mezzo di comunicazione - le donne che fanno parte di gruppi estremisti vantano "una rete di connessioni superiore" rispetto a quella degli uomini, attraverso cui trasmettono messaggi di reclutamento, documenti, preghiere, video e messaggi audio di propaganda.

Inoltre, con la loro attività, le donne mantengono 'oliate' le connessioni e accumulano fondi, rendendosi essenziali alla sopravvivenza e alla "solidità" di tutto il sistema.

I ricercatori hanno monitorato in particolare il sito di social networking russo VK, che conta circa 360 milioni di utenti e rappresenta uno snodo importante per gli estremisti.

Con l'aiuto di un collega russo, gli analisti americani hanno identificato i gruppi che supportano apertamente lS nei loro post, attraverso l'analisi di hashtag come #ISIS, #dawla ("stato") e #califfato in diverse lingue.

Gli account pro-IS sono abbastanza facili da individuare su Facebook e Twitter, ma solitamente vengono sospesi nel giro di poche ore, rendendo difficile tracciarne i dati per un periodo di tempo più lungo. Tuttavia, una ricerca veloce degli hashtag su VK porta alla scoperta di centinaia di gruppi, account di utenti, e contenuti pro-IS, come video e audio, che rimangono sul sito per giorni, a volte settimane.

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Audrey Alexander, che non era coinvolta nel progetto ma che lavora come ricercatrice associata specializzata nella radicalizzazione delle donne alla George Washington University, considera questo studio molto importante.

"Uno dei problemi con il modo di studiare il terrorismo è che è molto centralizzato," spiega. "Definiamo terroristi le persone che commettono le azioni e non l'intera rete che gli sta dietro, quindi quello che i social media ci hanno permesso di fare è di disaggregare il terrorismo, così che non sia tutto incentrato sugli esecutori materiali, ma sui precetti del movimento in generale."

In media, rivelano i risultati, le donne hanno una più alta "centralità nella rete" (un parametro statistico noto come "betweenness centrality") rispetto agli uomini.

Tuttavia secondo Amarnath Amarasingam, ricercatore della University of Waterloo specializzato in foreign fighters e jihadismo, i metodi delle reclutatrici possono essere anche molto più sottili.

In origine le donne pro-IS erano molto attive online — non solo quelle che si trovavano nei territori controllati dal gruppo, ma anche quelle basate nel resto del mondo.

Le donne in Siria tendevano a diffondere i dettagli più banali della loro vita quotidiana – foto di cibi e panorami, per esempio – "per mostrare a potenziali matricole e interessati che la vita in Siria non è tutta decapitazioni e guerra, che possono viaggiare fino a lì e vivere una vita come quella che hanno a casa, sebbene regolata dalla legge islamica," dice Amarasingam a VICE News.

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"Il messaggio era questo: l'esistenza sotto il Califfo non è una vita di povertà, ma una vita che abbonda di soddisfazione materiale e spirituale," spiega. Questo tipo di attività ha avuto un picco nel 2013 e nel 2014, per poi iniziare a declinare nel 2015; da allora, è in progressiva diminuzione.

Le donne in Siria si rendevano anche disponibili per altre donne che erano alla ricerca di consigli su come fare hijra (migrare in nome di Allah), cosa mettere in valigia, quanti soldi portare con sé, e così via.

"Non erano necessariamente più attive degli uomini, ma lavoravano dentro cerchie diverse e avevano conversazioni diverse," osserva Amarasingam. "Siccome ce ne erano meno, erano più connesse."

Da allora, fa notare Amarasingam, queste reti sono diventate più private o sono addirittura scomparse.

Le donne affiliate ad IS, racconta Anderson, sono senza dubbio fondamentali per l'arrivo di nuove matricole.

"Le donne solitamente mettono in relazione le persone, condividono informazioni, inclusi materiali tattici e ideologici," continua. "È stato concettualizzato come un ruolo di supporto, ma sta crescendo all'interno del movimento, quindi non dovrebbe essere sottovalutato."


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